Scappano li cani // Sanremo 2012 first report

"Tenete a Bbertè! Tenete a Bbbertè!!..."

Parte I // Spune-mi ce sa fac (“Spiegami cosa devo fare” in rumeno), di Ashared Apil Ekur (il re assiro, non il redattore)

“Ho dato la mia vita e il sangue
paese e abbiamo bisogno di sparare alla fine
a Dio, le loro preghiere
Giuro, quando sono diventato il padre della fede
due guerre, senza alcuna garanzia di ritorno, solo
Medal of Honor”
(Emma Marrone, “Non è l’inferno”, testo ottenuto traducendolo su Google da italiano a inglese a italiano a spagnolo a italiano a malese a italiano a rumeno a italiano, fino allo svelamento del reale contenuto malavitoso-occultista celato nei versi apparentementi innocenti del BRANO. La procedura per arrivare a questo testo l’ho messa a punto ascoltando Helter Skelter al contrario).

 San Valentino ha fatto il miracolo e, guastando dal Cielo il meccanismo di votazione del Festival, ha fatto sì che stasera anche noi sposati potremo riascoltare da capo tutti e quattordici i BRANI (a Sanremo non ci sono pezzi ma solo BRANI, scritti in maiuscolo), senza perderci per strada gli eliminati certi – tipo i Marlene e un misconosciuto cantante qualsiasi, tipo quel Finardi lì.

In attesa della redenzione di oggi, quindi – sono disposto ad assumere anfetamine pur di restare sveglio-, non mi resta che riempire le mie vuote giornate con un report sul nulla a cui ho assistito.

Non ho visto i Marlene (li ho cercati su youtube stamattina, ma poi ho tolto l’audio guardando le sole immagini e pensando nel frattempo al Romanzo Storico come genere in ripresa); non ho visto Emma Marrone (cfr. parentesi precedente); non ho visto Dolcenera (cfr. ecc.); non ho visto Irene Fornaciari (e meno male); non ho visto Arisa, di cui si dicono meraviglie al contrario (in pratica si dicono eilgivarem, e prima di spegnere rabbiosamente tutto considerate che ho dormito tre ore ieri notte); non ho visto, soprattutto, Celentano, Papaleo, le Olimpiadi di Roma e gli abiti delle vallette, tutto ciò, insomma, di cui oggi parla un Paese allo sbando che non ha ancora scoperto il diversivo delle moltov a Syntagma.

Prima che questo pezzo (BRANO) si trasformi in un micidiale articolo del Fatto Quotidiano solo scritto meglio, torno sul pezzo (BRANO) parlando di musica, ancora musica, solo la musica conta e la musica è l’unica vera grande protagonista, e sì, io sono titolato a farlo perché ieri sera, tornando, ho caparbiamente acceso la tv malgrado un sonno d’altri tempi, e ho fatto a tempo ad ascoltare il BRANO di un vecchio vestito di nero con la coda (non ho capito chi fosse, e in ogni caso: du palle), quello di Ninja Zilli – ho scritto davvero così senza volere, e non lo correggo; il BRANO comunque non era né abbastanza sanremese né abbastanza orrendo per essere in qualche modo rilevante -; quello della terrificante coppia Bertè-D’Alessio, nostro vincitore morale finora (un femminiello napopop e un gigantesco Qualcosa, un informe essere rigurgitato dai più oscuri recessi di incubi lovecraftiani, che duettavano su un gelido funk alla Throbbing Gristle fingendo di esibirsi al Festival della Canzone Italiana), e infine il notevole esempio di violenza fisio-psicologica di un Dalla ormai ridotto a pappone di se stesso, che sequestra uno studente e lo manda avanti sul palco tipo pupazzo del ventriloquo a raccontare una compiaciuta storia di frequentazione di mignotte.

Il report completo dei BRANI lo fa qui sotto kekko, che è pagato per farlo; per quanto mi riguarda, stasera guarderò ancora una volta nell’abisso, che guarderà in me, dirige l’orchestra il maestro Vessicchio.

