Archivi tag: anche se ogni giorno ci tocca ricominciare daccapo
Paura.
Quando è uscito Sex, Love & Rock’n’Roll sono andato a comprarlo la mattina stessa e mi sono deciso ad ascoltarlo almeno una settimana dopo (o anche oltre, ora proprio non riesco a ricordare): l’ipotesi che un solo secondo di musica alle mie orecchie potesse suonare fiacco rispetto ai dischi precedenti era qualcosa che al solo pensiero mi dilaniava e che probabilmente avrei preso peggio della morte di un parente. Sex, Love & Rock’n’Roll è un capolavoro e io avevo perso una settimana o più di ascolti per la mia vigliaccheria, ma ora che il nuovo dei Social Distortion è uscito in streaming libero non riesco a evitare di ricadere nello stesso comportamento; il link c’è, esiste, ma ho paura di aprirlo e non lo aprirò, così come quando è uscito il primo singolo mi sono rifiutato di ascoltarne anche una sola nota. Recensioni ce ne sono già in giro e parecchie, ma non ne ho letta manco mezza né intendo iniziare ora. Lunedì vado a comprare il disco, poi si vedrà. Dire che lo attendo come Cristo attese il terzo giorno dalla sua morte sarebbe sminuire la portata che Mike Ness riveste nella mia vita.
FOTTA: Supersilent 10
La rubrica FOTTA parla di dischi che non abbiamo ancora ascoltato -ma che con tutta probabilità faremo a breve. Consiste nella traduzione via google translator degli articoli scritti in lingua straniera. Il primo disco è il nuovo Supersilent, uscito su Rune Grammofon una dozzina di giorni fa.

selvaggio restyling grafico
SvennEvenn
Super Silent è abbastanza tranquilla ai Silent Super 10 (Rune Grammofon)!
Mentre Helge Sten, Ståle Storløkken e Arve Henriksen suonava l’organo in ogni Supersilent 9, sono indietro con i loro strumenti solito qui, ma in più vanno con il pianoforte acustico a coda! 10:3, che è una delle piste più lunghe (6 minuti), mi fa riflettere sulla registrazione ECM vecchia Ho sentito simili su. Alle 10:05, infine crepita elektronkken correttamente, mentre la splendida 10:08 (tracce chiamato così!) Potrebbero essere a piedi in uno degli album solista di Arve Henriksen.
Un confortevole, piatto semplicemente bello!
Oslopuls
Arve Henriksen suona il suo meglio nel Super Silent. Tutte le tendenze zuccherino tenuto a distanza, e la tromba è un personaggio forte lirica. Il fresco, arieggiato tendenze in Supersilent è accaduto anche nel controllo da frasi Helge Sten informato e non viene influenzata da un lydbank con il rock al prestito.
Fortunatamente, di fronte alla band e, a gran voce i lati Carbone fuori. Storicamente, è all’interno di queste, nelle manifestazioni d’ombra di una pressione costante pulsante, il Super Silent via.
Praticamente mai
Il trio non praticata, ma si incontrano per concerti e registrazioni. I tre, apparentemente mai discutere la musica con l’altro neanche. L’intuizione è in buone condizioni il Super Silent.
Musikk fra Norge
Come indica il titolo, questo è il Super Silent suo decimo album dal 1997 (se si conta il loro debutto tre CD enkeltsående, ma viene rilasciato un CD triplo). Un repertorio impressionante che è di sentire nel estratti del concerto. L’ingresso è gratuito con l’acquisto del biglietto del museo. Super Silent svolge anche il festival punto, in particolare il College Theatre di Kristiansand 4 Settembre.
