dischi stupidi: Trent Reznor/Atticus Ross – The Social Network OST

Antonio Albanese coi capelli

La colonna sonora di The Social Network, il film su Facebook di David Fincher, è stata realizzata da Trent Reznor e Atticus Ross. Atticus Ross, per chi se lo stia chiedendo, è il primo vero e proprio  collaboratore fisso di Trent Reznor da tipo SEMPRE, coinvolto in tutti i progetti dell’artista (ivi compresi quelli fortunatamente abortiti). Il suo coinvolgimento inizia ai tempi di With Teeth, il che significa che Atticus Ross sembra poter essere uno dei tre principali responsabili della fine artistica dei Nine Inch Nails durante l’ultimo decennio. Gli altri due, ovviamente, sono la fine (alleged) della tossicodipendenza di Trent Reznor e la scoperta che con un computer cazzutissimo potevi davvero farti tutto il disco a casa tua invece che a casa di Sharon Tate. Anyway, a memoria sembra la prima volta in cui Ross compare come coautore nella costoletta del CD.

Questa notte ci sono stati i Golden Globe. Sull’onda del successo di critica The Social Network si è beccato quasi tutti i premi disponibili compresa appunto la colonna sonora. Va detto che il film è carino. Non il capolavoro che dicono in giro, ma un bel compromesso tra old-skool hollywoodiana, cinema di David Fincher, giovanilismo e risvolti omo con un casino di trucchetti da fan di Hitchcock postmoderno, a buttare benzina sul fuoco di una vicenda in sé e per sé molto pallosa.

La musica sembra un’appendice cinematografica di Ghosts I-IV. Ghosts I-IV, che è sicuramente il loro lavoro più significativo uscito negli anni duemila, consisteva in un processo di spersonalizzazione in fieri della mente dietro la musica -probabilmente il suicida di The Downward Spiral, in persona- che si lega ad una sorta di intelligenza artificiale ugualmente suicida e cerca di piazzare momenti di personalità estemporanei all’interno di un flusso di suono puro. Il tutto può essere ricondotto ad ogni teoria del suono uscita fuori da Berio in poi, naturalmente, e i fan dei Nine Inch Nails hanno di bello che è DIFFICILE farli smettere di elucubrare quando han preso l’onda. La colonna sonora di TSN cerca di adattarsi allo stesso processo di spersonalizzazione e fare i conti con una dimensione in più, le immagini in movimento. Il film probabilmente sarebbe figo anche se si togliessero tutte le voci umane e si lasciasse andare solo la musica, magari raggrumato in una specie di videoclip di trenta minuti.

Come nel caso dei Dafty Punky e di Tron, la colonna sonora in sé funziona. Non mi trovo particolarmente d’accordo con certi pareri –qualcuno si è esaltato come se nessuno avesse mai musicato un film prima di oggi- ma l’atmosfera oppressiva e spersonalizzata contribuisce a creare un vuoto emotivo piuttosto funzionale al film. Va detto che probabilmente lo stesso vuoto emotivo avrebbe potuto essere raggiunto in maniera meno fashionable senza inserire alcun tema musicale all’interno del film, ma il niente non poi ‘sto argomento –nemmeno per i fan dei Nine Inch Nails, figuriamoci il produttore esecutivo. Ma soprattutto il fatto che la musica all’interno del film funzioni è l’unica cosa che funziona. Il disco in sé, preso proprio come disco, ha questo terribile appeal da nefandezza casuale a cura di qualche riccardone dell’electropop (nineinchnailsiano, questo sì) bruciatosi alla fine degli anni novanta che si fa le cose al computer per conto suo nella segreta speranza che gli amici della compagnia di teatro avant le usino per musicare un balletto per esseri umani e fegati di coniglio. È un disco bolso e noioso il cui unico briciolo di fascino risiede nel rendere abbastanza organico il continuo ritorno di temi all’interno del disco -per ovvi motivi da OST, tra l’altro, manco per chissà che bisogno di allacciar legami con Ghosts. All’interno delle selezioni comunque ci sono un quasi-rip off di Boys And Girls dei Blur e una serie di melodie che siamo quasi convinti di aver già sentito in dischi tipo The Fragile: non è un peccato, ma non aggiunge fascino. Il problema principale comunque non è nemmeno il disco, soprattutto considerato il valore assoluto della produzione a nome Nine Inch Nails da With Teeth in poi. E nemmeno l’accoglienza trionfale della colonna sonora in sé, i Golden Globe, certe paradossali punte di entusiasmo e tutto il bailamme. Il problema è che in moltissimi sembrano essersi dimenticati che Trent Reznor è lo stesso tizio che negli anni novanta ha messo insieme i disturbatissimi score di Strade Perdute e Assassini Nati, dischi che ancor oggi viene voglia di ascoltare ciclicamente per stare bene sentendosi male. E oggi suona un po’ come un clone hipster di Howard Shore.

PS: Trent Reznor, saputo del Golden Globe, ha così commentato.