ANTIMTVDAY #10 (e tutto quello di cui potrebbe parlare un pezzo con questo titolo)

(Tuono Pettinato. Non so se sia mai stata disegnata una locandina più bella)

Per sapere cosa si è, bisogna aver chiaro cosa non si è.
(Laghetto, Uomo Pera)

Trent’anni fa, quasi esatti, iniziavano le trasmissioni di MTV Usa. Era una rete che trasmetteva video ed è finita per diventare la massima espressione televisiva della nostra generazione, intendendo per nostra qualsiasi generazione compresa tra –boh- i 15 e i 25 anni nel momento delle trasmissioni.

Nel ’97 nasce MTV Italia. L’anno successivo avviene la prima edizione dell’MTV Day, un festival gratuito in cui una serie di artisti alternativi italiani (pescati tra quelli che vendono più copie) si esibiscono al Parco Nord di Bologna. Nel 2000 il pubblico alternativo dell’MTV Day si cura di bottigliare i Lunapop (rei probabilmente di rubare la scena agli altri artisti che si avvicendano sul palco, gente tipo Elisa e Ligabue). Nel 2002, dopo un anno di buco, sul palco dell’MTV Day si alternano Afterhours, Piero Pelù e Meganoidi. A circa cinque chilometri di distanza, nello stesso momento, ha luogo un festival punk chiamato AntiMTVday: in cartellone Laghetto, Fine Before You Came, Settlefish, Anna Karina, Nativist e gente simile.

L’AMD è pensato e realizzato come uno di quei cosi che si facevano qualche anno fa nei posti autogestiti: si chiamavano i gruppi a suonare e le distro a fare i banchetti, magari si raccoglievano i fondi per qualcosa. L’AMD è andato avanti con un plateale successo di pubblico per dieci anni. Il 16/17 settembre avrà luogo l’ultima edizione del festival, dopodiché sarà il caso di pensare ad altro. John D.Raudo, interpellato sul perché sia l’ultimo, fornisce cinque motivi.

1) Perché s’è fatta na certa. Come dice Milvio (uno degli ideatori e pilastro dell’XM), “me pare natale”. E da dieci anni infatti solo due cose obbligatorie ci sono nella mia vita: Natale da mia madre e l’AMD.  Volessi farmi una settimana tipo in calabria, a metà settembre? Non si può. C’è l’AMD.
2) Perché Dieci è un numero splendidamente tondo e autoconclusivo. Ricordi i regoli delle scuole elementari? Base Dieci.
3) Perché si apre la nuova era. Quella del Karaoke.
4) Perché ciò che rappresenta questo festival è comprensibile solo se si conoscono le sue radici. Viene dagli anni 90. I ventenni di oggi (spero che ce ne saranno molti, moltissimi) erano piccoli nel 2001. E rischiano di non capire il nome di un festival che non vuol dire più molto, oggi, visto che Mtv con la musica e le sottoculture non c’entra piu una funcia di minchia panata. E per fortuna, dico io.
5) Perché, appunto, questo festival è indissolubilmente legato agli anni Duemila. E già siamo negli anni Dieci. Le cose hanno una nascita, una vita e una fine. Non mi piacciono le lunghe agonie, gli accanimenti terapeutici,  i lenti declini. Mi piacciono i Punti e Accapi. E le motociclette Dieci Accapi.  Questo, alla fine è una festa e un funerale: per me un funerale non è mai l’ultima pagina di un capitolo, ma la prima di un capitolo nuovo. Questo vuole essere questo Ultimo AMD: una festa, un generatore di energia per qualcosa di nuovo che può, deve, succedere negli anni Dieci. Non dobbiamo più dare per scontato niente. Nemmeno un millimetro. Palmo a palmo. C’è bisogno del nuovo piano per il nuovo decennio. Sempre che sia possibile.

Quando nasce l’Antimtvday, MTV e gli USA sono in un momento piuttosto pittoresco della loro storia. L’attacco alle torri gemelle ha portato di gran carriera gli Stati Uniti in Afghanistan, e poi in Iraq, con conseguente tira e molla mediatico tra campagna e verità. MTV diventa, anche nelle parole degli organizzatori (che nel 2004 pubblicano un manifesto in cui parlano più o meno di tutta la faccenda,  il trionfo culturale di questa sorta di anticonformismo di facciata che si fa carico di iniziative a favore della pace senza mai agire in prima persona. Senza voler continuare su questa strada (cose che avrete già letto, scritte meglio da come l’avrei fatto io), l’AMD vive soprattutto come espressione di tutto ciò che è, appunto, anti-MTV: fare le cose per un motivo, crearsi un proprio canale, non annacquare la propria poetica. Ogni gruppo che suona all’AMD rappresenta, non necessariamente dal punto di vista musicale, la rotella di un altro ingranaggio.

