Prima regola del giornalista musicale: mai fare marcia indietro. Considerato il fatto che i pezzi sono buoni o cattivi se contengono informazioni corrette o sbagliate in merito al disco, cambiare idea su un gruppo/disco può rivelarsi fatale. Quando uscì Black Gives Way to Blue pensai che fosse il peggior disco mai concepito da un gruppo grunge, estendendo la definizione a qualsiasi gruppo abbia in catalogo un disco nella prima metà degli anni novanta e almeno un componente si sia mai fatto vedere in pubblico con una camicia a quadrettini. Come tutti, naturalmente, l’avevo deciso qualche mese prima, alla notizia che gli Alice in Chains avevano reclutato un nuovo cantante il cui nome al momento non ricordo ma è nero e di cognome fa tipo DuQualcosa –così di primo acchito direi James DuVal, che però 1 si scrive con la V minuscola e 2 in realtà è quel mezzo cinese che faceva i film di Gregg Araki e che non voglio sapere che fine abbia fatto per ricordarlo così, puro e innocente e l’attore maschio più figo della sua generazione. Torno in argomento: Black Gives Way to Blue faceva schifo a tutti per l’idea alla base del disco, cioè che Jerry Cantrell e gli altri potessero permettersi di fare musica a nome Alice in Chains nonostante avessero passato sette anni della loro esistenza a produrre una dozzina di best-of invece che un solo disco di inediti. E soprattutto, ovviamente, che si fossero rimessi in pista senza Layne Staley. Il fatto è che dopo qualche mese il disco nuovo degli Alice in Chains stava ancora lì a girarmi nello stereo, complice anche la cosa che una canzone fosse stata utilizzata in maniera proficua all’inizio della quarta serie di Californication. BGWTB suona bene perché suona bene e perché pur essendo molto contemporaneo è anche molto Alice in Chains. In generale sarebbe un problema quello di avere un gruppo vecchio di vent’anni che aggiorna il suono a quello che va più di moda sul mercato (liscissimo e ribassato), ma c’è anche da dire che quel suono è stato sostanzialmente coniato ex-novo all’interno di dischi tipo il Cane e che BGWTB ne sembra in qualche modo un contributo. E ha questa patina un po’ anonima da basso profilo che a conti fatti è un buon modo per far uscire fuori le canzoni, che alla prima mezza dozzina di passaggi sembrano roba abbozzata e per nulla incisiva; il fatto che il cantante sembri una specie di corista buttato in mezzo al palco a non-fare scena e faccia suonare il tutto più anonimo funziona molto di più di quanto io stesso mi potessi aspettare di primo acchito. Se riascolti Boggy Depot e Degradation Trip, tra l’altro, ti rendi conto che Cantrell avesse un piano molto tempo prima che chiunque se ne accorgesse, e che tutto sommato i nuovi Alice in Chains possano suonare come un trionfo della sua visione. Tutto il resto l’ha fatto il revisionismo storico intorno al gruppo e alla figura dell’ex-cantante, che ho scoperto di non sopportare un paio d’anni fa. Non sopporto più Layne Staley.
Avete mai avuto una discussione su internet in merito agli Alice in Chains dopo la morte di Layne Staley? Io sì, perché è il modo in cui mi piace perdere tempo. Gli Alice in Chains, in vita, erano un gruppo rock molto pesante reso digeribile dal fatto di essere arrivato sul mercato nel momento giusto, e da un cantante che aveva trovato un modo di esprimersi che non s’era sentito da nessun’altra parte prima E in qualche modo riusciva a rendere pezzi metal molto spessi tipo Dam that River decodificabili da quasi chiunque. Di questo gliene va dato sicuramente atto. Il problema è che ha fatto nascere, soprattutto a posteriori, una generazione di neo-appassionati fissati con l’estetica del rock alla Virgin Radio e convinti che si possa essere iper-fanatici degli AIC senza avere in casa nessun disco (boh) dei Black Sabbath. Li riconosci abbastanza bene in giro: adorano Dirt e Jar of Flies, malsopportano il Cane (il Cane sarebbe il disco omonimo del 1995, giusto per capirci; venirmi a dire che il Cane non è un granché non vi renderà simpatici ai miei occhi), si riferiscono al cantante chiamandolo Layne come se fosse loro cugino e parlano degli altri membri del gruppo (compreso il chitarrista) come di un branco di cicisbei che hanno avuto il culo di fare da backing band al più dotato crooner della sua epoca, qualsiasi cosa voglia dire crooner. Voglio dire, una volta un tizio mi disse (giuro) che Staley era più determinante per gli AIC di quanto Kurt Cobain lo fosse per i Nirvana. A capo senza motivo.