Il listone del martedì: DIECI DISCHI PIU’ O MENO POSTCORE NON DISPREZZABILI USCITI DAL 2004 A OGGI

Quella di fondere Neurosis, doom metal e musica industriale ed applicarli all’arcòr di scuola Victory fu una buona idea. Per un paio d’anni sembrò davvero l’unico modo di uscire da una crisi creativa che stava condannando a morte un’intera branca di metal estremo, e ci fu una stagione davvero piuttosto eccitante nella quale muovevano i primi passi gruppi come Isis, i Cave In di Until Your Heart Stops, Bloodlet, Coalesce e gente simile. La maggior parte della roba figa si concentrava dalle parti di Boston con i Converge (che musicalmente non c’entravano un cazzo se non per certe cose tipo l’ultimo pezzo di Jane Doe) a fare da capiscuola e una serie di personaggi che operavano intorno alla HydraHead di Aaron Turner e giravano da una band all’altra, con dischi quasi sempre fighi o quantomeno rispettabili. La scena produsse anche un supergruppo di nome Old Man Gloom, formato in origine da Aaron Turner e Santos Montano e poi espanso a membri di Converge (Nate Newton) e Cave In (Caleb Scofield). I primi tre dischi degli Old Man Gloom entrano di diritto tra le migliori cose prodotte da quella scena, in particolar modo il secondo disco Seminar II etc etc (al quale collabora gente del giro Agoraphobic Nosebleed per l’elettronica e Stephen Brodsky a qualche testo) e il terzo Zozobra (una sola traccia di mezz’ora). Un altro paio di cose estemporanee fino al 2004 e poi il gruppo se ne va in pensione, lasciando i membri a concentrarsi sui loro progetti principali.

Nel frattempo il genere musicale degli Old Man Gloom diventa una barzelletta. Che tiri una brutta aria diventa chiaro nel momento in cui esce allo scoperto una nuova generazione di gruppi per cui gli esperimenti tra doom, industrial metal e arcòr di cui sopra sono già un vero e proprio genere musicale da copiare. Iniziano ad uscire dischi di metal peso registrati dentro una sala operatoria con dieci pezzi a metà tra Fear Factory e Nasum (cioè industrial metal prodotto da gente che non l’ha capito) e una traccia finale di venti minuti di esercizi ambient/drone/doom volti a legittimare l’idea di un animo umano che lotta tra due poli emotivi che si fanno i dispetti a vicenda e suonano sempre allo stesso modo. Verso il 2003 era già piuttosto chiaro che per quanto buona fosse l’idea originale, non lo era abbastanza per sostenere tre anni di metal estremo basato su questo unico principio. Verso il 2005 persino i Neurosis erano diventati una noia, tutto quel che è venuto dopo è sostanzialmente indistinguibile se non per una serie di sporadici buoni dischi affogati in un mare di cose mediocri. L’arrivo di un nuovo –patetico- disco degli Old Man Gloom, programmaticamente intitolato NO (una ciofeca in pilota automatico senza un guizzo che sia uno, equamente divisa tra martellate sui coglioni di ascendenze ambient e mestiere post-industriale in salsa doom), diventa senza colpo ferire la definitiva pietra tombale sul genere. L’ennesima definitiva pietra tombale del genere e nemmeno l’ultima, che è già annunciato come imminente un nuovo album a firma Neurosis (l’ultimo disco bello uscito dal giro Neurosis, se non erro, è The Wake di Scott Kelly e data 2007). La seguente lista, dunque, tenta di mettere insieme una decina di dischi particolarmente validi usciti fuori dal giro “““postcore””” tra il 2004 e il 2012. Non è un elenco ortodosso e tende a saltare di palo in frasca, evitando più o meno di proposito il nocciolo della questione in favore di una miriade di eccezioni alla regola. STICAZZACCI, le liste le compiliamo noi.

KHANATE – CAPTURE & RELEASE

Dal punto di vista dell’impenetrabilità complessiva sarà difficile andare oltre Capture&Release, disco composto di due sole tracce (Capture e Release, appunto) di mezzoretta l’una che s’arrovellano su se stesse per non andare da nessuna parte nel modo più concettuale e vuoto (e violento e oscuro) che sia dato ascoltare. Il problema principale dei Khanate a questo punto della loro storia -dieci minuti prima dello scioglimento- è che per la natura della musica e il curriculum vitae dei membri coinvolti attiravano una legione di ascoltatori stronzi fighetti e senza cognizione di causa a cui dicevi “sai, non è male il nuovo disco dei khanate” e ti rispondevano cose tipo che era un compromesso rispetto alla visione di Sunn (o))) e di Phantomsmasher, omettendo l’articolo apposta per farti incazzare come una bestia e poi ti rendi conto che in realtà eri tu a non usare l’articolo e stavi conversando con te stesso ad alta voce.