“Clutching forks and knives /
To eat their bacon”
(Anonimo traditional inglese)

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Parte II // Un video degli Unsane e poi dormo, di kekko (il cantante dei Modà, non il redattore)

L’inizio con Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu fa schifo come tutti gli inizi di Sanremo. Dolcenera canta un pezzo senza nessun sottotesto nazo, peraltro sembra non ci sia nessun altro sottotesto. 6.7, il mio cavallo vincente nonostante quasi tutti su twitter stessero urlando PENA E SCHIFO E DISDETTA, questo poco prima di sentire il pezzo di Bersani in botta Tiziano Ferro con un pezzo che parte talmente male da prenotare fin da subito il premio Tricarico. Il premio Tricarico è un premio di incoraggiamento a uno che sembra essere finito sul palco di Sanremo per caso, che prende sempre il nome del vincitore del premio dell’anno precedente –tipo Tricarico aveva vinto il premio Toto Cutugno, etc. Noemi ha i capelli come Maria Antonietta e ricorda un po’ quella cosa che disse Steve Albini, presente no, “sai qual è quella cosa arancione che sta bene in testa agli hippie? LE FIAMME.” A questo punto della faccenda è già finita la possibilità di concepire il Festival di Sanremo come un festival della Canzone, figurarsi della Canzona, e mi sarebbe piaciuto essere il vicino di casa di Infetta o Chiara Ferragni e mettere giù qualche commentino all’estetica, sempre e solo Dolcenera (su Bersani non ho opinioni mie, una su Twitter ha scritto che come sex symbol continua a preferire Pierluigi a Samuele, anche io soprattutto dopo la foto di lui che si scola una IPA da solo in qualche postaccio di Roma). Che poi questa mia cosa sessuale con Dolcenera non mi impedisce di volermi fare in linea di principio anche Chiara Civello, della quale Bastonate era l’unico a sapere TUTTO decenni prima di questo festival, Chiara Civello, la Nicky Nicolai italiana sembra suggerirci Google. In mezzo il gruppo alt-rock anni novanta come ogni anno di corvè a Sanremo, cioè i Francesco Renga in BOTTA stile libero con una linea vocale presa di peso da Pierpaolo Capovilla ed un accompagnamento un po’ melvinsiano, scommessa sicura su un finale vincente e fidatevi di me perché io sono un giurato demoscopico potenzialmente perfetto. La figlia di Zucchero suona come un crossover tra Bianconi e una tizia con le tette grosse a cui batteva i pezzi un mio compagno di liceo (camicione militare verde della pace, insomma) e ha delle mani enormi e sproporzionate e orribili che al confronto quelle di Gianni Morandi sembrano piccole. Fine del festival di Sanremo per me: Torna dentro Morandi, bofonchia due parole, lo vengono a prendere e lui dice una cosa tipo “cazzo succede”, il massimo momento punk del festival. Dopo due secondi metti insieme i pezzi e capisci che è arrivato il momento di Celentano, cioè di spararmi Californication S05E06 (finora la migliore di questa stagione, comunque iper-deludente rispetto agli standard, se Californication fosse finito alla fine della quarta serie sarebbe stato solo un bene). Purtroppo Celentano non ha ancora finito di predicare a fine puntata, quindi inizio a spararmi Trappola di Cristallo. Ho gli occhi gonfi di sonno e il cazzo girato. Riesco a stare sveglio fino ad Emma Marrone e ai Marrone Kuntz: entrambi suonano un pezzo dei Modà, vagamente più ispirato quello di Emma. Alla fine dei Marlene Kuntz Gianni Morandi si avvicina a Papaleo (che per tutta la sera non ha fatto altro che chiedere “dov’è la figa”, essendo entrato solo dopo Dolcenera). Gli dice “senti Rocco? IL ROCK.” Sono esausto. Ho dichiarato la mia sconfitta all’altezza di Bersani e Dio non me la sta rendendo facile. Passo dal tubo e mi sparo un video degli Unsane e poi dormo. Il redattore Ashared Apil-Ekur mi contatta su twitter e mi chiede come sono stati i Marlene Kuntz.

