Marco Pecorari

Marco Pecorari (o Il Pecora o Peco o Pec o direttamente P  però inserendo Er davanti) viene da una cittadina in provincia di Ferrara, io sono un razzista e posso dire che queste cose non aiutano il carattere. Marco Pecorari scrive di musica e figura come metà del blog più bello e peggio tenuto dell’internet italiano, che si chiama Spadrillas in da Mist ed è ricomparso qui dentro giusto ieri dopo un congelamento piuttosto lungo. Se lo conoscete sapete che con il Pecora non si sta mai parlando  di una sola cosa, quindi si inizia un mesetto fa chiedendogli che musica sta ascoltando e si incrociano le dita. Avviso: siamo intorno alle cinquantamila battute e quindi non ho inserito link o altro. Vado a capo, poi il grassetto è mio e il non grassetto è suo.

Che musica stai ascoltando?

Dici in questo momento? italiana: Ooze da trieste, sludge. Sonic Jesus da non so. Roba mi dicono alla BJM e Dead Skeletons, gruppi che non ho mai ascoltato. Mi piaciono.

Straniera: Exuma, un personaggio assurdo della Florida ma originario delle Bahamas che parla di robe strane, che ovviamente è già morto.

Ti riporto una recensione di una tipa su amazon, della Florida. Come tutte le persone ignoranti ignora che il tipo abitava nel suo stato e non in Africa:

Please know what you are ordering here and try and ignore the “avant-garde, trendy, b.s.” spewed about the wonders of this music. I have been listening to music from many countries in a quest to learn more about the spirit and sounds of countries I have yet to visit, Africa being one of them. And in actuality, the music I have heard from many, many African artists is amazing!!! My absolute favorite country for beautiful, loving and soulful music.

This is NOT that. Not in any way, shape or form. Make no mistake….

Based on the previous reviews for Exuma I and II, I bought both Exuma I and II. I cannot get through either one of them. The music is pure evil. It speaks repeatedly of Satan, hell, fire, death, demons, devils, zombies, even including satan’s reincarnation in the birth of a child. This is disgusting. I am no prude, believe me. But, I could write a book about what’s wrong with this music. Is this some sort of devil worshiping crowd pleaser? Otherwise, I cannot imagine any sane person listening to it.

Please know I would describe this music as repulsive, repugnant and offensive.

I am returning both CD’s and should probably have my car blessed with holy water.

Cathy S., Gainesville, FL.

Oh, I WAS FORCED to give this nightmare “music” one star in order to submit this review. Honestly, if ever there was a call for it – this could be rated on a negative scale.

Per il resto ti dico: è un periodo che vedo molto più che ascoltare, molti film italiani del periodo anni ’70, serie americane non trasmesse in italia o trasmesse col contagocce. Ieri ho visto un documentario bellissimo, me lo sono sognato di notte. E’ una storia tipo L’Amico Ritrovato, solo che i protagonisti sono il serbo Vlade Divac e il croato Drazen Petrovic. Non penso ci sia bisogno di aggiungere altro, chi non sa di cosa stiamo parlando o si informi o non è degno. Ah, il titolo è Once brothers.

Ieri sera io mi sono visto Quella casa nel bosco per la prima volta e mi sono ammazzato. voglio dire, fino a venerdì scorso pensavo che il meta-horror avesse rotto i coglioni verso ho deciso che d’ora in poi qualsiasi mio lavoro di finzione sarà volto a fare uscire di testa chi lo legge. ora, naturalmente non farò uscire lavori di finzione da qui a vent’anni, ma la domanda è -boh- l’hai visto? 

Ecco,

La Casa nel bosco è un buon punto di partenza. Pensavo fosse un torture porn (seh, magari poi facessero film veramente torture porn) o quelle robe americane che fanno rimpiangere Bruno Mattei invece dopo aver avuto la tua segnalazione sono corso a vedere cosa diceva un altro mio opinion leader (che in questo caso è un sito: i 400 calci) e ora me lo sto scaricando. Il nome è un classicone della distribuzione italiana tipo LA CASA 5 o NON APRITE QUEL CANCELLO. Vai così.

L’altra domanda è se continui a scrivere di musica, dove e quanto, che ti ho perso di vista. A quanto ne sapevo io, rubrica fissa su Rumore e il blog e qualcosa su Vice

Continuo a scrivere di musica, orami mi limito alla mia rubrica mensile su Rumore. Bisognerebbe poi dibattere su cosa voglia dire “scrivere di musica”, che dici, solite 40000 battute?

Diciamo che su 5500 battute scrivo di musica 2000, il resto scrivo attraverso la musica o comunque servondomi della musica come scusa. Mi domando, anche dopo aver letto la tua intervista a Colas, se oramai il mio sia un esercizio di stile fine a sè stesso. Aldilà che magari sono in buona (o cattiva, a seconda dei punti di vista) compagnia, chi lo sa a cosa serve tenere quella rubrica su Rumore (la fu Demokrazia, da qualche anno Scanner)?

Ci ho riflettuto e direi che fondamentalmente la risposta è un cocktail: parte per evitare che quello spazio cada in mano o a nuove leve inette (pochi nuovi arrivi a Rumore sono a mio avviso anche solo leggibili) o a “vecchie” leve inette pure loro. Qui ci sarebbe da fare il solito discorso che si fa da anni, ma mi limito a dire che aldilà dei contenuti su un giornale come Rumore leggo con piacere l’immenso Blatto, Pomini e direi basta. Oh, che poi rimane il fatto che compro solo Rumore, per motivi affettivi tra l’altro. Altri che leggo con piacere sulla carta stampata ma non pago direi che sono Turra e Barone del Mucchio, Ivic pure lui del mucchio e Zingales su Blow Up. Poi basta.

Per quel che riguarda i siti blog etc leggo ogni tanto il pdf di SentireAscoltare e Bastonate regolarmente, poi basta.

Siamo nella fase “povertà dell’abbondanza”, per davvero. Troppi stimoli e utilità marginale altissima.

Poi scrivo per onanismo, per fare esercizi di stile. Poi per essere punitivo, per fare stare il lettore lì. Presumendo che il lettore abbia il mio tipo di curiosità di cercare le citazioni, i giochi di parole, i riferimenti culturali etc e probabilmente qui sbaglio.