JESU – S/T

Il primo disco lungo del nuovo progetto di Justin Broadrick esce nel 2004 su HydraHead e a parte qualcosa di cui non sono a conoscenza uscito negli ultimi anni è il miglior disco uscito a nome Jesu. Non ho voglia di tirare fuori termini tipo shoegaze o peggio ancora, voglio dire, lo sapete come suonano i Jesu.

KEELHAUL – TRIUMPHANT RETURN TO OBSCURITY

Anche qui rischio di ripetermi, ma quando senti i Keelhaul ti viene da pensare che siano l’unico gruppo che ha rilanciato sulla posta, come se fossero nati con i Meshuggah nelle dita e stiano cercando invano da anni di registrare un disco alla Motorhead.

BLACK COBRA – INVERNAL

Rientrano nel genere solo per le parentele con i Cavity, ma Invernal è comunque uno dei massimi vertici dell’INCAZZO sludge-minimalista. A volte ci si sente come in mezzo a un disco degli Unsane, dei quali non ho messo Visqueen nonostante East Broadway sia uno dei pochissimi pezzi di un quarto d’ora a chiusura disco che valga la pena ascoltare sempre.

OXBOW – THE NARCOTIC STORY

Prima che Eugene Robinson iniziasse a fare il cottimante per evitare (senza successo, a quanto si dice) di finire in mezzo a una strada, gli Oxbow erano un gruppo che tirava fuori un disco ogni cinque anni e gli altri iniziavano a succhiare. Questo è l’unico uscito nel lasso di tempo che consideriamo ed è per certi versi il loro miglior disco. Più pacificato della media ma forse per questo ancora più angoscioso. Sta al postcore più o meno come la seconda parte di My War sta a Damaged.

UFOMAMMUT – IDOLUM

Non credo che si sia mai parlato di Ufomammut su Bastonate, nonostante Reje rompesse i coglioni con gli Ufomammut da prima che il gruppo si fosse formato. Questo qua è il disco più “core”, quello più asciutto e con meno fronzoli, quindi il migliore.

THE SECRET – SOLVE ET COAGULA

E in qualche modo The Secret riescono a mettere una pezza anche a tutto il dannosissimo postcore à la Converge, quelle cose prodotte da Kurt Ballou dove tutto è così fragoroso e a rotta di collo che la chitarra manco serve più, una cosa che noi amiamo definire impropriamente hardcore in provetta (esempio macroscopico lo split Converge/Dropdead). The Secret, all’esordio su Southern Lord, la buttano in caciara, mozzano la testa al caprone, alzano tutti i volumi e tirano fuori una roba che fuori dal black metal non c’era arrivato tipo nessuno.

MONO – WALKING CLOUD AND DEEP RED SKY, FLAG FLUTTERED AND THE SUN SHINED

Nel frattempo, dall’altra parte del post, i gruppi alla Mogwai iniziavano a flirtare con il metal peso e a prevedere nella musica un paio di sfoghi a volume altissimo ogni dieci minuti. I più carichi di tutti sono i giapponesi Mono, questo è probabilmente il loro miglior disco e il primo prodotto da Steve Albini, ha tre o quattro punte che sono più o meno tutto quello che i Pelican ambirebbero mai a diventare se non si facessero il viaggio.

CAVE IN – WHITE SILENCE

Sembra più che altro un blob informe scritto come per mettere insieme il bignami di tutte le cose che i quattro membri della band hanno mai suonato nei dodicimila gruppi a cui hanno preso parte, concedendo ad ognuna non più di due minuti, cucendo tutto assieme alla Frankenstein maniera e suonandolo con una violenza che pure Dave Curran si dovrebbe togliere il cappello. autocitazione. 

ORTHRELM – OV

E questo è più o meno il punto d’arrivo. Un’unica suite di tapping progmetal e rullate, una sola traccia di un’ora che richiede all’ascoltatore uno sforzo appena più piccolo di quello del musicista.

Fine. Da qui in poi ci prendiamo una pausa d’agosto: appuntamento giovedì coi Glimaldelli e magari un paio di aggiornamenti. Torneremo più o meno stabili dalle parti del 20, voi non ingozzatevi di angurie. Approfittiamo per segnalare che –notizia di oggi- il 7 ottobre i Refused suonano a Bologna in unica data italiana al modico prezzo di trenta euro e se posso permettermi SI DIANO FUOCO. Ciao ciao.

19 pensieri su “Il listone del martedì: DIECI DISCHI PIU’ O MENO POSTCORE NON DISPREZZABILI USCITI DAL 2004 A OGGI

    • Pure io …cmq io trovo ancora gusto per certe sonorità…ben lungi dal dire che propongono qualcosa di nuovo, però me gusta….cmq io per i Refused all’Estragon sono contento, sarà l’età ma quest’anno tra Sleep, Codeine, e questo sarebbe il terzo concerto remember (queloo dei refused è il più caro del lotto….)

