
"Tenete a Bbertè! Tenete a Bbbertè!!..."
Parte I // Spune-mi ce sa fac (“Spiegami cosa devo fare” in rumeno), di Ashared Apil Ekur (il re assiro, non il redattore)
“Ho dato la mia vita e il sangue
paese e abbiamo bisogno di sparare alla fine
a Dio, le loro preghiere
Giuro, quando sono diventato il padre della fede
due guerre, senza alcuna garanzia di ritorno, solo
Medal of Honor”
(Emma Marrone, “Non è l’inferno”, testo ottenuto traducendolo su Google da italiano a inglese a italiano a spagnolo a italiano a malese a italiano a rumeno a italiano, fino allo svelamento del reale contenuto malavitoso-occultista celato nei versi apparentementi innocenti del BRANO. La procedura per arrivare a questo testo l’ho messa a punto ascoltando Helter Skelter al contrario).
San Valentino ha fatto il miracolo e, guastando dal Cielo il meccanismo di votazione del Festival, ha fatto sì che stasera anche noi sposati potremo riascoltare da capo tutti e quattordici i BRANI (a Sanremo non ci sono pezzi ma solo BRANI, scritti in maiuscolo), senza perderci per strada gli eliminati certi – tipo i Marlene e un misconosciuto cantante qualsiasi, tipo quel Finardi lì.
In attesa della redenzione di oggi, quindi – sono disposto ad assumere anfetamine pur di restare sveglio-, non mi resta che riempire le mie vuote giornate con un report sul nulla a cui ho assistito.
Non ho visto i Marlene (li ho cercati su youtube stamattina, ma poi ho tolto l’audio guardando le sole immagini e pensando nel frattempo al Romanzo Storico come genere in ripresa); non ho visto Emma Marrone (cfr. parentesi precedente); non ho visto Dolcenera (cfr. ecc.); non ho visto Irene Fornaciari (e meno male); non ho visto Arisa, di cui si dicono meraviglie al contrario (in pratica si dicono eilgivarem, e prima di spegnere rabbiosamente tutto considerate che ho dormito tre ore ieri notte); non ho visto, soprattutto, Celentano, Papaleo, le Olimpiadi di Roma e gli abiti delle vallette, tutto ciò, insomma, di cui oggi parla un Paese allo sbando che non ha ancora scoperto il diversivo delle moltov a Syntagma.
Prima che questo pezzo (BRANO) si trasformi in un micidiale articolo del Fatto Quotidiano solo scritto meglio, torno sul pezzo (BRANO) parlando di musica, ancora musica, solo la musica conta e la musica è l’unica vera grande protagonista, e sì, io sono titolato a farlo perché ieri sera, tornando, ho caparbiamente acceso la tv malgrado un sonno d’altri tempi, e ho fatto a tempo ad ascoltare il BRANO di un vecchio vestito di nero con la coda (non ho capito chi fosse, e in ogni caso: du palle), quello di Ninja Zilli – ho scritto davvero così senza volere, e non lo correggo; il BRANO comunque non era né abbastanza sanremese né abbastanza orrendo per essere in qualche modo rilevante -; quello della terrificante coppia Bertè-D’Alessio, nostro vincitore morale finora (un femminiello napopop e un gigantesco Qualcosa, un informe essere rigurgitato dai più oscuri recessi di incubi lovecraftiani, che duettavano su un gelido funk alla Throbbing Gristle fingendo di esibirsi al Festival della Canzone Italiana), e infine il notevole esempio di violenza fisio-psicologica di un Dalla ormai ridotto a pappone di se stesso, che sequestra uno studente e lo manda avanti sul palco tipo pupazzo del ventriloquo a raccontare una compiaciuta storia di frequentazione di mignotte.
Il report completo dei BRANI lo fa qui sotto kekko, che è pagato per farlo; per quanto mi riguarda, stasera guarderò ancora una volta nell’abisso, che guarderà in me, dirige l’orchestra il maestro Vessicchio.