In ultimo direi che forse mi illudo che qualcuno possa trovare la mia rubrica stimolante anche per le proposte musicali (spesso parlo anche di altro: produzioni video e grafiche). Poi in ultimo+1 per dare spazio a progetti che non trovano spazio su Rumore, per motivi che boh, continuo a ignorare e delle volte mi incazzo, da lettore. Facendo però come Lino Banfi in Al Bar Dello Sport che non faceva mai 13 al totocalcio e aveva bisogno di un Jerry Calà. Mi son perso nel ragionamento. Ah ecco, spesso spingo gente che conosco, ma tanto non è che la mia presunta raccomandazione sia chissachè, anche perchè magari è gente che è su Brooklyn Vegan o nei cui lavori ci canta Justin Pearson dei Locust.

Poi ci sarebbe il discorso blog e il discorso Vice. Discorso blog: mi sono accorto di non aver la forma mentis di fare un blog. Intendo, non ho il ritmo e nemmeno lo stile. Forse nemmeno il tempo, ma non penso sia solo una questione di tempo e di dire “eh vabè c’ho un lavoro, una vita privata, preferisco fare altro”. Diciamo che per come scrivo ho bisogno di stimoli altissimi o di qualcuno che mi dia la spinta iniziale.

In questo senso nei rari post di Spadrillas In Da Mist inizia sempre Federico “Accento Svedese” che secondo me è un genio, un pazzo scatenato, mi fa ridere tantissmo, ha una cultura enorme e se fossimo in America sarebbe un fenomeno, dico davvero, una roba da Jimmy Fallon. Però direi che Spadrillas In Da Mist non è che parli di musica in senso stretto. Parte dalla musica ma è un blog di costume. Anzi, un blog scostumato. Secondo me è un blog che ha un tasso di gradimento altissimo ma per come è impostato lo leggono massimo 100 persone. Che però si divertono tantissimo. Ecco, alla fine scrivo per divertire, intrattenere. Ma intrattenere le persone che penso mi possano stare simpatiche. Quindi mi tiro la zappa sui piedi.

Capitolo Vice: ho collaborato per qualche mese poi mi sono rotto le palle. Questiono di ego mio e di alte aspettative, d’altronde nella versione americana ci scrivono uno dei Born Against e Ian Svenonious che sono i miei idoli generazionali. Dico una cosa: Vice lo leggo con piacere, anche la versione italiana (anche perchè non lo pago per leggerlo per cui…). Però sono abituato a fare quello che voglio e a non essere editato o a vedermi cassare proposte con motivazioni professionali. D’altronde non sono uno scrittore professionista, sono un amatore, anche se con supponenza ritengo di essere un amatore di talento. Poi ci sarebbero anche questioni personali, senza scendere nei particolari posso tranquillamente dirti che vedere che una delle punte di diamante è una persona che come malattia infantile del giornalismo ha l’estremismo (fine a se stesso a mio avviso)… beh, alla fne se non posso scegliermi i colleghi in questo caso passo la mano. Sia ben chiaro però che questa è stata solo la goccia che ha fatto trabocare il vaso, ripeto che alla fine non ho il fisico e la mente per un magazine come Vice. Che, once again continuo tranquillamente a leggere divertendomi. Direi che è tutto come risposta, no? Ho dimenticato qualcosa? Ah, se fossi pagato per scrivere quello che voglio sicuramente avrei le motivazioni. Poco ma sicuro. Grazie al cazzo.

Vabbè però essere pagato per scrivere è un pacco. almeno credo. A me quando ci sono dei soldi in ballo inizia a venirmi da pensare che devo essere professionale e/o adattarmi al formato della rivista e alla sua linea editoriale, se scrivo gratis ti consegno il pezzo tale e quale a come ce l’ho in testa e grazie a dio che te l’ho mandato, a te rivista dico. Non t’è mai capitato?

La tua è sicuramente una provocazione, dai… Ad un certo punto i soldi (diciamo per esempio tot euro a cartella) dovrebbero entrare nel discorso dello scrivere. La questione dello scrivere per puro piacere è vera fino ad un certo punto. O tenti di camparci e vabbene, lì son cazzi tuoi. Però dopo un po’ che scrivi secondo me è giusto che ti debbano pagare se girano dei soldi per pubblicità etc… e il discorso della crisi non regge, è una scusa bella buona. Lo sfruttamento dei collaboratori è una piaga che dovrebbe andare estirpata, ma qui il gioco è come per il lavoro vero e proprio: se non ti va bene te ne vai e ci sono 100 persone (magari 95 faranno peggio di te) pronte a rimpiazzarti, anche a condizioni semi-schiavistiche. E’ una situazione che a mio modo di vedere ha peculiarità solo italiote.

In ogni modo, quando scrivere di musica diventa inevitabilmente un hobby, ad un certo punto almeno io mi sono scelto hobby più gratificanti, ed è per questo che alla fine come detto prima mi sono tenuto la mia rubrichetta mensile del cazzo su Rumore e basta. Il mio modus operandi mi fa impiegare almeno una decina di ore da 60 minuti per fare le 5500 battute di Scanner, e mi fa perdere sempre un pezzo di anima, ogni mese. In dieci ore cosa puoi fare tu? Per me a settembre 2012 10 ore libere sono oro puro. Passare 10 ore e consegnare il pezzo tale e quale eh, altrochè adattarsi etc Io per scrivere tento di documentarmi, tento di ascoltare per bene la roba che ascolto etc, il che non vuol dire solo andare su google e/o copiare i comunicati stampa. Anche perchè se poi gli uffici stampa sono improvvisati come chi scrive stai fresco (vedi il pezzo di bastonate sugli uffici stampa). Poi siccome tento sempre di avere un approccio che dia degli input, che faccia riflettere e che diverta mi sforzo, alla faccia di chi ha altri modi di operare, di dare un taglio che anche una sola persona dica “questo pezzo poteva scriverlo solo Pecorari”. Nel bene eh, mica nel male. Mi sono rotto il cazzo delle provocazioni fini a sè stesse, che tra l’altro non ho mai fatto nemmeno quando scrivevo delle fanzine quasi venti anni fa.

Anche qui poi il discorso sarebbe lunghissimo ma è indubitabile che lo scrivere gratis “di musica” nel contesto italico ha sicuramente prodotto più danni che il resto. Bisognerebbe poi ritirare fuori il concetto di “gavetta”. E’ una mia opinione ma nel contesto in cui ci ritroviamo a bazzicare dovrebbe esserci. Parlo di carta stampata e delle webzine più grosse.

