Bastonate Pro-loco: VALDARNO (perché in Toscana un ci garba la musica)

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È risaputo: noi toscani siamo una razzaccia. Siamo sempre a piagnucolare, ci garba lamentarci d’ogni cosa: del caldo, del freddo, della fiha, del dio, della madonna, della Fiorentina, del sindaco che «se non si decide a rimettere le buche ni’mezzo di’corso la prossima volta i’voto un glielo ridò, anche se l’è di sinistra!». Sì sì, ci si crede tutti, va’ tranquillo.

Fatto sta che della musica un ci si rammarica mai abbastanza, mi vien da dire. E mai che mi fosse capitato una volta d’uscire di casa e d’origliare una cosa così: «Oh, ma l’hai sentito che disco di merda quello novo degli Archei Fair?»; oppure: «Dio bonino, ma che lo senti come sona male l’ultimo de’ Pergèm? Ma le chitarre chi gliel’ha missate, Gigi Maifredi?».

Invece nulla, a noi giovini toscani ci garba tirare la merda addosso a tutti, ma della musica pare un gliene freghi nulla a nessuno, nemmeno a chi la fa.

I’ discorso sarebbe lungo, ma parecchio lungo; talmente incasinato che mi ci vorrebbero paginate intere di BASTONATE pe’ vedere di levarmi un ditino di hulo sull’argomento. Dunque principierei col dire che la quistione musicale delle mi’ parti, come quasi in tutto lo Stivale, l’è più che altro un problema di pubblico, ma non solo: i’ fatto è che siamo proprio in pochi ad avere ancora in noi i’ vero senso dell’indignazione, di’ teorema della bestemmia libera applicato alla musica.

Vi fo un esempio, così ci si chiappa al volo.

Se io sorto di casa il venerdì sera e vedo che in un lohale d’una città a caso sona un gruppo qualunque di gente ganza, brava, che fa della musica bona pe’ davvero, pe’ giunta in italiano, la prima cosa che mi garberebbe fare è andare a sentirli.

Ora, pe’ comodità chiamerò la città AREZZO e i’complesso lo rinominerò, pe’ i’ piacere della semplicità, GAZEBO PENGUINS.

Dov’ero rimasto? Ah sì: ci sono i GAZEBO PENGUINS ad AREZZO. Ragazzi, che si fa, si va a sentirli o no? Ci si va di corsa, altro che seghe! Insomma, uno arriva lì e s’immagina che un pochina di gente ci sia, ad ascoltare questi ragazzi. No, macché: tu arrivi presto, diciamo poco prima dell’inizio della serata e semo du’ gatti. Un’arriva nessuno nemmeno a piangere in albanese; però uno normale, in cor suo, pensa che almeno un’ottantina di cristi prima o poi arriveranno. Magari ci sta che qualcuno si sia perso pe’ la strada. Invece, nulla, comincia i’concerto e a sentire pare ci siano sempre i soliti visi già visti in quell’altre date etrusche di’gruppo. E allora lì tu ti metti a sentire la musica e sei contento, perché l’bella, perché ti garba: il concerto spacca i’culo come ai’solito, loro ti gasano abbestia come sempre.

Ma alla fine, quando vedi che al bachino de’ dischi e delle magline siamo in una decina, ti piglia così male che t’avresti la voglia di prendere in ostaggio un’intera cover band di De André e poi portalli in Curva Fiesole vestiti da Juventini. Perché se una sera ci son cinque bischeri che fanno le cover di De André allora l’è pieno di gente, accidenti a quel cristo che l’ha voluto morto. Perché se una sera c’è uno che mette dei dischi che fanno cacare anche a chi l’ha fatti, tipo l’ultimo degli Stokes, pare facciano i mugoloni a ufo, da quanta folla tu ci trovi. Perché se capita che ci sia un gruppo che fa piangere merda anche ai’signore benedetto e santo da quanto un si può sentire, ma il cantate l’è bellino e allora raccatta più fihe d’un ginecologo, allora c’è da fare la fila per andare a sentilli sonare. E di solito questi sono i peggio di tutti, le peggiori braccia sottratte alla vendemmia, strumenti levati alla musica decente, non dico i FUGAZI ma roba decente. No, loro no: certi testi che se li metti accanto al tema d’un bambino dell’elementari, ti vien da preferire il cittino; musica inutile, perché una cosa va ricordata a tutti: la musica inutile l’è di morto, ma di morto peggio di quella brutta. Peggio anche di quella musica a cui garberebbe essere politicizzata: qui’folk riempito di slogan che nemmeno i’mi nonno nella lotta partigiana, ideologicamente ferma in una sezione del PSIUP di Lamporecchio nel ’63; che canta BELLA CIAO ma in realtà vorrebbe solo dire BELLA TOPA.

Ma i gruppi che a un certo punto ti tirano fori «chi non salta Berlusconi è»? Ragazzi, si sa che dalle nostre parti semo più o meno tutti più rossi di’foho, ma queste cose non me le fate, accidenti alle maiale delle vostre mamme; non me le fate perché la prossima volta vengo a sentirvi con addosso la maglina di Casa Pound con la tartaruga, un sto ruzzando.

Perché, dio meraviglioso e serpente, se vo alla FLOG a Firenze e ci sono i DIAFRAMMA (i DIAFRAMMA, capito brutti strulli?), mezza gente arriva per sentire un Dj – Set dove passano lo Ska più merdoso e trito mai concepito?

Gliel’ho detto a Kekko: posso andare avanti per ore con queste cose. Tipo: perché se vo a vedere BILLY BRAGG o i MASSIMO VOLUME ci trovo solo capi bianchi? Perché se vo a vedere i MUDHONEY a Firenze ci son tre donne ma ai VERDENA l’è talmente pieno che c’ho la necessità di chiamare l’autombulanza?

Io so’ consapevole che i’problema un sia solo nostro, della Toscana; che i problemi ce li hanno tutti e che se i’casino fosse solo questo allora sì che si starebbe tutti come dei Papi emeriti e tanti saluti ai’ Nuovo democristo che avanza. Però io vivo qui, i concerti provo a vederli tutti qui, e se metti caso una volta mi capita di tornare a risentire i’solito complesso – che richiamerò, per analogia, GAZEBO PENGUINS – in una città non toscana a caso – che pe’ brevità chiamerò BOLOGNA -, perché il locale l’è tutto pieno che pare ci sia il Derby dell’Appennino?

Come mai in Toscana un si capisce un cazzo? Come mai se si chiamano i MARLENE KUNTZ a suonare a uno stadio comunale ci vengono in cinquanta e i MODENA CITY RAMBLERS fanno la piazza piena? Come mai le donne che vanno a vedere gruppi come quest’urtimo c’hanno i capelli unti e di sicuro gli puzza anche la passera?

Ma questa l’è un’altra storia, ragazzi, e ne sentirete ragionare presto, molto presto.

Intanto, lo sapete in do’ vo? Vo a fare i biglietti pe’ i MASSIMO VOLUME: dice ci verrà parecchia gente, dice.

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Marco Renzi (Pallino)