Oggi parliamo di abbassare il livello. Significa che nel consumo della musica e delle cose ad essa legate (vestiti, pezzi che parlano di musica) qualche tempo fa si dava per scontata una serie minima di canoni di professionalità, moralità, impegno, intelligenza e via di queste, e che oggi questa serie minima di canoni sembra essere molto più minima di allora. però non siamo sicuri di cosa parliamo, essendo basso il livello, e cerchiamo di imparare nel momento in cui scriviamo affidandoci all’evidenza empirica. L’unica cosa di cui siamo sicuri è che in realtà questo pezzo lo firma una persona sola e quindi da ora in poi passo alla prima persona singolare. L’altra unica cosa di cui sono sicuro è che a prescindere dal fatto che fosse o meno di nostro gradimento due anni fa, il livello si sta abbassando qui ed ora e sotto gli occhi di tutti.
In realtà il primo esempio sarebbe stato quello dell’ultimo (merdoso) disco dei Kylesa, ma faccio uno strappo alla regola perché ho appena letto due pezzi di musica agghiaccianti. Mario Luzzatto Fegiz:
In questo caso si parla più o meno di “professionalità”, cioè di qualcuno che pubblica qualcosa, pagato o meno, di cui non sa nulla. Nei blog tendenzialmente non succede, perché ognuno parla più o meno di roba che conosce in modo pittoresco o sbagliato o magari offensivo verso la ragione umana ma è comunque roba di cui sa qualcosa. Dicono che internet stia per uccidere il giornalismo cartaceo, ma nell’attesa i quotidiani parlano di twitter e Facebook (con la stessa cognizione di causa di Fegiz) un centinaio di volte a numero. Non ho voglia di scrivere altro, quindi vi linko un’altra cosa che ho letto stamattina, sul Fatto, e vi chiedo se la voglia di prendere a calci nei denti (metaforicamente parlando) chi abbia scritto e/o scelto di pubblicare un pezzo di questo genere non sia di per sé condizione sufficiente ad adorare il nuovo disco dei Daft Punk.
Quando uscì One More Time (2000), “lo scorazzìo imbarazzante” di giovani tamarri in fregola trovò nelle camicie sbottonate su pantaloni con “pacco in evidenza” una ragione per esistere. Situazione in parte analoga si manifestò qualche anno più tardi all’uscita di Technologic: un perfetto “singolo-razzo” sparato sulle creste sconcertanti di giovani calciatori Gucci-style.
Dite che “l’encomio” sopra citato, oltre ad essere fastidiosamente snob, potrebbe risultare un pessimo esercizio di stile? Forse! Anche se il sofismo radical chic creatosi intorno al duo è certamente più seccante; “i devoti”, infatti, gridano al miracolo ogni qualvolta l’insopportabile effetto vocoder entra in azione (e dunque ad ogni canzone), nemmeno fosse un marchio di fabbrica da loro concepito.
Hai ragione. Il pezzo del Fatto (come un coppertone) è talmente una merda che perfino io, che ho sempre detestato i Daft Punk, comincio ad averli simpatici.
il mio piccolo contributo: http://www.storiadellamusica.it/indie_rock/indie_rock/the_national-trouble_will_find_me(4ad-2013).html
ma come cacchio si fa a scrivere in sto modo? allucinante. non so se c’entra col tema, ma scrivere di musica in ‘sto modo andrebbe considerato un crimine contro l’intelligenza umana.
La ricerca del minimo comun denominatore, per accontentare tutti, per autogovernarsi e/o governare con un grillesco cento per cento: la disgrazia di questi tempi.
Per tacere dei giornalisti cartacei che parlano a cazzo del web e dei blogger anticonformisti che scrivono a cazzo sul web: specchio riflesso.
Credo che “molto più minima” sia un tentativo volontario di abbassare il livello perfettamente riuscito (se non sì è capito è un complimento).
Detto questo il Sig. Luzzato Fegiz non lo sopporto dagli anni ’80 quando parlava a vanvera del metal e i Daft Punk praticamente da quando si chiamano così. Certa gente non dovrebbe parlare di musica e certa altra non dovrebbe far finta di suonarla. Mi auguro che l’ascoltatore serio legga altro ed ascolti altro e soprattutto ragioni con la sua testa.
L. Fegiz va capito. La sua posizione è quella di chi costruiva e vendeva carrozze quando s’è diffusa l’automobile.
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