L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 18-24 luglio 2011

e noi pure.

 
Stasera e domani per chi ne ha da spendere c’è da fare la spola tra Filippo Re e Bolognetti: hip hop francese da una parte e blues tirolese (con reading di Giovanni Succi in apertura) dall’altra oggi, e Dirk Hamilton contro Ex-Otago (che, e non ci stancheremo mai di ripeterlo, un tempo che mai come ora sembra ere geologiche fa erano un gruppo da devozione totale) per domani, il tutto gratis e ad orari che al confronto le galline vanno a letto tardi. Mercoledì dubbio amletico divorante: delirio 8-bit metal a Faenza + coda con gli Yacht (o come cazzo si scrive) gratis al Museo delle Ceramiche (tutti i dettagli nel flyer più sotto), oppure delirio street punk/grind al Nuovo Lazzaretto con Lobotomia per la prima volta in Italia e Total Chaos (dalle 22, portate l’ossigeno e i sali minerali)? Intanto mi metto avanti e inizio già da ora a cucire toppe degli Amebix sul mio giubbotto di ecopelle sbrindellato. Giovedì ancora ping-pong Bolognetti-Filippo Re: il nuovo fenomeno pitchfork-pilotato Washed Out da una parte, i giovani di belle speranze Yo Yo Mundi dall’altra. Venerdì l’overdose: Death By Stereo al Blogos (dalle 20, quindici euro), Avi Buffalo al bagno Hana-Bi a Marina di Ravenna, il guitar-hero lesbico Kaki King a Filippo Re, e pure le CocoRosie a Ferrara per i più temerari. Sabato è il giorno degli eroi: Sepultura al Rock Planet, Joanna Newsom e Josh Pearson a Ferrara e Lou Reed a Sogliano al Rubicone. Basta la parola.
Da venerdì a domenica al Centro Polivalente United Sport scatta We Love Vintage; ogni giorno dalle 15 a mezzanotte (domenica dalle 11 a mezzanotte) mostre, mercatino vintage e concerti a nastro, il tutto a cinque pidocchiosi euro compresa una consumazione. Siateci.

 