Sanremo is the shit! Countdown to festival #1

L'italiano

E insomma, non si può lasciare il paese per una quindicina di giorni senza tornare e trovare che il prossimo festival (letto festivàl) di Sanremo avrà il miglior cast della storia del festival (festivàl) stesso, oltre – ma questo era noto – al miglior conduttore, “Big hands I know you’re the one”, Giannone Morandone.
Per il resto è tutto uguale: Vanity Fair prova commossa e mammesca compassione per un tizio morto sparato in Afghanistan (Taliban. The few. The proud) a cui a noi, come di Cocciolone a suo tempo, non frega un cazzo, perché VOGLIAMO LA PACE e che quei simpatici berretti afghani – ne comprai uno a Porta Portese anni fa, segnalandomi subito come Diverso – vengano liberalizzati e resi fichi e intellettuali. Quella puttana della Palombelli – che bassezza gli insulti sessuali alle donne eh? Meno male che loro sono forti e fiere e studiate e se ne fottono di noialtri volgaroni che gli diamo delle zoccole a ogni piè sospinto (pià nderculo) – sullo stesso Vanity Fair (mia unica lettura oltre ai manuali di auto-aiuto, se non si vuole contare Imperial Bedrooms che ho iniziato ormai 148 patetici giorni fa – adesso sono a pagina 122 e non ci ho capito un cazzo, ma per marzo conto di consegnare in segreteria) e insomma, senza tanti incisi, quella puttana della Palombelli sullo stesso Vanity Fair segnala che non ha pietà dei viziatissimi giovani d’oggi che c’hanno l’iphone con cui accedere ai siti di Harvard e Yale e perciò, nella sua mente ricca e bacata, hanno LE OPPORTUNITA’ che loro, formidabili quegli anni, dovevano dare il culo a Pannella per avere. It’s heavy fucking metal! Comunque, il richiamo ai bamboccioni mi è servito se non altro a ricordarmi della vera buona novella dell’ultimo orrido annaccio, che dopo averci portato via Solomon Burke, Vic Chesnutt, Mark Linkous, Peter Steele, il bassista degli Slipknot, l’avvocato Kobayashi, Sugar Minott, Eddie Fisher, Dennis Hopper, Don Van Vliet, Captain Beefheart, Zecharia Sitchin, Ronnie James Dio, Ari Up, Malcom McLaren (vi rendete conto?!), Bruno S., Alex Chilton e TARICONE (davvero troppo, questa), ha avuto un inatteso colpo di coda di simpatia stroncando – sotto Natale e in pubblico – Tommaso Padoa Schioppa. Jingle bells! E ora veniamo a Sanremo.

Essere una donna

Avete mai avuto una disperata urgenza di andare in bagno (big one, bright lights) e vi siete trovati allo stesso tempo che erano le tre di notte (full dark, no stars) e voi eravate non a casa (home is where you hang yourself) ma in un albergo (psycho!) a Città del Messico (Frida Kahlo che si autoritrae su uno sfondo desolato coperta di chiodi che la fanno sanguinare e lei piange mentre uno squarcio nel suo petto rivela una colonna ionica spezzata in più punti, che non può più sostenerla), dove le maledette tazze del cesso non funzionano (quetzalcoatl!) e comunque c’è qualcuno che sta dormendo, e allora voi uscite dalla stanza, scalzi, cercando con disperazione un altro bagno ma il bagno non c’è (Zapata vive, la lucha sigue), e i corridoi coperti di moquette (vieni a giocare con noi per sempre per sempre per sempre?) sono lunghi chilometri perché voi siete piegati in due e non riuscite a camminare (Frida Kahlo che si autoritrae come un cerbiatto in lacrime, trafitto da mille frecce) e allora accarezzate per un attimo l’idea di arrivare all’ascensore (Angel Heart) per andare al quinto piano – quello della colazione – dove di sicuro un bagno c’è, ma poi semplicemente non ce la fate (Diego Rivera che tradisce Frida Kahlo con la sorella di lei) e tornate in stanza e mandate affanculo tutto e che venga la notte, scocchi l’ora, che la tazza si otturi e domani ci pensino i camerieri (una propina de un pesito por favor?)? Have you ever felt like that? Do you know what I’m talking about? I’m talking about shit, e questo, come i più accorti avranno già capito, è il più banale collegamento che io potessi trovare per introdurre un discorso su Gianni Morandi (sì, perché non ho ancora iniziato).

