No sleep till dopodomani – L’iniqua legge sul prezzo del libro ci costringerà a una notte insonne di selvaggio shopping on line per salvaguardare la nostra peraltro già notevole cultura (aka meno libri meno liberi)

Informato della legge sul prezzo del libro, Sandro Pertini, bofonchiando "Ma chi se li incula", va alla Feltrinelli ed esce con i suoi libri preferiti senza averli pagati. Suona l'allarme, ma che je dici? E' er presidente! (Courtesy of fotomontaggifattimale.wordpress.com)

Se tolgo dal carrello Kripke e metto Krug, ma Shantaram lo prendo in paperback in totale fanno… Uomini, fatevi onore nei vostri ultimi collegamenti ad Amazon.it, perché il trentuno a mezzanotte leggeremo con Plutone. Nel non-clamore generale, dal primo settembre entrerà in vigore la discutibilissima, illiberalissima, lettoripiatevelanderculissima legge sul prezzo del libro, che impone il divieto per Amazon, definita “chiunque” nel testo della legge, di vendere libri con sconti superiori al quindici per cento sul prezzo di copertina. Chi siano le vittime di tutto ciò, più ancora di Amazon che alla fine prevarrà lo stesso perché sono Americani, è tristemente chiaro: i lettori, non però nel comune senso di “clienti delle librerie coi lucciconi che si prendono una guida di Atene e L’uomo che sussurrava agli aquiloni”, ma in quello di quei pochi e poveri stronzi che amano davvero leggere, che comprano tanti libri e non solo best-seller, e lo fanno su Amazon perché la Feltrinelli di merda si rifiuta di vendere qualcosa di più di Saviano (e, nel caso in cui lo facesse, non potrebbe permettersi lo stesso tipo di sconti). La cosa che più di tutte fa impazzire di questa gomitata in bocca alla libera impresa è che la stessa è fatta, ma guarda un po’, in nome di tante tonanti cazzate tipo “la difesa della piccola editoria” (che, sempre ammesso che venga salvata dalla legge, di solito non vale la polvere che i loro libracci prendono nei magazzini dimenticati. Andate alla fiera della piccola editoria di Roma e guardatevi intorno), “la difesa delle librerie” (chiuderanno tutte comunque, stanno solo prolungando l’agonia. Ragazzi, affrontate la verità. Anche di HMV a Londra ne è rimasto uno solo. Deve esserci stato un giorno, alla fine del medioevo, in cui anche l’ultimo negozio di spade ha chiuso), “contro la concorrenza sleale”, addirittura “la cultura”. La cultura! Discorsi tipo che ah, e certo, i libri sono Cultura e la Cultura non la si può svendere, un discorso talmente tristo e solitario nella sua insulsaggine e retorica, per non parlare della sua ignoranza e insensibilità (questa sì) culturale, da farci preferire, a una eventuale Replica Intelligente e Spiegazione dell’Ovvio, un aristocratico arroccamento sui bastioni della Consapevolezza Umana. E, per quanto mi riguarda, una legge del genere la possono pure aver già fatta i francesi da tanto tempo, ma se i francesi fanno le cazzate – tipo impedire il velo per legge, proteggere gli assassini stranieri, violentare le cameriere (e il tutto per non parlare di Robespierre) – non per questo, credo, dovremmo farle anche noi. A proposito di francesi: non esiste guerra che non abbia un’ideologia fondante, è vero, ma quando questa è particolarmente odiosa, il consueto cinismo dovuto alla normale vita di tutti i giorni non aiuta a consolarsi dal fatto che anche un bambino capirebbe che, posto che leggere sia un bene a prescindere e che secondo la nostra cultura è giusto che gli autori siano retribuiti, l’importante è che di libri se ne vendano il più possibile. E non c’è nessuno straccio di motivo convincente a sostegno della tesi secondo la quale chi, editore o libraio, non riesca a far quadrare i conti, debba essere difeso da uno Stato ciccione e dalle sue corporazioni ai danni di chi, invece, le cose riesce a farle. E’ il solito, maledetto discorso sul merito, particolarmente esiziale in campo culturale, che sarebbe anche timidamente ammissibile qualora uno Stato difendesse il suo nuovo Kurosawa, ma qui stiamo proteggendo (o si pretenderebbe che si proteggessero) i Centoautori, la Comencini o, senza spostarci dal discorso, il loro equivalente letterario venduto peraltro, quando dice bene, a quattordici e novanta in edizione paperback-cartadaculo. Chi scrive spera (e crede) che, presto o tardi, persino il nostro arretratissimo paese vedrà un giorno l’abrogazione di questa legge e il ritorno al normale svolgimento degli eventi. Tuttavia, per il momento, la cosa più importante, che ci riguarda tutti, è il compito che abbiamo nelle prossime ventiquattro ore: se metto Dan Brown, e tolgo Bachman… Ma nella wishlist ho Russell…