(Traduciamo anche la cartella stampa di Rune Grammofon)
Fin dall’inizio 13 anni fa Supersilent si sono sempre spostati in avanti con la massima integrità. Nessun album, o anche concerti, lo stesso suono, ma c’è sempre un regalo di firma forte. Così anche con questo album. Prevalentemente registrati da Jan Erik Kongshaug al famoso Rainbow Studio di Oslo, questa era la loro prima seduta dopo LEF batterista Jarle Vespestad la band. Questa volta hanno spostato leggermente verso un paesaggio più acustico con Ståle Storløkken, per la prima volta con i Supersilent, suonare il pianoforte a coda. L’album contiene anche alcuni di entrambe le band e Arve Henriksen momenti più belli e lirici cupamente fianco a fianco con alcuni dei loro paesaggi sonori più inquietante. Viene altamente raccomandato.
la musica che sentiamo come nostra, quella che ci aiuta ad essere migliori.
The Ex & Brass Unbound with Mats Gustafsson, Roy Paci, Ken Vandermark & Wolter Wierbos with support Zun Zun Egui
Venti minuti coi quali passare il weekend.
Grazie a Enrico, prezioso vicino di casa convertitosi all’avant in tempi non sospetti.
(naturalmente diamo per scontato che gli Ex non abbiano bisogno di presentazioni, ma fa sempre molto bene linkare Steve Albini mentre tiene il più bel discorso mai pronunciato al di fuori dei film scritti da Shane Black)
Badilate di cultura: Michael Rooker
A dare uno sguardo alla sua pagina Imdb in questi giorni, si legge che Michael Rooker è coinvolto in dodici progetti (undici film e un TV-movie) di prossima uscita. Ne ho aperto uno a caso: Matadors, con Stephen Lang, Kiele Sanchez e David Strathairn, regia di un vecchio leone della B più fiera, quell’Yves Simoneau che più di tre lustri fa mi traumatizzò con l’efferato e prevaricatore La Notte della Verità (thriller estivo da cinema di periferia come non ne fanno più, con il pisellante Peter Gallagher e una scombinatissima Jamie Lee Curtis da brividi freddi lungo la schiena). Ne apro un altro: Hypothermia, scritto e diretto da tale James Felix McKenney. Questo è in post-produzione quindi le informazioni ancora scarseggiano, ma scorrendo parte del cast non posso fare a meno di notare la presenza di Blanche Baker, terrificante matrigna sadica nell’insostenibile The Girl Next Door. E ancora: Atlantis down, temibile epopea sci-fi da sala parrocchiale deserta, dove Rooker veste il doppio ruolo del padre e dell’alieno (…); Super, ritorno al cinema di James Gunn dopo lo strabordante bagno di sangue citazionista di Slither (che pure vedeva Rooker protagonista assoluto); Bolden!, con l’inquietante Jackie Earle Haley, e il personaggio di Rooker che si chiama “Pat McMurphy”, come Jack Nicholson in Qualcuno Volò sul Nido del Cuculo; financo un film intitolato Pure shooter (dove Rooker interpreta il “coach Miller”), che se l’uomo avesse fatto il regista invece che l’attore sarebbe la storia della sua carriera racchiusa in due parole.