Nella seconda metà dei 2000, MTV ha compiuto al suo interno una scelta piuttosto drammatica: perennemente in dubbio se essere l’ennesimo simbolo del male o l’ennesimo simbolo del nulla, sceglie la seconda e inizia a diventare una normale rete televisiva. Lo stesso MTV Day inizia a spostarsi da Bologna ad altre città italiane. Nel 2009 esplode una protesta interna ad MTV: gli impiegati iniziano a rivoltarsi contro l’azienda, che ha messo in preventivo una campagna di licenziamenti in massa dopo anni e anni di contratti precari. La musica all’interno della rete ha uno spazio brutalmente ridimensionato e deve coesistere ormai da tempo con cartoni animati, reality show e sitcom, quasi tutti di qualità imbarazzante (c’è un bell’articolo di Violetta Bellocchio su Studio, uscito proprio oggi, che parla di un paio di retroscena): le teste che organizzano il festival si prendono dieci minuti e fanno uscire un nuovo manifesto. Quello che una volta era la MTV-generation si è evoluta nella myspace-generation: il trionfo dell’effimero e dell’assenza di contenuto extramusicale, nelle lapidarie dichiarazioni del solito JDR. Di lì a un anno arriverà il celeberrimo manifesto del DIY secondo Carlo Pastore. Quello che rimane all’Antimtvday è l’orgoglio di riproporsi uguale a se stesso, come baluardo di una cosa che è vecchio stampo e diversa anche in tempi in cui ognuno si reinventa il proprio Do-it-yourself.

ratigher

Nel 2011 è tutto più o meno come allora. Myspace è una specie di macchia nera sul CV degli internauti appassionati di musica di un lustro fa, è stato sostituito da cose con un senso tipo Bandcamp o Soundcloud o qualche social network ancora più sexy&confident. Esiste un approccio trasversale, non necessariamente migliore o peggiore, con cui tutti facciamo i conti ogni giorno. La musica bella e la musica brutta, per certi versi, non esistono più. L’altra settimana qui c’era un festival, organizzato da dei tizi che stanno in un gruppo e hanno chiamato gruppi ed etichette che sono più o meno loro amici e più o meno no, e c’erano banchetti e gente che cucinava eccetera. L’altro fine settimana a Riccione c’è stato il festival di Tafuzzy, oppure che so, To Lose La Track ha organizzato la stessa cosa -grossomodo- in Umbria con gente che suona anche all’AMD o che all’AMD ci ha suonato e ora magari mette il disco in download gratuito e ne fa ventimila copie sull’unghia, e tutto procede per questa sorta di certificazione secondo la quale PER ME ma credo anche per altri una cosa funziona ed è figa se comprende al suo interno qualcuno il cui operato, in passato o nel presente, ho rispettato. Non è una vera e propria dichiarazione di resa incondizionata, ma credo che in qualche modo un festival come l’Antimtvday possa recuperare in pieno quel genere di spirito, nel senso che io magari ci andrò perché suonano i Laghetto e i Gazebo Penguins o chi per loro e probabilmente mi prenderò bene per The Conflitto e li metterò dentro la mia lista dei gruppi del cuore, che probabilmente prevederà l’inserimento in un blog o in una playlist di Last.fm o non so nemmeno io cosa. Nico-JDR non è del mio stesso avviso.

Ho sempre interpretato l’AMD come una giornata di incontro di persone. O perlomeno, l’AMD nasceva con questo intento e la sua origine era: non esiste l’artista e non esiste il pubblico. Esistono persone che vivono lontane e che devono trovare una scusa per incontrarsi e scambiare idee e autoproduzioni, trovare nuovi percorsi per disegnare la propria resistenza quotidiana. Davvero, che poi alcune di queste persone andassero, per mezz’ora, sopra di mezzo metro a cantare e altre stessero sotto a sudare e volare, poco mi importa. Trovo poche analogie fra questo festival e quelli, pur belli, in cui si mette al centro la musica, col backstage e i cachet e i catering e i cambi palco. Se ci pensi bene gli altri festival, anche quelli più d.i.y, sono piu omogenei, e richiamano un particolare tipo di pubblico; all’AMD invece hai il pubblico multicolore, che ne so, quello della Rovina HC e quello (porca puttana speriamo di no) potenziale del, scusate la parola, Miami. In mezzo ci passa il mondo. Solo questo tipo di evento crea giustapposizioni interessanti: frangette e creste nello stesso metro quadro, ingegneri, vecchi punk, fricchettoni, modiaioli, appassionati di musica, artistoidi e fondamentalisti, tipi per loro natura fighetti  a confronto forzato con estremismi politici e culturali che volontariamente evitano per il resto dell’anno. Un casino insomma, per 4 euro di ingresso in un centro sociale dei più root. Chi se ne frega della musica, è l’esca, cercando di fare in modo che ragazzi più giovani guardino indietro, per scoprire che noi ci scrivevamo le lettere con la penna. Capisci cosa voglio dire.

