L’agendina dei concerti Emilia Romagna – 27 settembre-3 ottobre

"EEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEHHHHHHHHHHH!!!" (foto presa dal blog di Paolo Liguori)

 
State meditando il suicidio perché oggi e domani c’è il Blasco in città e i biglietti sono andati esauriti sei anni fa? Niente panico e rimandate l’insano gesto: questa sera potrete scegliere tra A Birthday Party Band + Jack & the Themselves al Nuovo Lazzaretto (dalle 22, cinque euro) o i folli Heraclite gratis al Clandestino (dopo aver sentito questi ultimi vi garantiamo personalmente che il vostro cervello finirà in vacanza permanente su Saturno). Poi c’è sempre martedì per farla finita eventualmente, visto che in giro non c’è un cazzo. Mercoledì 29 ancora al Clandestino a farsi friggere quei pochi centri nervosi rimasti in attività dopo gli Heraclite al suono del Legendary Tiger Man (gratis, dalle 22), mentre giovedì 30 tutti ad arrostire cinghiali grossi come elefanti e a tracannare sidro di pessima qualità da corni luridi e bisunti: il gjallarhorn risuonerà in tutto il suo assordante furore bellico intorno alle 19 all’Estragon, in occasione della Heidenfest 2010. Trenta euracci il prezzo per l’ingresso nel Walhalla (valkyrie infoiate non incluse). Per i fighetti in vena di sporcarsi le mani col rock invece ci sono i Black Mountain al Bronson.
Venerdì 1 bisogna veramente tornare in pellegrinaggio al Clandestino per celebrare il manifestarsi di uno dei più grandi eroi di tutta la storia della musica (e dell’umanità): direttamente dal sottoscala degli uffici ormai abbandonati della Skin Graft, ecco Mr. Quintron e tutto il suo sterminato armamentario di strumenti autocostruiti che faranno del vostro cranio una pastosa e coloratissima omelette. Poi per chi è ancora vivo c’è sempre Josh Wink a dispensare le sue bordate di 303 a mitraglia che con il giusto dosaggio di MDMA è la morte sua; al Kindergarten dalle 23.30, metterei anche il prezzo ma quei bastardini non l’hanno scritto (facile che è sulla quindicina).
Sabato tutti a farci del male alla serata Slego remember al Velvet: ad aiutarci ricordare quanto eravano giovani belli e (in)felici ci penseranno il satiro Fiumani con i Diaframma (probabilmente i brani più recenti Pacciani style verranno momentaneamente accantonati a favore di una scaletta più improntata sul reducismo peso), e a seguire Thomas Balsamini dj. Qui tutte le informazioni. Per i b-boys invece, Assalti canta e non manda in letargo le menti dalle 22 al TPO a prezzo non pervenuto. Domenica dovevano esserci gli Hardcore Superstar all’Estragon ma mi sa che hanno annullato; magari è rimasto qualche biglietto per il Blasco al Palamalaguti. Chissà.

Ahleuchatistas (+ dj Balli) @ Spazio SI (Bologna, 8/4/2010)

Altra serata di ardite impalcature sonore e accostamenti estremi al SI courtesy of la longa manus dei folli idealisti di Offset; dopo la triturante accoppiata Ruins-Sabot è la volta dei protégé di John Zorn Ahleuchatistas, opportunamente introdotti dalla tempesta di ultraviolenza psicosomatica generata da dj Balli, fresco reduce dalla sua ultima nefandezza – il folle reading-truffa situazionista “B. Corgan” (pare che a Roma abbia dovuto interrompere la performance perchè sennò gli menavano).
Balli si riconferma – se mai ce ne fosse ancora bisogno – l’incubo peggiore di chiunque da un dj set si aspetti schemi collaudati, moduli rassicuranti o – più semplicemente – pezzi con una struttura. Col cazzo: Balli crea l’esatto opposto, e la delirante mezzora imbastita questa sera non è che l’ennesimo tassello di una storia personale che continua a dipanarsi, inattaccabile per credibilità e convinzione, in perfetto bilico tra caos ragionato e ironia fulminante. Un incubo marinettiano di dischi suonati uno sopra l’altro, campionamenti di lezioni di educazione sessuale estrapolati da obsoleti 33 giri di (almeno) cinquant’anni fa, sfrigolii e repentine sciabolate di rumore in onde corte, il sample loopato di un dialogo tra Bombolo e Tomas Milian in cui il primo sta per mangiarsi un suo stesso escremento (con però sopra un po’ di parmigiano), ondate di bassi spaccabudella, clacson, sibili urticanti e rumori ‘trovati’ di ogni tipo, la puntina fatta girare e saltare sul piatto lanoso agitando il giradischi come se si stesse praticando il massaggio cardiaco a un cyborg, vecchi 45 giri jungle suonati a velocità alterate, versi di animali non identificati, gran finale con riproduzione della lettura della sentenza di assoluzione a Pacciani “per non aver commesso il fatto”. Non è niente di nuovo, ma riuscire a rendere ancora appassionante, divertente e imprevedibile questa roba è da veri professionisti, e questa roba Balli la manda avanti da quasi 15 anni. John Oswald la prenderebbe bene.
Gli Ahleuchatistas salgono sul palco che Balli deve ancora finire di mettere ordine nel macello – da lui stesso generato – di vinili senza custodia impilati uno sull’altro a lato della consolle. Avevano iniziato come trio grindcore, ma quella di stasera è tutta un’altra band; via il basso, un nuovo batterista reclutato nel 2008 grazie a un annuncio su myspace e della formazione originale è rimasto soltanto il chitarrista e mastermind Shane Perlowin. Shane è molto alto, quasi due metri, ha una faccia da venditore di aspirapolveri porta a porta, tiene la chitarra molto vicino al petto stile quinto Beatle però dissociato e al plettro preferisce le dita, che si tratti di fingerpicking rudimentale o di furioso tapping vanhaleniano poco importa; Ryan (il nuovo batterista, quello di myspace) è un bel biondone dell’Illinois paurosamente simile a Emanuele Filiberto con un fisico da fotomodello di biancheria intima, suona scalzo e – come quasi ogni batterista – ha almeno cinque o sei tic facciali diversi che ciclicamente gli devastano i lineamenti. Il loro prog math-rock al tempo stesso arieggiato e ottundente è quel che uscirebbe da un’ipotetica jam tra i mai troppo lodati 1 Mile North e i Don Caballero di 2; dai primi prendono l’amore per i suoni caldi e laceranti e la stratificazione delle chitarre (debitamente campionate e messe in loop tramite una bella serie di pedali), dai secondi la propensione per soluzioni e passaggi particolarmente contorti ed epilettici e il drumming arrembante, virtuosistico senza fartelo pesare, sclerato e jazzmetalloso, ma sono indicazioni di massima. Insieme legano bene, musicalmente e umanamente: si divertono, scherzano tra di loro e col pubblico e suonano con scioltezza pezzi ingarbugliati come uno studio per piano di Rachmaninov facendoteli sembrare roba facile. Soprattutto, si capisce che quello che stan facendo gli piace: tengono banco per quasi un’ora e mezzo, tornano sul palco due volte per altrettanti bis, sudati e stremati scattano foto alla platea e alla fine del concerto sembra veramente di essere stati a vedere gli AC/DC al Coliseum. Poi tutti a fare delle chiacchiere nel cortile del teatro San Leonardo, dove il povero Sean si è dovuto sorbire un interminabile e sconclusionato pippone (mio) su Mick Barr e su quanto sarebbe bello se andassero in tour assieme. Grandi anche nella pazienza.