Seguirà il dibattito anche sull’adattarsi alla linea editoriale della rivista, che poi si oscilla fra Scilla e Cariddi del non-editing o dell’editing che ti cambia il pezzo che mandi (perchè hai scritto gratis). No bene. In ogni modo, ripeto, per me lo scrivere gratis, aldilà dei blog personali o di ballotta di amici (te lo dico tranquillamente: gli unici blog che leggo regolaramente sono Bastonate e i 400 calci), ha prodotto più danni che il resto. E’ come per il clacson delle auto: per me dovrebbe dare una scossa elettrica a basso voltaggio, così ci pensi prima di suonare, no? E’ la differenza fra il pensare quello che si dice e il dire quello che si pensa. Siamo oramai in una ice age in cui passa per pregio il dire quello che si pensa, invece dovrebbe essere il contrario…ecco, a ogni invio di un post dovrebbero toglierti un po’ di sangue, farti qualcosa di fisico, così ci pensi bene prima di fare dei post o degli articoli. Se sei un cazzo di genio poi è un’altra questione, ma io all’orizzonte di cazzi di geni non ne vedo.

Ribadisco: lo scrivere gratis e con una soglia così bassa di “accesso” ha fatto e sta facendo dei gran danni secondo me. Non sono un apocalittico, anzi, sono fondamentalmente ottimista circa i media “nuovi”, il problema è come sempre, chi li usa. Invece di citare McLuhan e cazzi e mazzi la gente dovrebbe leggerselo, lui e le altre “bibbie”. E come dicevano in Chi non salta bianco c’è una differenza poi fra l’ “ascoltare” e il sentire. Fra il to feel e il to listen insomma. Once again: è un problema culturale tutto italico e mi pare che il deserto sia un dato di fatto, su tutti i fronti. Penso che peggio di così non potrebbe andare ed è un peccato, ci sono le teste, le mani etc…e questa scusa che non ci sono i soldi è na cazzata, è un problema culturale, di forma mentis. Ed è un peccato perchè ci sono anche i mezzi.

Forse non stavo parlando di quello, cioè quando mi scrivi così mi viene da pensare alla trafila che fa uno che scrive di musica. Scrivo cose sceme in un blog, poi arriva la rivista ufficiale e metto insieme un tono a metà tra me stesso e la rivista e poi se ho abbastanza perseveranza e riesco a strungere due mani giuste finisco a fare i pezzi generici su Donna di Repubblica (massimo rispetto, per carità) e poi se hai abbastanza culo puoi ricominciare a essere bravo in un posto dove ti pagano sul serio, ma magari per quel momento avrai deciso che non ne vale più la pena o -peggio- sarai diventato un altro Ernesto Assante e te ne andrai in giro a raccontare che giovani ribelli come i Nirvana non ne nasceranno mai più. E quindi il mio è più un problema strutturale, voglio dire, a parte forse qualcosina ai bordi non esistono davvero posti che coltivano questo genere di spazio e ti permettono di crescere e diventare te stesso al loro interno (l’esempio più grosso è Vice, appunto). Ha ancora senso che una rivista metta in fila duecento recensioni e dieci interviste? Chi cazzaccio se ne frega di sapere cosa pensa un musicista del suo lavoro? “l’obiettivo quando abbiamo registrato il disco era rendere conto della nostra potenza live.” MA DATEVI FUOCO voi e la vostra potenza live di merda. E secondo me c’è un legame tra il fatto che più le riviste (in generale, non tanto di musica che è un discorso fuorviante) pagano i collaboratori più -in genere- sono tristi noiose e democristiane, e la soluzione un po’ è quella di prender su armi e bagagli e fare la propria cosa malcagata come Spadrillas che se lo aggiornaste sarebbe nel modo più assoluto il mio blog preferito, e in giro per le riviste sarebbe roba impubblicabile senza costrutto. Poi magari sono d’accordo con te che la cosa di provarci ad ogni costo, anzi forse la cosa che hai scritto sul dover pagare un prezzo quando dai un’opinione è la cosa più importante che ci sia. Però voglio dire, non lo so, non ne sono convinto. e poi c’è un altro discorso che è strettamente legato sia alla musica che alla crisi, ma non necessariamente all’oggi, ed è il discorso che secondo me dare da mangiare a gente che opera nella musica ma non suona e non pubblica dischi ha qualcosa di immorale, non è immorale in toto ma un po’ sì. E poi boh, non so, dimmi tu se hai qualcosa da dire su questo..

Mmh non so, mi piace l’Italia perchè è un paese weirdo però secondo me non ha quasi mai funzionato come dici tu, nel bene e nel male. Che comunque non esistano posti che ti permettano di crescere è sicuro.

Per il resto per me le recensioni secche e il 95% delle interviste non hanno mai avuto ragione di esistere, se non per essere funzionali ad un modello di industria discografica industriale. Ora siamo in un’altra fase storica ma pare che non ci siamo ancora arrivati. Un pò come il PCI che si scioglie nel 1990 (era il 90?) quando invece erano 13 anni che non leggeva più la società. 13 anni minimo. Quando qualcuno se ne renderà conto forse avremo delle riviste decenti.

Per il resto come al solito si prendono solo i difetti del “post” (in questo caso post-industriale come l’ho inteso sopra): spariamo sulla croce rossa nominando i soliti noti come un noto sito di musica italiana che ha come nome una canzone di Hancock, oppure boh, basta pensare ai libri in italiano sui Chuck Norris fact… può bastare. Per il resto a me mancano gli stimoli per scrivere di musica, te l’ho già detto: nel caso di Spadrillas in da mist ha sempre funzionato che partisse Accento Svedese e poi io remiscelassi il pezzo. Non ho mai fatto un pezzo di Spadrillas partendo per primo.

Per quel che riguarda l’immoralità dell’esser pagato senza suonare e non pubblicare dischi non sono d’accordo in toto, oppure, si potrebbe fare il discorso contrario: se produci un supporto fisico, se fai un concerto, se il tuo gruppo ha delle maglie in vendita mi va anche bene e in questo caso sono io consumatore sovrano che decido che sei degno di essere pagato… la cultura dell’ogni cosa è gratuita è una cosa differente: qui ogni cosa ha un suo prezzo, che è diverso. In questo caso il discorso torna sulla cultura italiana-barra-italiota e non è un caso che siamo terzi come pirateria dopo… Inghilterra e USA! Troppo facile farti un discorso confrontando le culture musicali o le musiche culturali dei tre paesi. Cioè, ti aspetti che i primi pirati siano i sudamericani e i cinesi, i “paesi in via di sviluppo” e invece…

La questione qui per me sarebbe: si paga se consumi un bene di consumo che non hai prodotto tu, ed essendo appunto un bene di consumo (come potrebbe esserlo la musica pop), però in questo caso trattandosi di consumo puro è anche intrinseco il discorso che se posso consumo gratis, che se non ho i soldi per la coca cola, che già costa poco, mi prendo una mecca cola o un succedaneo.