La musica l’ho sempre vissuta come una situazione che serviva a raggiungerne altre: conoscere persone simili a me, trovare spiragli: è qua che ho trovato amicizie, persone importanti, pensieri di fuoco, il coraggio di stare al mondo e il sollievo di passare il sabato sera in un luogo che sentivo “mio”. La musica mi è servita a crearmi un identità,  una comunità e una rete. In qualche modo anche delle barriere, che ci piaccia o no, erano delle barriere fra me e quello che non sentivo mio. Ora queste barriere non ci sono più, che bello, liberi tutti, ma io volgo lo sguardo a 360° e sono disorientato. Cosi come lo sarai tu, probabilmente. Che non siamo abituati, avevamo bisogno di catalogare e dare delle definizioni, perché, come per i colori, segmentare il continuum del mondo in parti discrete serve a capirlo. Ora capisco meno, ai miei occhi arrossati i contenuti che c’erano non ci sono più, e se ci sono non sono visibili ai miei occhi, è rimasta la forma e la ripetizione rituale. Ma va bene così, ora cerchiamo di salire tutti su questa catapulta infernale che ci spinga forte Oltre, perché la vita va avanti, anzi forse comincia adesso, e l’assuefazione è la peggior ruggine per il cuore. Va bene così: ci sono tante foto e dischi che ci ricorderanno le belle serate, però guardiamo avanti, andiamo accapo e troviamo quello che vuol dire il punk come scelta nella nostra vita quotidiana di adesso e dei prossimi trent’anni.

E credo che non ci sia davvero nient’altro da dire. Venerdì 16 e sabato 17 settembre, all’XM24 di Bologna, l’ultimo Antimtvday. Una quantità imbarazzante di gruppi grandiosi e tutto il resto di cui abbiam parlato sopra. E anche un ultimo concerto per i Laghetto, da cui in un modo o nell’altro è partito tutto, compreso questo post. Di cui potete leggere le motivazioni qui, o più brevemente nel capoverso sotto.

Perché ci piacciono i funerali col rinfresco, le feste di compleanno con i panini con le bandierine della norvegia sopra, ce l’eravamo promesso e lo abbiamo sempre saputo che accapo non ci si va senza il punto. In questi anni siamo andati a Non Suonare in luoghi diversi dell’Italia consapevoli che nelle nostre vite di 4 amici era stato lasciato un respiro di sospensione troppo asmatico per rimanere senza rilascio. Un nodo nello stomaco, una maledetta aspirazione rimasta ancora intatta. Ecco che arriva il momento di espirare, espiare, in questo spirare di un festival e di un gruppo ci sono addii e arrivederci che a spirale diventano la prima riga di una nuova pagina. Io questo festival l’ho sentito molto autobiografico, e con me altre persone, perciò adesso rilasciamo la contrazione dei muscoli e lasciamo spazio ad una nuova fase, qualunque essa sia, di qualsiasi cosa si stia parlando. 

15 pensieri su “ANTIMTVDAY #10 (e tutto quello di cui potrebbe parlare un pezzo con questo titolo)

  1. Pingback: Vitaminic

  2. Si infatti cheppalle i cambi palco, il backstage, i cachet. Voglio vedere che soluzioni adottano in questo festival. Non ho capito, esiste un’alternativa al cachet?! Il cous cous? 😉

  3. Che poi, alla fine, si puó riassumere: non lo faremo più perchè ormai va di moda e ci viene troppa gente del Miami; ma dichiariamo che é l’ultimo così viene tanta gente del miami a portarci tanti 4 euri. Che poi, alla fine, é quello che avrei fatto anch’io fossi stato in Giovanni Raudo. Ma purtroppo non potró dire di esser mai andato a un antimtvday ma a 5 miami si.

    • è esattamente perchè ci sono persone che non sanno neanche immaginare un festival senza palco, backstage e cachet che esiste il Miami. Comunque tu vai a vedere i gruppi che hai scoperto leggendo rock it (magari dopo dieci anni che suonano nei centri sociali, buongiorno), nel frattempo i centri sociali ci sono sempre stati e continueranno ad andare avanti e, sai, ci sarà sempre qualcuno all’ultimo banco e quello che significa stare all’ultimo banco volontariamente tu non avrai mai avuto l’occasione di capirlo.