Michael Rooker è il mio attore preferito, da sempre. La folgorazione è stata immediata, da quando nella torrida estate 1992 sognavo Henry: Pioggia di Sangue (ne avevo letto un’estasiata recensione sulle colonne di cinema del “Punitore“), impossibilitato alla visione perché il film era vietato ai minori di 18 anni. Henry (che nel resto del mondo era uscito sei anni prima, nel 1986) è la fulminante partenza in pole-position del semiesordiente Rooker (prima soltanto una particina nel pilota di Crime Story, dove – manco a dirlo – impersonava il “luogotenente”): corporatura massiccia, mascella quadrata e uno sguardo che perforerebbe il titanio, Michael Rooker pare uscito per direttissima da una striscia di Chester Gould. I primi anni vedono le quotazioni dell’uomo in costante, vertiginosa ascesa: dopo qualche comparsata di riscaldamento (in Poliziotto in Affitto, con Burt Reynolds e Liza Minnelli, e La Luce del Giorno di Paul Schrader), esplode nel vibrante di sdegno antirazzista Mississippi Burning, a fianco di Gene Hackman e Willem Dafoe. Nel 1989 è in The Edge, TV-movie del figlio di Elia Kazan, e nel giro di pochi mesi lavora con Michael Mann (Sei Solo, Agente Vincent), Al Pacino (Seduzione Pericolosa) e addirittura l’überintellettuale Gosta-Gavras (l’invero avvincente nonchè piuttosto serrato Music Box – Prova d’Accusa). Ancora sulla breccia nei due anni successivi: in Giorni Di Tuono è il rivale di Tom Cruise, ‘Rowdy’ Burns, personaggio intriso di chiaroscuralità gay come soltanto Val ‘Iceman’ Kilmer nell’analogo Top Gun. Nel mastodontico JFK di Oliver Stone è addirittura co-protagonista, braccio destro del titanico e arringante Costner (sopraffatto dai nervi, mollerà poco prima della tirata di ventisette minuti sulla pallottola magica): è il picco massimo della sua carriera, in termini di popolarità e rispettabilità mainstream. Ma non è il suo gioco. Non è quello il suo campionato. Lo dimostra nel 1993, compiendo le sue prime scelte davvero radicali, scegliendosi le compagnie che più gli aggradano: nello specifico, George A. Romero per La Metà Oscura (Rooker è il collerico sceriffo che dà la caccia al mefistofelico Timothy Hutton), Renny Harlin per l’action ad alta quota Cliffhanger (futuro evergreen dei videonoleggi prima e di Italia 1 poi) e il sovrano della B di un certo livello George P. Cosmatos (Cassandra crossing, Cobra, Leviathan) per lo sgangherato Tombstone (assieme a eroi del tenore di Kurt Russell, Val Kilmer, Sam Elliott e Powers Boothe per dire soltanto i primi che mi sono venuti in mente). Ma il turning point vero si compie nel 1994: è infatti il personaggio di Jonah Mantz, l’irascibile poliziotto corrotto protagonista del fondamentale Uno Sporco Affare, a garantirgli l’immortalità nella produzione da videonoleggio passata, presente e futura. La sua interpretazione carica di rabbia repressa troppo a lungo diventa istantaneamente un marchio di fabbrica, tale da accostare Rooker, nell’immaginario collettivo, a bestie da distretto del calibro di Ray Liotta, Brian Dennehy o David Caruso (altri golden boys del videonolo con precedenti mainstream più o meno duraturi – Liotta lavorò perfino con Scorsese). Una scelta di campo talmente radicale che, da allora in poi, gli “straight-to-video” e la televisione rimarranno il suo esclusivo pane quotidiano: Rooker attraverserà il resto dei novanta e gran parte del decennio da poco conclusosi zigzagando amabilmente tra Z-movies più o meno beceri e praticamente qualsiasi serie televisiva che implicasse poliziotti, avvocati o quant’altro (CSI, JAG, Numb3rs, Thief, Crossing Jordan, Law & Order, ma pure fulminee incursioni in Tremors, Lucky, Stargate SG-1 e un sacco di altri), fino all’inaspettato recupero da parte del grande Doug Liman in Jumper che è storia recente.
Da sempre e per sempre il più grande eroe della serie B assieme soltanto al mitico J.T. Walsh, autentico corpo votato alla marginalità da VHS come ormai, purtroppo, non ne esistono più.
badilate di cultura: THE EXPENDABLES
Il trailer più rock dell’ultimo decennio è -curiosamente- il miglior trailer del decennio. Altrettanto curiosamente, con tutta probabilità è un trailer carbonaro.
Dentro ci sono
- frasi qualunquiste giustissime scritte con gli stencil militari
- il film che attendo con più speranza dai tempi di Eyes Wide Shut (allora ero giovane, mi perdonerete)
- l’introduzione di Tannhauser/Derivè
- I Get Wet di Andrew WK
- tutti gli uomini che starebbero nell’Iliade se la scrivessero oggi.
Citando Nanni Cobretti, da cui abbiamo rubato la notizia, “è talmente definitivo che pare fotocopiato dritto dalla mia testa”.
Signore e signori, THE EXPENDABLES.