Oppure si paga, o comunque è morale (che parola…) pagare se si produce cultura che non sia pop e che quindi avrebbe bisogno di un supporto materiale per essere diffusa. Io ho la pretesa di produrre cultura in modo popolare, che potrebbe diventare popolare nel senso puro del termine e di di volerla divulgare, anche se la cosa suona pretenziosa. Anche qui dovremmo fare una bella distinzione fra pop inteso come popolare e pop inteso come populista. In ogni modo comunque al massimo penso di poter intrattenere e ok, può esserci intrattenimento gratuito e a pagamento. In  questo caso potremmo tirar fuori l’esempio della prostituzione e della masturbazione e tutto sarebbe lampante. O forse no. Scusa se si capisce poco ma la roba ce la ho in testa e ci sto pensando. Non capisco comunque perchè dovrei pagare o sucarmi delle pubblicità obbligatorie per leggermi una cosa o per ascoltarmene un’altra… questo livello poi oramai è al limite del subliminale. Lascerei decidere a chi spende soldi o altre risorse materiali se pagare è immorale o amorale (eh?), resta comunque il fatto che secondo me in questo Paese la cultura del tutto è gratuito ha fatto tabula rasa almeno quanto il berlusconismo. Poco ma sicuro.

Ok beh, per ora cambio argomento. Io e te ci siamo conosciuti in un periodo nel quale il punk o la musica indipendente qui in Italia erano gruppi tipo With Love, Altro, Anna Karina, La Quiete, To The Ansaphone e via discorrendo. Alcuni sono diventati artisti superquotati o dj superquotati o turnisti di alto livello, altri son diventati gruppi da copertine di riviste, altri continuano a suonare coi loro gruppi più o meno agli stessi livelli di allora, altri niente. Tu come te la stai vivendo?

Immagino che la domanda valga più per chi è diventato “famoso”…beh alla fine direi che l’unica persona che può dirsi “famosa” di quel lotto è Nico Vascellari, che è una persona con un senso dell’humor e con una attitudine che non è mai cambiata. Lo stesso dicasi per tutti quelli che hanno avuto un minimo di “notorietà” (mi viene in mente un dibattito da messageboard che “polemizzava” con Alberto degli Ex Otago perchè faceva il coniglio al Chiambretti… incredibile come si trovino ancora delle persone che nel 2012 rompano i coglioni perchè uno va in uno show televisivo nazionale “a vendersi”… ma si può?). Ripeto che in questi casi queste persone se eran dei cretini (in senso buono) prima sono dei cretini ora, inteso come dei cazzoni, dei regaz insomma. Faccio pure una digressione: in tempi più recenti un mio amico, Vasco Brondi, è diventato “famoso”: ecco, colgo l’occasione per ribadire, ai lettori e al popolo tutto, che il ragazzo non è cambiato per niente e chi rompe le palle per i testi, per il suo “successo” e cazzi e mazzi ha rotto il cazzo.

Penso che sia cambiato il mondo attorno: i confini sottili fra underground e overground  eccetera. Non mi stupisce minimamente l’evoluzione musicale di alcuni amici, per esempio Rocco “Congorock” Rampino, di Luca Fontaneto che dall’hydra head è passato al dancefloor anche lui. Anche in questo caso: Rocco ha suonato di fronte a folle oceaniche, ha collaborato con gente che la vedi col binocolo ma il mio rapporto con lui non è cambiato di una virgola, è venuto a suonare a Ferrara e ce ne siamo andati a prendere un aperitivo in un circolo arci dove per la timidezza non riusciva a spiegare che pur vivendo a L.A aveva ancora la residenza in Puglia. Fatto sta che ogni volta che vedo una persona che non vedo più molto a causa di lontananza, gente che mette su famiglia etc etc è sempre una gran festa. Detto questo Baronciani venerdì presenta (presentava, NdR) una roba di Antonioni nel contesto di un festival come quello della rivista Internazionale e nel centenario della nascita del maestro e io come al solito mi propongo di fare un sacco di gags durante il vernissage. Ho risposto?

Non so. Non parlo tanto del rapporto con i singoli o della gente che è diventata famosa, parlo del modo di proseguire in sé -anche magari di quelli che hanno continuato a suonare più o meno uguale a prima, che so, Anna Karina con un cantante nuovo o FBYC in italiano eccetera. voglio dire, cosa è diventata quella cosa lì, c’è qualcosa che in qualche modo ti puoi andare a vedere adesso con lo spirito con cui prendevi e ti andavi a vedere un gruppo di amici dieci anni fa? 

Per quel che riguarda “il modo di proseguire” ti dico in tranquillità che molto probabilmente sono cambiati i miei gusti musicali. Ricordo con gran piacere quando mi ascoltavo un giorno sì e uno le prime cose dei La Quiete, o anche il primo dei FBYC, il secondo dei With Love…non mi sono venduto un singolo disco di questi gruppi. Aldilà del valore affettivo, ogni tanto faccio come con i Nirvana, me li riascolto con piacere, diciamo 2-3 volte l’anno, anche in mp3. Il rapporto con le varie evoluzioni dei gruppi va di pari passo con la mia evoluzione. Dal 1997 al 2004 circa ho ascoltato quasi principalmente dischi di genere, frequentato persone del giro punkhc etc etc. Uscire da questo andazzo è come lo straight edge che inizia a bere, o boh, quello che esce da una comunità che nel bene e nel male è chiusa, con steccati necessari ma alti e insormontabili quasi -o forse sarebbe meglio dire era chiusa. Era nel senso che ora è altro, non che non esiste più. E’ altro e da altre parti, anche se sempre vicino e magari quell'”altro” lo fanno gli stessi protagonisti, vedi Vascellari. Tutto questo giro di parole per dirti che ad esempio già l’ultimo degli Anna Karina con Giulio ancora alla voce è una cosa diversissima che non ho seguito, oppure bche sono contento di vedere i FBYC  dal vivo o ascoltarmi qualche volta il disco, come mi fa piacere ascoltarmi i Raein o vedermeli dal vivo, lo stesso vale per i La Quiete. Ma che nel bene o nel male li supporto perchè sono miei amici, aldilà del discorso musicale. Io poi come tutti gli scribacchini che si rispettano non so nemmeno le 7 note, per cui…se loro hanno ritenuto di intraprendere un determinato discorso musicale lo rispetto, e sono pure contento quando vedo che nascono gruppi la cui ispirazione sono i gruppi come quelli che stiamo citando. “Derivativi” lo sono tutti tranne i gruppi della vita, per cui non c’è nessun male che esistano Verme, Do Nascimiento, L’Amo etc etc. Ne parlavo giovedì a cena con Alessandro degli Altro e qualche Gazebo Penguins. Che io li trovi derivativi e che questa musica l’abbia ascoltata per 10 anni di fila facendone indigestione… non conta un cazzo, sono contento. I discorsi sul copiare o della perdita di un certo spirito non li voglio nemmeno iniziare.