      • abbiamo perso / abbiamo tutti quanti perso

        anche se ora più che mai
        i’ll call you on your shit / please call me on mine

        vi capisco al 200%, cari i miei laghetti.
        ciao Nico, un abbraccio, non credo di riuscire a venire con tutta la cumpa sabauda, ma vorrei tanto.
        cià
        Paolo Torino, mastello rec, blackout, nofest etc etc etc etc.

      • E meno male che ci siete voi a spiegare al popolino cosa vuol dire stare all’ultimo banco.
        Posto che il miami so neanche cosa cazzo sia, e posto anche che anche in questo giro ci son gruppi che un minimo di cachet se lo prendono (non saran migliaia di euro, ma per un gruppetto emergente che magari per suonare ci va anche sotto coi soldi, anche sapere che ci son gruppi che si prendon 2-300 euro per suonare lo si puo comunque considerare un cachet) a me è quest’aria di superiorità intellettuale associata al punk che mi ha rotto il cazzo.
        Parlate di punk associato al DIY, ma musicalmente tutti sti gruppi non fanno altro che cercare di dimostrare che si vogliono discostare ed evolvere dal “vecchiume” del punk.
        Con l’aria saccente e snob che non c’entra un cazzo con quello che dovrebbe essere il punk.
        Parlate di stare mezzo metro sopra gli altri sul palco, ma essere uguali… io continuero di piu a riconoscermi in uno skinhead che, dopo essere salito mezzo metro sul palco, mi parla (seppure in maniera sloganistica e semplice) di morti sul lavoro in cantiere o di vita alienante dietro una scrivania, piuttosto che in uno che sale
        sto benedetto mezzo metro per far vedere che sa giocare con le parole, con le allitterazioni, coi doppi sensi, con uno humor sagace e non banale oppure sa comporre testi poetici che parlano di drammi interiori esistenziali.
        Perche il punkettone con la cresta (che voi tanto schifate perche fa tanto “retrò”) quelle cose le vive sulla sua pelle tutte i giorni come può succedere a me o a tanti ragazzi e ragazzi che, anche senza essere artisti, fumettisti, disegnatori, cantanti, poeti, scrittori o che cazzo ne so, conitnuano a vivere la loro vita magari anonima e ripetitiva e senza prospettive, sempre pero senza farsi omologare e rimanendo se stessi.
        Il punk è dovrebbe comunicare con queste persone, non chiudersi in una cerchia di artisti, artistoidi e pseudoartisti che se non sei laureato in filosofia, letteratura o arte, non riesci a capire che cazzo dicono nei loro testi.
        Senno diventerà come il jazz che, da musica per le classi basse, da “roba da negri”, è diventata “roba da intellettuali” che si riuniscono in circoli chic per ascoltare “giàààss” sorseggiando brandy.
        Poi per carità, niente contro l’Anti-MTV Day, le autoproduzioni, le autorganizzazioni indipendenti, ecc.. anzi. Massimo rispetto.
        E’ solo l’uso della parola “punk” che trovo inappropriata, perche usata solo per il DYI, ma perdendo quell’altra parte fondamentale che era il comunicare tra le classi basse, tra ragazzi come noi anche in maniera semplice, senza il grande artista che sale sul palco parlando di cose poetiche che non riguardano da vicino la vita di
        nessuno.
        Io non è da 2-3 anni che frequento l’ambiente punk/HC, ma ultimamente mi è capitato di sentire snobbare da gente del vostro ambiente gruppi come i Nabat perchè “Ah.. con ‘sti cori mi sembra di essere allo stadio”, oppure gruppi street punk o HC perchè “Ah.. vabbe è sempre la solita roba trita e ritrita…”, quando ‘sta gente stava in giro, si autoproduceva e occupava posti da 10-20 anni prima dell’AMD.
        Non tanto per una questione di gusto musicale, ma proprio per l’atteggiamento, proprio l’espressione annoiata e saccente del viso, di superiorità snob, come per dire “ah.. voi ancora con sta roba.. noi si che siamo avanguardia”.
        E invece non siete avanguardia di un cazzo, men che meno del punk, perchè col “basso” non ci comunicate più, e cosa ancor piu grave, non ve ne frega un cazzo di farlo.
        P.S. So che sta risposta arriva fuori tempo massimo, perche son passati 7 mesi, pero il pezzo gia l’avevo letto a settembre e mi aveva dato fastidio l’uso della parola “punk”. Solo oggi, per curiosità, rileggendolo, mi son accorto anche di questo scambio di opinioni e m’è venuta voglia di dire la mia.

          • No no, tranquillo, nessun conto da regolare (anche perche di persona non conosco nessuno), solo che ho scritto di getto e magari il tono è uscito un po’ cosi. 🙂

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