“Clutching forks and knives /
To eat their bacon”
(Anonimo traditional inglese)
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Parte II // Un video degli Unsane e poi dormo, di kekko (il cantante dei Modà, non il redattore)
L’inizio con Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu fa schifo come tutti gli inizi di Sanremo. Dolcenera canta un pezzo senza nessun sottotesto nazo, peraltro sembra non ci sia nessun altro sottotesto. 6.7, il mio cavallo vincente nonostante quasi tutti su twitter stessero urlando PENA E SCHIFO E DISDETTA, questo poco prima di sentire il pezzo di Bersani in botta Tiziano Ferro con un pezzo che parte talmente male da prenotare fin da subito il premio Tricarico. Il premio Tricarico è un premio di incoraggiamento a uno che sembra essere finito sul palco di Sanremo per caso, che prende sempre il nome del vincitore del premio dell’anno precedente –tipo Tricarico aveva vinto il premio Toto Cutugno, etc. Noemi ha i capelli come Maria Antonietta e ricorda un po’ quella cosa che disse Steve Albini, presente no, “sai qual è quella cosa arancione che sta bene in testa agli hippie? LE FIAMME.” A questo punto della faccenda è già finita la possibilità di concepire il Festival di Sanremo come un festival della Canzone, figurarsi della Canzona, e mi sarebbe piaciuto essere il vicino di casa di Infetta o Chiara Ferragni e mettere giù qualche commentino all’estetica, sempre e solo Dolcenera (su Bersani non ho opinioni mie, una su Twitter ha scritto che come sex symbol continua a preferire Pierluigi a Samuele, anche io soprattutto dopo la foto di lui che si scola una IPA da solo in qualche postaccio di Roma). Che poi questa mia cosa sessuale con Dolcenera non mi impedisce di volermi fare in linea di principio anche Chiara Civello, della quale Bastonate era l’unico a sapere TUTTO decenni prima di questo festival, Chiara Civello, la Nicky Nicolai italiana sembra suggerirci Google. In mezzo il gruppo alt-rock anni novanta come ogni anno di corvè a Sanremo, cioè i Francesco Renga in BOTTA stile libero con una linea vocale presa di peso da Pierpaolo Capovilla ed un accompagnamento un po’ melvinsiano, scommessa sicura su un finale vincente e fidatevi di me perché io sono un giurato demoscopico potenzialmente perfetto. La figlia di Zucchero suona come un crossover tra Bianconi e una tizia con le tette grosse a cui batteva i pezzi un mio compagno di liceo (camicione militare verde della pace, insomma) e ha delle mani enormi e sproporzionate e orribili che al confronto quelle di Gianni Morandi sembrano piccole. Fine del festival di Sanremo per me: Torna dentro Morandi, bofonchia due parole, lo vengono a prendere e lui dice una cosa tipo “cazzo succede”, il massimo momento punk del festival. Dopo due secondi metti insieme i pezzi e capisci che è arrivato il momento di Celentano, cioè di spararmi Californication S05E06 (finora la migliore di questa stagione, comunque iper-deludente rispetto agli standard, se Californication fosse finito alla fine della quarta serie sarebbe stato solo un bene). Purtroppo Celentano non ha ancora finito di predicare a fine puntata, quindi inizio a spararmi Trappola di Cristallo. Ho gli occhi gonfi di sonno e il cazzo girato. Riesco a stare sveglio fino ad Emma Marrone e ai Marrone Kuntz: entrambi suonano un pezzo dei Modà, vagamente più ispirato quello di Emma. Alla fine dei Marlene Kuntz Gianni Morandi si avvicina a Papaleo (che per tutta la sera non ha fatto altro che chiedere “dov’è la figa”, essendo entrato solo dopo Dolcenera). Gli dice “senti Rocco? IL ROCK.” Sono esausto. Ho dichiarato la mia sconfitta all’altezza di Bersani e Dio non me la sta rendendo facile. Passo dal tubo e mi sparo un video degli Unsane e poi dormo. Il redattore Ashared Apil-Ekur mi contatta su twitter e mi chiede come sono stati i Marlene Kuntz.
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