Poi boh, sarebbe interessante formulare una teoria sul  perchè gran parte dei vecchi amici, aldilà di quelli che hanno iniziato a cantare in italiano, siano virati su territori noise/ambient o dancefloor. Però se ti devo dire è un discorso molto micro, il grosso errore quando si parla di queste cose è di assolutizzare: “ora tutti fanno i dj”. Ma chi? Rocco, Pomini, i due fratelli degli One Fine Day. “ora tutti fanno il noise”: qualche By all Means, qualche progetto di Vascellari, Ics dei Burning Defeat e degli One Fine Day… ognuno fa quello che più gli piace e ognuno lo fa per i motivi che vuole, sono tutti degni.

Personalmente per quel che mi riguarda un gruppo che mi ha entusiasmato nell’ultimo periodo, diciamo nell’ultimo anno o due sono i pugliesi Cannibal Movie e i Movie Star Junkies. Sul discorso dello spirito non so, a me piace la loro musica, mi entusiasma, sia su disco che dal vivo. Rimango comunque dell’opinione che la soglia dell’entusiasmo passa sia col passare degli anni sia con la povertà dell’abbondanza che stiamo vivendo. E’ come guardare i film porno, con la gente che dice “fanno sempre le stesse cose”. Per avere una soglia di attenzione che duri di più cosa fai? O schiacci fast forward, o smetti di guardarli oppure guardi roba che non hai visto prima. Che poi qualche gruppo faccia come Rocco Siffredi negli anni ’90 che per spinggere il discorso to the core si metta a girare con Sandy Balestra e Kelly Stafford…quella è un’altra questione o forse no.

Concludendo il discorso comunque secondo me lo spirito deve essere questo: “è qualcosa nel senso di nuovo, che non hai ascoltato prima”. Magari esisteva, anzi, sicuramente esisteva, però non lo hai mai ascoltato attentamente perchè in quel momento ti interessava altro. Poi certo, c’è Dj Balli che è un genio, ma quello è un altro discorso. Quello è un genio, punto.

Qquesta cosa che dici pone un punto abbastanza interessante di cui forse ancora non si parla a sufficienza. provo a spiegarmi. Quando ho chiesto a Bordone Carlo se c’è qualcuno di giovane che gli capita di leggerlo e di dire questo è un figo, lui ha risposto di no secco. Alla fine tutto sommato la stessa cosa capita pure a me, non così dogmatico ma quando leggo qualcuno di più vecchio lo continuo a preferire, forse perchè mi ci trovo in sintonia. Ti faccio questa premessa perchè l’idea di “ora i punk fanno tutti roba dance” e “ora i punk fanno tutti harsh-noise” è una cosa che viene dall’esserci stati prima e dall’avere una logica di analisi vecchia come il cucco. esserci stati prima perchè se sei giovane e in botta con la dance non è poi così interessante sapere che Congorock suonava in due gruppi punk della madonna nei primi anni duemila; logica di analisi vecchia come il cucco perchè andare sempre e solo alla ricerca di un pattern comportamentale (perché quelli che dicono “ora fanno tutti elettronica” pensano che tutti siano come loro e ragionino secondo schemi tipo “il mio chitarrista ha fatto una roba alla Steve Aoki e ci ha tirato su dei soldi, ora ci provo pure io”) è una cosa che viene, questa sì, dalla critica anni novanta. quella che come missione aveva quella di analizzare cosa succedeva e dare dei nomi a dei trend, mentre ora la musica si sta muovendo -almeno credo- molto di più in base all’azione di certi personaggi singoli che fanno certe cose. Voglio dire, questo pezzo finirà su un blog che come approccio alla musica è la cosa più di destra che si possa concepire: stroncature, purismo, sospetti, promuovere la gavetta, negozi di dischi e tutto il resto. Tutte le volte che io mi metto a scrivere un pezzo ho un po’ di fotta, come se non sapessi come andrà a finire o come se sentissi che qualche decina di persone fuori ascolta quel che dico e ne trae delle conclusioni. E voglio dire, eccomi al punto, che in qualche modo il fatto che IO percepisca quello che faccio come utile o interessante è una squalifica di per sè. Io ho 35 anni, tu ne hai 36, e siamo ancora qua a spingere degli artisti e fuori c’è roba molto più interessante tipo la musica non fatta, il rumore delle strade in lontananza (che qualcuno lo processa e magari si sente ancora dare dello sfigato) e cose tipo epic sax guy 10 hours o Trucebaldazzi, che è chiaro che sono LA MUSICA che dovrebbe importare oggigiorno, gli esperimenti sul formato senza mediazione. E che noi due e quelli come noi, che stiamo ancora dietro ai dischi e ai concerti, siamo gente che non ha il diritto di scriverne o di tentare di comprenderla, forse. Io voglio un mondo dove cerco di sfondare la porta di mia figlia perchè quello che si ascolta, per le mie orecchie, è casino senza senso. Vorrei avere dei ragazzetti in giro per la rete che li leggo e mi spaccano a metà con le parole e coi fatti, che mi facciano sentire come un tardone e un idiota che dovrebbe trovarsi un altro hobby, e invece boh, ogni tanto c’è qualcuno di dieci anni più giovane che dice di essere d’accordo con me. Non lo so. La domanda è: come lo senti il tuo ruolo? quale dovrebbe essere il peso e/o il compito di quelli che scrivono di musica oggi?   