E’ almeno dal 1997, anno-monstre in cui Noi compimmo la maggiore età, uscirono l’ultimo bel numero di Dylan Dog e l’ultimo bel disco rock della storia (Perfect From Now On dei Built To Spill. Nello stesso anno, vennero pubblicati anche Strange Warmings dei Laddio Bolocko, il penultimo bel disco dei Mogwai e un grandioso disco di John Fahey. I Red Hot Chili Peppers si rivelarono per la prima volta al mondo con la loro vera faccia – cacate che manco Morandi -, e il mondo presentava i primi gravi sintomi della peste-indie: Ok Computer e If You’re Feeling Sinister) e soprattutto i Jalisse vinsero il Festival, che la seconda più grande domanda che ci poniamo dopo: -“Ma John Zorn e John Giorno sono la stessa persona detta con la zeppola o senza?” è: ma perché i conduttori di Sanremo, uno dopo l’altro, dicono di voler insistere sulla qualità e alla fine hanno paura di farlo? Ma ecco che arriva l’uomo-Morandi, che, senza timore alcuno, freudianamente mette in atto: la lista dei BIG del prossimo Sarèmo mette pajura, perché essendo composta all’88,9% da roba che normale gentaglia del calibro di Morandi considera appunto “di qualità” e meritevole di un Auditorium affollato (il Battiato d’oggi ormai consunto dalle droghe in coppia con il numero due dei Denovo; quel pedofilo di Vecchioni; Patty Travo; Davide An Der Cool; quell’inconsistente Tricarico, che però ha almeno il merito di aver inciso il peggior disco della storia del pop, tale Frescobaldo nel recinto; due vincitrici di X Factor, ossia la Ferreri che tutti ci siamo illusi per disperazione che sia “brava” e quella nuova; tale Emma Marrone chiamata da Morandi solo per il cognome) rischia di rendere questa edizione, Signori, la peggiore della storia.

Fiumi di parole

E se pure potremmo trovare consolatoria la presenza di Maxone Pezzali con la consueta metafora calcistica (“Il mio secondo tempo” – a proposito, metti Zarate, porco cazzo!. Ma Max da anni non è lui), Anna Tatangelo (ma la popolarità indie non l’avrà raffinata troppo?), il grande Al Bano (sicuro ultimo in classifica e in serie B come Lecce e Bari) e soprattutto Anna Oxa e Barbarossa (questi sì dei gran colpi), a falciare ogni potenziale entusiasmo ci pensa l’esiziale nome dimenticato nella lista di prima: i tremendi LA CRUS che, riemersi dalla tomba di noia in cui giacevano ormai da un decennio e influenzatissimi da Tenco e Ciampi (ma pare che Giovanardi ultimamente abbia scoperto Endrigo), sono tornati per esigere il PREMIO DELLA CRITICA che spetta loro dai primi, pulsanti e tediosi vagiti del morboso secondo album del – guarda un po’ – 1997 (Tuttooo è dentroo meeee, ricordate? E quella che “viene un angelo a cercarvi, d’oro e carico di sogni”? A una festa al liceo – non so come sia possibile, ma è vero -. a un certo punto si sentì nell’aria Dentro me, forse era la radio, non so. Un tizio disse: “Che è sta merda?” e io dissi “A me piacciono!” e lui “Non fartene una colpa!”. Che poi non che mi piacessero davvero: è che ero indie e influenzato dalla lettura di Rumore. Ecco perché sono un fallito, oggi).

Manca ancora un mese, ma c’è già da leccarsi i baffi. L’espressione “leccarsi i baffi” è tra le dieci frasi idiomatiche italiane che odio di più, l’ho usata in modo espressionistico per rendere questo post il più brutto possibile. Peraltro ho i baffi al momento e all’idea di leccarmeli (con conseguente sensazione pungina sulla lingua) mi vengono i brividoni come all’ascolto di un acuto di Al Bano.