  1. (tra l’altro siamo malcagatissimi, nessuno ci manda mai una lettera chiedendoci qualcosa) invece per i Refused sono decisamente contrario. a parte i 30 euro che sono uno sfregio (e significa immagino che i refused girano per tipo quarantamila euro a data), ma una cosa è vedersi i codeine che possono suonare il loro concerto ad alta fedeltà senza decontestualizzare niente, una cosa è vedersi una banda di quarantenni che suonano musica da venticinquenni fingendo di esserlo. gli sleep non li cago manco di striscio.

  2. @apessio – se devo essere brutalmente sincero avevo considerato il disco dopo, poi ho messo tutto in standby per farne dieci e non segare gli altri.

    @dieguzz – non troppo. cioè mi piaceva un po’ Jerusalem ai tempi ma non mi sono mai stracciato le vesti all’idea di vederli dal vivo, e mi insospettisce molto questo culto attuale per gli sleep, voglio dire all’epoca mi sembravano un gruppo stoner normale ma un po’ più peso. e ok gli high on fire ma gli OM mi fanno cagare e quindi insomma, non è decisamente no, non ero decisamente interessato alla reunion degli sleep.

    • l’ultimo degli OM è bello, gli Sleep dal vivo sono stati totali ho rischiato di perdermeli quasi per il tuo stesso motivo. se ciccio si rimette a posto e tornano vediteli e non rompere i cojoni.

  3. liberamente tratto da un report live dei refused di spalla ai soundgarden (hem):
    I Refused vincono tutto. Precursori di un genere e di un’epoca, dicono tutto tra il 92 e il 98. Poi ce li dimentichiamo e quando esce fuori Calculating Infinity dei Dillinger Escape Plan ci sembra di aver scoperto l’America.

    Fossi svedese, sarei scocciato.

    Dennis Lyxzen dice “Esiste ancora il Babilonia? Perche’ quando ci suonavamo noi se arrivavamo a 400 persone era gia’ un tremendo successo e stasera… WOW”

    Al momento dei Refused siamo tanti. Sono nelle prime file e non vedo quanti. Ma siamo veramente tanti. Siamo troppi per un gruppo da pogo, da gomitate e da spinte. Con qualche anno in meno ci sarebbe del sangue in piu’ per terra.

    I Refused sono vestiti da dandy inglesi, abiti azzurri e blu, camicie bianche. Mi ricordano gli Helmet cosi’ tanto che poi sfasciano tutto.

    Dennis e’ incontrollabile. E’ una furia di calci volanti, di mosse di breakdance, movenze a-la’ Michael Jackson. Si lancia sul pubblico e rimane in piedi sulle mani delle persone. Decide di usare un monitor come trampolino per i suoi salti fin quando non viene praticamente rimproverato da un tecnico che corre a rimetterlo a posto.

    E’ un Gesu’ dell’hardcorde che perde pezzi di vestiti canzone dopo canzone.

    Finisce sudato, tatuato e nudo quasi fossero i Converge.

    L’acclamazione del pubblico e’ commovente. E’ la serata dei morti viventi, di band resuscitate, di gente che aveva smesso di ascoltare quei dischi da almeno un decennio.
    IO UN PO DI FOTTA CE L’HO!

    • ti fai gasare da uno che scrive “un gruppo da pogo, da gomitate e da spinte. Con qualche anno in meno ci sarebbe del sangue in piu’ per terra”?

      • Diciamo che la fotta mi viene più che altro perchè non si sono imbolsiti…per un gruppo del genere pensare che se ne stiano buonini al loro posto è un po deprimente…cmq non sono certo per la violenza…;)

  4. ma sì, posso capirlo. no, non posso capirlo. cioè non riesco proprio a concepire di andarsi a vedere la reunion dei refused di spalla ai soundgarden, per me sarebbe tipo andare a vedersi Bob Mould performing gli Sugar a Codro Ipo di spalla ai foo fighters. 30 euro all’estragon è una cosa che mi intriga, ma insomma, credo che il tributo ai nostri anni migliori l’abbiamo pagato vivendoli in diretta e/o andandoci a vedere roba tipo i 16 in dei locali vuoti. peraltro non trovo nessuna assonanza tra calculating infinity e the shape of punk to come, non credo che uno abbia anticipato l’altro a nessun titolo.

  5. Coi soundgarden no, operazione brutta che mi ha fatto girare le balle, ma da soli a trenta euro io la voglia ce l’avrei. Certo, potendo scegliere li avrei visti nel ’98, ma siccome la macchina del tempo non ce l’ho questa può essere una via di mezzo accettabile.

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