Da questo punto di vista il mio lavoro vero e la mia formazione culturale (accademica ma non solo), quindi la mia piccolissima esperienza di vita, diciamo così, mi fanno fare questa premessa, che poi sarei il primo ad essere contento di venire smentito: il nostro Paese, anzi il nostro paese con la p minuscola allo stato attuale è forse uno dei paesi AL MONDO dove la cultura (http://it.wikipedia.org/wiki/Cultura) sta lentamente, anzi velocemente scomparendo in tutte le accezioni che trovi su wikipedia (che anche questa è una bella gag). Ed è inutile dare la colpa a Berlusconi e al berlusconismo, la supposta controcultura o la supposta alternativa (in questo senso: la cultura di sinistra, diciamo così per tagliarla con l’accetta, gli eredi del PCI e bla bla) a mio avviso ha prodotto sonni della ragione altrettanto dannosi. In questo senso poi soprattutto il mio lavoro, specie quello “passato” (ho lavorato per 7 anni a stretto contatto con una fascia di età che va dai 6 ai 18 anni e con i giovani) anche in questo caso mi fanno concludere che certo, se poi ai bambini una educazione non la dai sicuro ti crescono non maleducati che sarebbe già buono ma in-educati (fa molto La Quiete periodo citazioni di Illich questa affermazione eh?). Viviamo in un paese dove i pochi stimoli culturali rimasti vengono sanzionati e stigmatizzati da una parte, ea se non cadono nel box degli ultimi dogmi “sinistrorsi” rimasti vengono ugualmente sanzionati e stigmatizzati. In mezzo, la terza via è il nulla. Ho il terrore di tirare su un eventuale figlio o figlia in questo paese, te lo dico tranquillamente. Non scherzo, preferirei farlo in Russia o in Libia, che almeno peggio di così si sa che è possibile, qui in Italia peggio di così allo stato attuale non so proprio cosa possa accadere.

Arrivando alla tua domanda continuo a sparare sulla croce rossa parto proprio da TruceBaldazzi: mi incazzo come una belva quando leggo le stronzate che scrive ad esempio su di lui Enrico Piazza (che fa rimpiangere Wad Caporosso e qui lo dico: andrebbe idealmente gambizzato, metto “idealmente” perchè non si sa mai) su rockit: il suo caso è lampante e paradigmatico proprio perchè parliamo di uno che dalla scuola e dagli adulti, dalle “agenzie di socializzazione” chiedeva e chiede di essere acculturato e invece ha ricevuto solo merda in faccia. Diciamolo pure, voi di Bastonate siete fra i pochi che un po’ hanno colto il fenomeno vero. In questo senso certa gente come svariati redattori dovrebbero aver ricevuto o ricevere più schiaffoni in vita loro: credendo di far cultura (forse, per me tentano solo di campicchiarci, qualcuno ci crede…e forse il tanto da me vituperato Carlo Pastore è uno dei pochi, lo stesso Caporosso anche) gettano il sale su Cartagine. E la cosa peggiore è che hanno un bacino di utenza che li dovrebbe responsabilizzare…ecco, proprio di etica della responsabilità si dovrebbe tornare a parlare. Qui la rivoluzione del 2.0 ha fatto solo sì che in gran parte nessuno si assuma più la responsabilità di quello che scrive, perchè tanto è gratis, tanto costa poco, tanto tanto sti gran cazzi. E’ ancora il pensare a quello che si scrive sostituito dallo scrivere quello che si pensa. La differenza è enorme: si rompe tanto il cazzo coi reality dove la gente dice “io sono scomodo bla bla perchè dico quello che penso” e poi si fa lo stesso. In questo senso il ruolo di chi scrive dovrebbe essere un mix fra infotainment e boh, il far pensare, stimolare il pensiero positivo, nel senso proprio di “+” e non di “-“. Ma ripeto: non credo che sia fattibile allo stato attuale. Non penso sia proprio più possibile. E l’uso molto accessibile, a bassa soglia, del mezzo informatico, qui (dico e ripeto in questo paese, perché invece in altri la cosa funziona alla grande) non funziona anzi funziona allo scopo inverso, analfabetizza invece che alfabetizzare.

E comunque ripeto: bisognerebbe tornare a leggersi qualche libro di qualche anno fa senza decontestualizzarlo. Leggere invece che citare decontestualizzando per i propri fini, che poi non si sa più che cazzo sono i fini e si legge per i propri mezzi e non per i propri fini perchè ora  i mezzi si sostituiscono ai fini. Leggere invece che comprare, kindle o non kindle, ebook o non ebook e vaffanculo.

Il mio ruolo come persona che scrive di musica? Te l’ho detto in parte nelle domande precedenti: occupare una pagina su un giornale che mi piacerebbe sapere quanti lettori ha perso dal periodo quasi pioneristico (metà anni 90 diciamo) ad oggi. Occuparla per evitare che venga qualcuno che sicuramente sarà peggio. In un paese che ha sempre fatto della logica del meno peggio invece che del meglio la sua stella polare. Per il resto cosa cazzo vuoi che ti dica, il mio ruolo è una specie di esercizio di stile, di vulgar dipsplay of natural power (a metano quindi) che boh, ha le pretese di essere quasi satira culturale, amara e amareggiata, con la scusa di parlare e scrivere di musica che boh, non è che non sia cagata ma viene cagata in una maniera che per il 95% culturale non è. Ma preferisco un De Luca che mi fa un Disco Inferno parlando di Cecchetto piuttosto che un dibattito sulla rivalutazione “sbagliata” degli 883 con il buon Valerio Mattioli e il blowuppismo et similia da una parte e il rockittismo da una parte. La terza via dici? Non esiste, e io su questo non ho nulla da aggiungere al dibattito culturale (o presunto tale). Perchè alla fine stiamo a parlare e scrivere di un mondo che oramai esiste solo nelle nostre proiezioni mentali mi sa, nel mentre come dici tu la musica importante oggigiorno è un’altra. Se poi vogliamo parlare di “cultura musicale” o di “musica culturale” la risposta è sopra: la cultura in tutte le sue accezioni morirà a breve, sempre che non sia già morta (ripeto: parlo solo dell’Italia) e spero che muoia al più presto perchè poi non potrà che rinascere in altra forma.

Mi hai citato qualcuno che ti piace e tra le righe qualcuno che non approvi. Che approccio hai quando non approvi quello che scrive qualcuno? Io leggo alcune persone che credo sbaglino tutto e mi influenzano molto. Mi viene in mente un tizio di Ondarock che si chiama Nunziata, con cui non sono quasi mai d’accordo -sia per come scrive che per quello che pensa. Ecco, in qualche modo leggere i suoi pezzi per me è un impulso positivo, cerco di entrare nella sua testa e capire come fa e perchè scrive quello che scrive, e a volte ci tiro fuori un’idea di musica che per dieci minuti mi sembra non essere banale. Oppure Claudio Sorge, che sono vent’anni che sbatte in faccia un’idea di urgenza e di “l’unica musica che ha senso ascoltare oggi” che non approvo e quindi in qualche modo mi ha fatto valorizzare l’idea di musica usa e getta, e quindi in entrambi i casi sono comunque stimoli culturali, esempi positivi. Non so, hai qualche idea sull’argomento?

