L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 10-16 ottobre 2011

 

 

Lunedì e la settimana potrebbe già finire stasera: dalle 22.30 all’XM24 sfileranno nell’ordine la leggenda semovente Rikk Agnew con band al seguito a riproporre tutti i classici immortali delle band in cui ha militato diciassette secondi per poi andarsene affanculo sbattendo la porta (particolare non da poco: quelle band si chiamano Social Distortion, Adolescents, Christian Death e D.I.), gli spinellanti canadesi Barn Burner (heavy metal come lo suonerebbe Roky Erickson) e gli allegroni transalpini Celeste (ecco un gruppo che ama molto il genere umano). Non è una di quelle barzellette con un francese, un tedesco e un italiano ma il concerto più fulminante degli ultimi millenni, oltretutto a meno di una manciata di spiccioli (ingresso quattro euro); chi non viene è un povero fesso! Domani un cazzo di niente, ma se volete si può organizzare un torneo di scoregge con il mio microfono da quattro euro ad amplificare, fate sapere. Mercoledì ricomincia MeryXM dopo l’anteprima di due settimane fa: aperitivo, presentazione libro, cena e dalle 22.30 Egle Sommacal dimostrerà come John Fahey sia stato e sempre sarà il più grande chitarrista ad aver mai calcato il suolo terrestre; se invece è del casino che volete, magari introdotto da svarioni lessicali che in confronto il Burroughs de La Macchina Morbida stava a posto col cervello, ecco per voi MoHa! + Zona MC al Grottarossa di Rimini (clicca Qui per il flyer). Giovedì almeno per ora non pervenuto. Venerdì si piange con i Get Up Kids al Bronson a ricordarci come sia trascorsa in fretta la gioventù e quanto cazzo sia stata penosa e triste; se invece avete avuto un’adolescenza felice non esiste un motivo al mondo per cui dobbiate conoscere Something to Write Home About e probabilmente sarete al Covo insieme alla bella gente a sentire Alan McGee che mette i dischi (dovevano esserci pure i British Sea Power ma hanno annullato). O magari all’Atlantide per gli Acephalix (ulteriori informazioni appena le imparo). Sabato per chi non è a Roma a farsi manganellare dagli sbirri la scelta sarà tra gli Onyx al Tpo (dalle 23, quindici euro), i Meteors al Fillmore (dalle 21.30, tredici euro che non potrebbero venire spesi meglio se volete sapere la mia) o gli Uriah Heep al Rock Planet (dalle 23, venticinque euro); insomma, largo ai giovani… e domenica pure, con i Faster Pussycat al Kindergarten (dalle 20, prezzo misterioso). È il 2011.

STREAMO: J Mascis – Several Shades of Why (Sub Pop)

Dieci anni fa andava di moda criticare il download illegale perché finivano su Napster versioni demo di certi brani non ancora completati. Oggi, nel mercato indie che conta, è quasi scontato anticipare il disco in uscita con qualche assaggio, mettere in piedi una campagna di download gratuiti e magari mandarlo tutto in streaming a qualche giorno dall’uscita. Quindici anni fa i gruppi indie firmavano per le major allo scopo di far distribuire la nostra musica quanto più capillarmente possibile, oggi che la musica la puoi scaricare ovunque gratis e senza problemi questa cosa della distribuzione capillare non sembra essere più una priorità per nessuno –anche se rimane bene e spesso l’idea di firmare con un colosso perché ci hanno garantito totale libertà creativa, e grazie pure al cazzo.

La critica si è dovuta arrangiare con quel che passava il convento. Per venire incontro alla modernità ha preferito muoversi alla svelta verso un approccio più giornalistico, che si limita a segnalare l’uscita di un disco e magari di dare un parere approssimativo ed apertamente motivato dalla fretta, ed al posto delle riviste con promo a febbraio, recensione a marzo ed intervista ad aprile si è passati ai blog che sviscerano per filo e per segno –anzi, linkano proprio- il disco intero a gennaio. Alcuni lo scrivono anche apertamente: “ho ascoltato il leak, è un disco fatto per durare ed è chiaro da subito” (risposta: VAFFANCULO.). Si può incorrere in qualche infortunio, tipo quella volta che Rumore recensì il disco dei Death Cab For Cutie ascoltando il leak sbagliato, ma un parere giusto fuori tempo massimo è comunque squalificato, e il concetto di fuori tempo massimo contempla un lasso di tempo drasticamente più ridotto di quello dell’anno scorso. La cosa che butta di più al momento sono messaggi twitter di questa fattura:

  • J Mascis #leak #capolavoro
  • @ciucciacalzini WTF? PVT!

e avanti per minuti e minuti, finchè il disco non è stato scaricato da chiunque e messo lì e perfino -con punte che arrivano al 45% dei downloader- ascoltato da qualcuno. Il che vuol dire con tutta probabilità che la prossima incarnazione del tutto sarà davvero imperdibile.
Il nuovo disco di J Mascis è in streaming integrale e lo scopro dai commenti al post sotto. La musica contenuta nel disco era stata anticipata dalle dichiarazioni alla vigilia (chitarre acustiche e poco altro) e da un paio di assaggi che mi avevano scombussolato per due giorni. La musica del nuovo disco di J Mascis è tutta uguale a quella che avete trovato in giro per i network i giorni scorsi, intendo come genere. E molto francamente non sono dell’umore per dare un giudizio definitivo ad un disco che è stato leakkato da una decina di giorni e/o messo in streaming legale da ieri, anche perché non voglio arrivare col fiato corto al momento dell’uscita, cioè fra cinque giorni, quando magari il mondo dell’indie avrà da pensare a tutt’altri cazzi. Quindi boh, lo sto ascoltando in sottofondo e lo tengo come una specie di guilty pleasure nella speranza di riuscire a passare per un negozio di dischi entro la fine della settimana prossima. Per ora riesco solo a dire che tutte le tracce, dalla prima all’ultima, mi stanno facendo il cuore a brandelli. E questa cosa secondo me vuol dire che il disco è buono. Però magari poi cambia.

lo streaming sta qui.

QUATTRO MINUTI: James Blackshaw – All Is Falling (Young God)

 
VIA

Sarebbe anche un MATTONE, non fosse che il disco è diviso in otto “momenti” senza titolo; il regazzino che già ci aveva abbondantemente sfracellato i coglioni con lunghissime suite tra fingerpicking ipnotico di stretta osservanza Fahey e inserti di effettistica alla buona si lascia prendere da manie di grandezza (voglio dire, ancora più del solito) e gioca la carta del minimalismo orchestrale con (tra gli altri) violini, flauto, sax, voce e violoncello. L’effetto globale oscilla tra lo stucchevole, il patetico e il so bad it’s good, anche se l’ultima traccia è molto bella (ma sono solo otto minuti su un totale di 45). Verrebbe da dire: un po’ come l’ultimo degli Swans, ma poi

STOP