Mancarone / Stop press / Santo subito: OSAMA BIN LADEN (8 Cha’bân 1376 – 27 Jumâda al-Awwal 1432)

"In tutte le culture umane, la dicotomia bene/male è espressa per mezzo di semplici opposizioni come bianco/nero"

Goodbye Desert’s rose
May you ever grow in our hearts
You were the grace that placed itself
Where lives were torn apart

(Elton John 2011)

This radio station was named Kowalski/
In honour of the Last American Hero to whom/
Speed means freedom of the soul./
The question’s not when he’s gonna stop/
But who’s gonna stop him

(Prima Scream 1997)

C’è sempre grande amarezza quando finisce un’epoca e ci si rivela con rabbia la verità, e cioè che tutti coloro che nasceranno d’ora in avanti, o sono nati in queste ore, vivranno in un mondo comodo comodo dove potranno disporre di saggi e libri (ebook naturalmente) che partono da dati acquisiti tipo la morte di Greenspan, la morte di Saddam, la morte di Bin Laden e la vita di Majorana. Che andranno in vacanza in Viet Now e in Libia come paraculi bastardi mentre noialtri stronzi vivevamo al fronte in un mondo precario di terrore, “Faticando la Vita” – il virgolettato è un mio suggerimento per il titolo di un film di/con Ascanio Celestini, che ho già sceneggiato: Maurizia è una segretaria precaria ed è bella, sta con Giacomo, 52 anni, sposato e con figli, direttore della sua azienda che la illude di darle il posto fisso e poi si rimette con la moglie – Laura Morante – e lei perde anche il lavoro, mostrando così all’occhio invisibile della macchina da presa la corrispondenza tra la precarietà della vita e la precarietà degli affetti e del lavoro. Un film di denuncia con: Alba Rohrwacher (Maurizia), Fabrizio Bentivoglio (Giacomo), e per la prima volta sullo schermo Eleaduse Sacinori (la dodicenne figlia di Giacomo, l’unica che mostra raziocinio in un mondo di adulti-bambini), Laura Morante (Laura), Ascanio Celestini (Pionzo, il matto di quartiere). Con l’amichevole partecipazione di Elio Germano (nel ruolo del ragazzetto che urla in romano per strada).

E insomma è morto Bin Laden: e mentre i forum e i facebooks si riempiono di teorie del complotto di chi ha capito tutto (chi c’è dietro ai rigori in favore della Roma? Dentro i colpevoli, e fuori il nome!) e di chi invece non ha capito niente e ancora oggi sogna un Futuro e una Italia Migliore in cui non contano soltanto le “tette e i culi” ma anche, e soprattutto, valori dimenticati come la passione sociale, la lotta politica e l’amore, l’Amore vero.

[Fausto (Giorgio Pasotti) è un padre di famiglia che all’improvviso perde il lavoro. Sua moglie Irene (Margherita Buy), avvocato in cura neurologica e costantemente sotto psicofarmaci, non si accorge del dramma; solo Giulia (Isabella Ragonese), la giovane tabaccaia, che apre il negozio ogni mattina alle 5, si accorge che Fausto, durante la notte, lavora come clown in un circo rumeno, pur di dar da mangiare ai piccoli Sebastiano e Giuffrina. Quando anche Irene perde il lavoro, Fabrizio è costretto a confessare, in lacrime per l’umiliazione, Irene lo lascia per Giacomo (Fabrizio Bentivoglio) e quando tutto sembra andare in merda Fausto si mette con Giulia e insieme prendono i regazzini e partono col circo rumeno della Signora Badu (Stefania Sandrelli), che tra parentesi mostra in un clima tutto veterocircense e mimo che i rumeni sono molto calorosi e meglio di noi e i bambini sono contenti di accudire alle zebre e di giocare con Gzorbu (Imiliu Dragonescu), mangiafuoco burbero ma in realtà dal cuore d’oro].

E’ morto Bin Laden!, fiaccolata stasera e Colosseo acceso. E’ morto Bin Laden!, e io non ho più voglia di lavorare (bè, manco prima in realtà) o di fare nient’altro che non sia un lungo, compunto applauso alla bara che attraversa in silenzio tutte le strade della Gente Perbene (perciò tutte le strade del mondo ad eccezione di quelle di Washington, Gerusalemme ebraica, Arcore) e di ubriacarmi – di piscio perché l’alcool non si può – e di gridare al cielo che Wojtyla non è il mio Santo! (e forse indosserò anche una t-shirt su questo tema). E’ morto Bin Laden! e io mi sento i Pontiak.

Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. Perciò i ragazzi oggi crederanno che Bin Laden non è morto: è soltanto in trasferta
(Indro Montanelli)