Approvare o meno quello che scrive qualcuno parte da un pre-giudizio che è quello di conoscere/non conoscere la persona che scrive, il che può essere un vantaggio o uno svantaggio perchè magari o la persona scrive qualcosa di interessante e stimolante ma è un coglione totale, o viceversa. Nello specifico, prima parlavo di Alessandri di Vice e per i contatti che ci ho avuto potrebbe anche scoprire come rendere a-calorico il Mars ma piuttosto di saper la formula da lui muoio di colesterolo barra obesità estrema. Anche sulla questione dello stimolo “culturale” che porta questa persona poi ci sarebbe da discutere. Certo, inziare interviste con “io vengo dal punk e dal noise” non aiuta. Anche Red Ronnie tra l’altro viene dal punk e dal noise e ha ospitato i Pere Ubu al Roxy Bar. Anyway: se mi perdo qualcosa di interessante sopravviverò a questa perdita. Fai conto che non ho mai ascoltato gli Swans fino a due giorni fa ma sono sopravvissuto. E te lo dice uno che ha ascoltato almeno 100 volte l’intera discografia dei Colonna Infame Skinheads. Tra l’altro non mi sono dispiaciuti. Gli Swans intendo.

Sulla questione dell’approvare/non approvare e su quella dell’influenza: dialogando con te mi accorgo che leggo molto meno di quello che mi sembrava di fare, o comunque che leggo relativamente poco. Credo che abbia a che fare con i gigabyte liberi nell’hard disk della mia testa. Non ci entra più niente, ed è abbastanza capiente direi. Anzi, non è che non ci entra più niente: non mi va di cancellare quello che c’è, se rimane lì non è per mera nostalgia, per fare come quando hai un i-pod da 8 giga e ti tieni la roba che non ascolti ma alla quale sei legato affettivamente. È un’altra questione, per essere interessante dal punto di vista culturale o stimolante una cosa deve essere eclatante e allo stesso tempo deve sapermi intrattenere. In questo senso boh, mi viene in mente la solita gag su Blow Up: quando lo compro l’unico che leggo a priori è Zingales, come su Rumore è Blatto. Come su Vice America potrebbero essere Svenonious e McPeethers (che non a caso vengono dal punk e dal noise appunto). Trovo Blow Up di una noia mortale quando mi capita di prenderlo. Non mi fa nemmeno ridere o incazzare, come quando per spirito masochistico leggo su Rumore le recensioni di Ester Apa o i pezzi di Barbara Tomasino. Blow Up mi annoia proprio. L’unico pezzo che ricordo mi abbia interessato ultimamente su Blow Up è stato un pezzo di due anni fa di Valerio Mattioli sulla library music italiana, perchè era una cosa che avevo sotto il naso ma non avevo mai notato (che poi non è vero al 100%, gli autori son quasi gli stessi delle colonne sonore dei film italiani del periodo d’oro). Poi vado a leggermi i suoi pezzi sugli 883 e sui fricchettoni fatti per Vice e mi chiedo: “perchè???”.

Boh, per il resto direi che oramai leggo sempre meno e vengo influenzato sempre meno in positivo e/o in negativo, colpa sicuramente di una asticella di aspettative che in tempi dove andrebbe abbassata io continuo ad alzare a livelli da Sotomayor. Non so di cosa si tratti esattamente. Quello che ti posso dire è che mi rendo conto che preferisco oramai l’intrattenimento, boh, “culturale”, alla Blatto per dirne uno, oppure chennesò, dei pezzi come quelli dei 400 calci o di Bastonate che sono scritti da persone intelligenti che però…non si prendono sul serio.

Ecco, quello che fa la differenza penso sia questo: oramai tutti si prendono troppo sul serio e a me sta cosa dà l’orticaria. Dai, leggi veramente Ondarock? Io l’unica volta che sono intervenuto è perchè mi si citava su un forum. Ah non è vero, leggo anche le pietre miliari quando voglio scaricarmi qualcosa di interessante: l’ultima volta con Ossiana Mantra dei Popol Vuh è stato un pacco.

Entrare nella testa della gente? No, grazie. Sarà anche perchè di lavoro faccio una cosa che potrebbe essere paragonata a questa cosa, quindi ne ho avuto abbastanza.

L’ultima cosa non c’entra ed è su Copparo (FE), che è il posto da cui vieni e in cui organizzi un festival. Io finisco sempre per pisciarlo, ma è senza dubbio molto bello e vario, vario nel senso vero del termine -ci sono i gruppi rock e i rapper e i dj set, ma non tipo un colpo al cerchio e uno alla botte, più una cosa simile a quello che è l’Antimtvday. Perchè/come/con quanti soldi/ci vai in pari?

Nelle poche cose che ho fatto e ho tentato di fare ho sempre tentato di miscelare le sottoculture, le persone. Scherzo. Penso sia la reazione di chi esce dall’auto-ghetto del punk e del noise, quando oramai hai sviluppato la tua identità e non hai più bisogno di fare l’ultrà queste cose ti vengono naturali. In questo senso poi, con tutto il rispetto per l’Antimtvday direi che il paragone non tiene: non tiene perchè si inserisce nella proposta chiamiamola musicale la variante Territorio, con la T maisucola.

Iniziamo: faccio il “direttore artistico” di questo festival da quando esiste più o meno, quindi 5-6 anni. È importante dirti come è nato, e in questo senso ho avuto molto piacere che molti dei gruppi “grossi” mi abbiano chiesto la sua storia. Parto da un aneddoto. Qualche settimana fa arriva al Bar (intendo: Sceneboot, il forum di discussione che io reputo il mio bar virtuale) il classico tipo che ohh io ho perso i contatti col punkhc e non leggo le messageboard tipo questa ma volevo sapere che minchia ne pensate di quello che dice di venire dal punk bla bla coi tatuaggi e canta negli Stalker poi va a fare il buffone da Chiambretti facendo il coniglio ed è amico dei Club Dogo. Ovviamente è stato più o meno sbertucciato da tutti. Bene, nell’ultima edizione del festival ho invitato Alberto Argentesti “Pernazza”, “quello che fa il coniglio da Chiambretti” al festival. A parte che è venuto per un cachet da super-amico che poi si è ridotto ulteriormente (stessa cosa ha fatto Federico Bernocchi dicendomi “non voglio i soldi perchè erano anni che non mi divertivo così”… Ci pensi?), non ricordo di essermi mai divertito così tanto negli ultimi anni. Aver avuto la possibilità di avere Alberto al nostro festival…insomma, era da filmare e da far vedere agli amministratori e al popolino, quello che popola il paesino, la città, il forum e si lamenta, critica, rumina, rimugina: i presenti si sono rovesciati dal ridere, gli anziani della balera adiacente uscivano per unirsi ai trenini in sottofondo a Cuore Matto di Little Tony…ecco, in quel momento ero proprio contento, felice al 100% perchè vedevo di avere fatto qualcosa per quel cazzo del mio paese natale e per il suo tessuto culturale che oramai 500-600 persone del posto ci dicono “A Copparo c’è solo quello e poi niente tutto l’anno”, che se ci fossero le elezioni a ridosso faremmo come Jello Biafra a San Francisco. Io ho la sindrome di Nerone verso Copparo, che oramai è più un luogo della mente che fisico per me, come il fridaunlò. Però ti assicuro che vedersi la sbarba o lo sbarbo (oramai sono veramente quasi i figli dei tuoi amici) che ti riconoscono anche se non vivi più in paese da 10 anni perchè “è quello che ha portato quel gruppo x” o “è quello che fa il summer days”, ecco, è una cosa incredibile.