MATTONI issue #16: MOGWAI

 
A differenza degli ultimi due dischi (che a loro tempo sono finiti a prendere polvere dopo pochi e frustranti ascolti) Hardcore Will Never Die, But You Will mi è piaciuto molto e da subito. È un disco di cuore fatto per gente con un cuore, roba sincera per stare bene soffrendo (più o meno, a seconda di quanto sia sviluppata la vostra capacità di provare emozioni), magari senza picchi stratosferici tipo May nothing but happiness come through your door o 2 rights make 1 wrong, ma anche senza un pezzo che sia meno che buono; il che è già di per sé un piccolo miracolo considerando che stiamo parlando di un gruppo al settimo album – più qualche dozzina tra singoli, EP e split quasi sempre esaltanti – che almeno fino al 2006 è riuscito a mantenere una media qualitativa elevatissima, e soltanto da allora sembrava essersi avviato verso un comunque apprezzabile auto-karaoke funzionale se non altro a (continuare a) giustificare la loro presenza sui palchi di locali e festival e in generale ovunque ci siano persone disposte a pagare per farsi triturare i timpani dalla live band più fragorosa del mondo dopo Dinosaur Jr e Manowar.
Oltre al solito gioco di rimandi condotto con il solito incomprensibile senso dell’umorismo da dissociati irrecuperabili (San Pedro, probabilmente in omaggio ai Minutemen, è il brano più corto del disco; l’ultimo pezzo si chiama You’re Lionel Richie ed è aperto da un delirante sample dove un tizio declama cose in italiano stentato), e al tutto sommato innocuo peccato veniale nell’intitolare un pezzo White noise (peraltro neppure il più ‘rumoroso’ del lotto), Hardcore Will Never Die, But You Will si segnala per la presenza, nell’edizione limitata in doppio cd o doppio vinile con download card, di una traccia di 23 minuti, Music for a forgotten future (the singing mountain), che se la memoria non falla è il brano più lungo mai inciso dai Mogwai (My father my king ne durava “solo” 20). Scritto e pensato come colonna sonora per un’installazione dal titolo “Monument for a Forgotten Future”, il pezzo (quasi del tutto privo di batteria) rivela un’inedita propensione alla grandeur da kolossal hollywoodiano con gran dispiego di violoncelli, viole e violini utilizzati come mai prima d’ora. Per i primi quattro minuti pare un loop preso a caso dalla colonna sonora di Brokeback Mountain, poi spunta un carillon tristissimo, da orfanello perso nella neve, che introduce a un nuovo gran lavoro di archi austeri – tastiere e chitarre moderatamente sferraglianti lasciate molto in sottofondo – non arrivasse a un certo punto un vibrafono sembrerebbe roba del Kronos Quartet giusto un pelo più allegra; s’insinua di nuovo la chitarra dolente in puro Mogwai style ma pacificato, duetta mestamente con il vibrafono poi lascia perdere, rientrano gli archi, una nenia funeralesca dove piange anche il cadavere. Al dodicesimo minuto un piano maestoso, pulviscoli di feedback come ruggine sgorgante dagli amplificatori, una chitarra stridente che sembra il lamento di un androide mentre ascolta Enjoy the silence dei Depeche Mode, un crescendo da colonna sonora di Danny Elfman subito azzoppato dall’incedere monco e montante di chitarre basso tastiere e finalmente qualche tocco di batteria, sembra il pezzo di Mr. Beast messo alla fine di Miami Vice ma meno epico e infinitamente più disperato, di quel momento in cui la disperazione si trasforma in rassegnazione, che è come dire il peggio del peggio. Non dura molto comunque: la musica si spegne all’improvviso lasciando spazio al gracchiare elettrostatico della radio quando si è persa la frequenza, poi tornano su gli archi, ma timidamente, sullo sfondo, una progressione ciclica che sta in mezzo tra il Philip Glass quasi totalmente neutralizzato delle colonne sonore miliardarie e ancora il Kronos Quartet dopo un’overdose di barbiturici, poi di nuovo il gracchiare della radio per un minuto, come a dire fine delle trasmissioni. Qualunque sia la vostra opinione sui Mogwai altri come loro in giro non ne trovi.

 

 

L’agendina dei concerti: richiamino.

una valida alternativa all'egemonia delle vuvuzelas.

 
Spuntano fuori nuovi appuntamenti a Bologna, da aggiungere alla già strapiena agendina dei concerti di questa settimana. Oggi pomeriggio c’è Hugo Race gratis in Piazza Verdi; dalle 18 in poi. Poi tutti all’XM24 che tanto non si accavallano gli orari. Domani sera, per chi non ne ha mezza di andare a sudare in mezzo a centinaia di stronzi per LCD/!!! a Ferrara, e magari ha voglia di sentire del jazz coi controcoglioni eseguito da uno tra i più grandi luminari viventi della materia, al Festival di Santo Stefano c’è il mitico Franco D’Andrea al piano solo per una performance nel segno di Thelonious Monk.
Sabato e domenica a rischiarare il weekend di chi resta in città e predilige i suoni drogati ci pensa il Modo Infoshop con una doppia da ringraziare di avere un paio di orecchie funzionanti: si comincia sabato dalle 20.30 con concerto + seminario di didjeridoo del veterano Gianni Placido, che presenterà il nuovo CD Ab Origine con una performance dal vivo suonata con più didjeridoo e basi elettroniche. Roba da far schizzare il cervello direttamente su Plutone, e senza nemmeno bisogno di ingurgitare alcunchè di psicotropo! Il Paradiso, praticamente. Domenica invece l’appuntamento è alle 19.30 per un solo show in compagnia del sax del gigante Katsura Yamauchi (date uno sguardo al suo mostruoso curriculum poi ditemi se non vi tremano i polsi); c’è anche il tempo di mangiare un boccone prima dei Dysrhythmia all’XM.