I Kyuss si sciolgono nel ’95, pochi mesi dopo la release del loro terzo disco (e terzo capolavoro) And The Circus Leaves Town. John Garcia si concentra subito su una sorta di reboot dell’esperienza a nome Slo-Burn, con il quale riuscirà a pubblicare un solo (bellissimo) EP di quattro pezzi. Josh Homme va a fare per un po’ di tempo il secondo chitarrista dal vivo per gli Screaming Trees periodo Dust. Poi i Trees si fermano per dar modo a Lanegan di lavorare a Scraps at Midnight (e a tutto quello che ci va dietro), e non si riformeranno mai più. Joshua torna nel deserto e si mette a lavorare a due progetti: il primo è una specie di collettivo aperto che si ritrova al Rancho de la Luna e registra lunghe sessions di improvvisazione, tutto molto psichedelico e borderline, a cui viene dato il titolo di Desert Sessions. L’altro è una rock band propriamente detta, chiamata Gamma Ray, che comprende inizialmente il batterista Alfredo Hernandez (il sostituto di Brant Bjork nei Kyuss da And The Circus Leaves Town) e seconde scelte tipo Van Conner, Mark Pickerel e Ben Shepherd. Gli altri Gamma Ray chiedono non-gentilmente a Josh Homme di cambiare nome. Il rosso chitarrista opta per Queens of the Stone Age e continua a registrar pezzi in solitaria con Hernandez occupandosi di chitarra, basso e parti vocali. Il disco (senza titolo) esce per Loosegroove (l’etichetta di Stone Gossard) in CD e per Man’s Ruin (Frank Kozik) in vinile. Doveva uscire per Roadrunner, ma c’è un intoppo nei contratti e l’etichetta si limita a distribuire il disco in Europa –da cui il bollino nel dietro del CD che potreste aver comprato ai tempi.
Il disco è PODEROSO, col caps lock e il grassetto. Orfano di un vocalist ingombrante come John Garcia, Josh Homme concepisce una specie di sottogenere musicale ex-novo fatto di canzoni superpop saturate da riffoni distorti anni settanta che rendono le parti vocali quasi inutili, una cosa tipo Sabbath meets Beatles meets Ramones meets sense of humour. La band arruola Nick Olivieri (Mondo Generator, Dwarves e Kyuss) al basso appena finito di registrare, così che il barba pelato finisce nel retro copertina e inizia a suonare dal vivo con la band contribuendo fortemente a creare il culto che li porterà di lì a breve a un contratto Interscope, a un secondo disco (solo di poco inferiore artisticamente e fortunatissimo sul mercato) e a una carriera da mammasantissima del rock (sia stoner che in generale) che finirà per fagocitare Josh Homme in una miriade di luoghi comuni e dischi del cazzo. La prima fase dell’esperienza Queens Of The Stone Age è forse il momento più esaltante dell’uomo, e in occasione della reissue su Domino (aggiunte tre tracce che stavano originariamente nello split con i Beaver e nel più-o-meno split con i Kyuss) il lavoro è in streaming integrale. Nel caso in cui non l’abbiate mai sentito attaccate casse potenti, alzate il volume a palla e liberatevi di ogni rottura di palle.