Torno indietro: il festival nasce per ricordare un amico e un compagno della mia squadra di basket morto in un incidente stradale sulla Romea qualche anno fa. Questa persona io l’ho vista crescere nel luogo dove faccio il festival, e ricordarla in questo modo è l’unica motivazione che mi fa sopportare il mangiare pane e merda durante l’organizzazione dell’evento che praticamente dura 5-6 mesi l’anno.

Quindi il “perché” è questo: assieme al resto della mia squadra di basket abbiamo deciso, facendocelo da noi con un aiuto inizialmente minimo dell’Amministrazione. Facendo massa critica, organizzando un festival totalmente gratuito e con dei prezzi del bar che non li trovi più da nessuna parte (da qualche parte se vai a vedere un concerto gratis la birra poi la paghi 7 euro) che ho già paura a pensare come possiamo migliorare rispetto all’anno passato rimanendo degli amatori come siamo, perchè si rimane puri solo se questa cosa la si fa da amatori e i mal di pancia ci sono già comunque. Fondamentalmente le persone coinvolte sono diciamo 20-30, io più o meno sono l’unico che fa un lavoro immateriale (ok: quest’anno sono finito anche a procurare e consegnare della droga ai gruppi ospiti, il tuo blog lo legge la DEA? Speriamo di no. scherzo comunque) e le altre persone spostano cose, spillano birre, ordinano maglie, le pagano, smontano gazebi, si beccano la reazione dei residenti come dice il mio amico Vasco B. Fondamentalmente tutte o fanno parte della mia squadra di basket o bazzicano a vario titolo l’aerea dove si fa il festival che quest’anno è stata “riqualificata” dalle istituzioni grazie a noi. Praticamente quel posto è la mia scuola di vita, come la strada per Vincenzo da via Anfossi o la vita per Frankie Hi Nrg quando dava potere alla parola.

Il come l’abbiamo detto: a modo nostro, io più o meno ho carta bianca soprattutto sul giorno di punta coi gruppi “che vengono da fuori” e sulla serata dove tentiamo di portare “i vip”, dell’eterogeneità ne abbiamo parlato prima, così di cosa ci sia dietro questa idea di “eterogeneità”, ma se vuoi ne riparliamo.

Questione soldi: tranne il patrocinio del Comune abbiamo sponsor privati che ci permettono di fare un budget preventivo che diciamo…insomma, ogni anno sappiamo già che non ci perdermo un soldo. In questo senso il lavoro di chi fa il fundraiser (che materialmente è uno che si chiama Nicola Bertaglia ed è il 70% delle braccia e delle menti del festival) è eccezionale, anche solo per non aver cagato sulla vetrina della panetteria che solo per essere sulla strada del festival fa tipo 40 euro grazie a noi e ce ne dà 5 perchè c’è la crisi. Poi abbiamo uno sponsor che non vuole essere nominato ma che è un nostro caro amico che da solo ci dà cifre a tre zeri. E’ un imprenditore nel senso vero della parola, evito di tirar fuori il discorso di Pasolini sull’arretratezza dell’imprenditoria italiana.

E ti voglio dire n’altra cosa: i gruppi che vengono a Copparo, se diciamo che ci domandano 700 euro e riteniamo che li valgano… beh, se li abbiamo se poi gli diamo 800 euro, la cena di pesce e li alloggiamo in hotel tre stelle o in una residenza estense (grazie ancora ai nostri sponsor, perchè sono lungimiranti). E pure il pranzo la mattina dopo. Non voglio fare lo sborone, ma anche quest’anno sentirsi dire da gente che ha suonato in un gruppo del cazzo come il Teatro degli Orrori (tutti possono sbagliare…) che si è trovato da dio (anzi da satana) a Copparo, insomma. Stessa cosa per gruppi che non faccio il nome ma che mi dicono “abbiam suonato quasi da head-liner al MiAmi (apro una parentesi: praticamente tutti i gruppi che ci vanno poi mi dicono che il MiAmi fa schifo e che è una stalla, perchè?) ma qui ci avete trattato da dio, grazie”. Ecco insomma, sono soddisfazioni. Aggiungo: soddisfazioni che costano poco, nel senso che se i soldi e le pizze le ho non vedo perchè non devo uscirle. Non so, può bastare? Non ci perdiamo mai e ne guadagnamo in rapporti umani e socialità, che per me, dopo che non ci perdi dei soldi…non ha prezzo ecco. Come ti dicevo poi è una cosa che non so, qualche dirigente locale mio amico delle volte mi dice “ma come fate a portare tutta sta gente/a far uscire questi qui del Paese allo scoperto, a farli partecipare?”, mi sento, per quei 5 giorni, il sindaco del Paese e quindi parcheggio in divieto di sosta senza chiuder la macchina che non mi succede niente. Anche perchè oramai la macchina ha 270 mila kilometri ed è rigata…

La sfida del prossimo anno sarà fare uno spazio per i bambini, quindi ti aspettiamo.

5 pensieri su “Marco Pecorari

  1. We all know it is a pain to do so – but take your time when making the booking and you will not end up stuck at the airport for the next three dayson standby – because you
    made an error or you did not read the small print.
    Take enough disposable diapers to accommodate the length of the flight.
    Finding flights that are not full.

  2. Pingback: Federico Guglielmi | BASTONATE

  3. Pingback: Andarone #1: SUMMER DAYS FEST. | BASTONATE

  4. Pingback: Paolo Madeddu | BASTONATE

  5. Pingback: La pesantata del venerdì: CINQUEMILA DATTILOSCRITTI TRA CUI IL NUOVO FONTAMARA | BASTONATE

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