Fari puntati sulla terza serata, dedicata all’Unità d’Italia, la più grande montatura di tutti i tempi, e certo di parlare a nome di tutti gli italiani, dichiaro che NON CI FREGA UN CAZZO di Mazzini, Cavour, la carboneria, Brescia leonessa d’Italia, Giorgio Napolitano, i Borboni (Beasts of?), Milo Manara e tutta quella marea di psicoballe che ci fanno studiare a scuola e che orgogliosamente ho dimenticato. Italia merda, per Dio, la odio, e so che anche voi la odiate. E poi: vi piacciono forse gli italiani? PUSSA VIA. Milano in fiamme. Vesuvio erutta per noi. Una volta, da adolescente, andai a vedere Lazio-Fiorentina e vidi dei tifosi toscani, uno dei quali aveva una maglietta con scritto: “El unico romano bueno es aquel muerto”. Sono d’accordo, ma PERCHE’ in spagnolo? Bè, insomma, in onore all’Unità del peggior paese del mondo, la terza serata del Festival sarà dedicata ai BIG che canteranno dei classici della canzone italiana (come se ce ne fossero), e pare già di vedere Patty Pravo con le mani un po’ alzate, da vecchia, che rende inutilmente trombona (“elegantissima!”) Mille lire al mese; Vecchioni che gigioneggia come un pazzo su ‘O sordato ‘nnammurato; la mongoloid-version de Il cielo in una stanza a cura della Ferreri; Anna Tatangelo super-SophiaLoren vaiassissima e troneggiante con Mamma (clima di allegria generale, il pubblico batte le mani a tempo); Tricarico che sparge mestizia su L’Italiano (credevate impossibile che si potesse peggiorare, eh?); O Sole Mio cantata da una Oxa tutta intensa e più travona che mai. E nonostante il Va Pensiero di Al Bano – vero schiaffo in faccia alla Lega: attese dichiarazioni di fuoco di Calderoli il mattino seguente -, ecco arrivare agguerriti i La Crus, che con PARLAMI D’AMORE MARIU’ ancora una volta strapperanno applausi, lacrime e belle parole (“una lezione per tutti. 8”) da Gino Castaldo. Almeno ci risparmiano un commosso tributo a De Andrè, con una cantantona a caso (tipo la Ruggiero) che allucca La canzone di Marinella mentre sullo sfondo del palco, e poi sui nostri teleschermi, viene proiettato il faccione deforme di FABER, e poi parte la presentazione fatta con Windows Visualizzatore d’Immagini in cui si vedono diapositive pisciose e fuori fuoco di De Andrè con De Gregori, De Andrè con Dori Ghezzi, De Andrè intenso sul palco, De Andrè con Gaber (applausissimo!), De Andrè col piccolo Cristiano prima che diventasse un alcolizzato, cocainomane e violento picchiatore di donne, e infine fallitone clamoroso, imitatore del padre per serate sold-out all’Auditorium e cd doppi di Natale. Oddio, ce lo risparmiano il tributo a De Andrè, VERO?

In ogni caso, i titoli dei classici reinterpretati sono autentici: TREMATE, c’è da aver paura. E per non rischiare di perdere il festival, mi raccomando: pagate il canone!

Was that your celebrated summer? MIODI – seconda edizione

Il 9 giugno a Milano c’è il secondo appuntamento con il MiOdi, cioè lo spin-off peso del MiAmi. Per l’occasione i ragazzi di SoloMacello, sempiterni amici e sodali di noialtri, decidono di fare le cose in grande e si aprono a gruppi esteri. Non voglio fare il noioso, quindi copio-incollo la scaletta dal comunicato stampa.

Main Stage: Ufomammut e Amen Ra
Messicano: Fine Before You Came, 16, Jacopo Zu + Giulio “Ragno” Favero, Lento, Viscera/// e Gandhi’s Gunn
OutFrog Stage: 3/4 Had Been Eliminated, Psychofagist con Luca Zu, Ovo+Nadja performing The Life & Death Of A Wasp, Putiferio, Vulturum, Tsubo, Orange Man Theory
InFrog Stage: Fuzz Orchestra, Dyskinesia, Mongolian Barbecue (con Massimo Zu), Be Maledetto Now!, gRÄFENBERg
Da qualche parte, a un certo punto: Zeus!

In altre parole, zitto zitto, il miglior festival italiano dei nostri tempi. Se non avete visto i 16 in una delle date italiane di qualche mese fa (io sì, gnè gnè gnè), semplicemente non avete scuse. Se li avete visti vorrete tornare a vederli. Se non ve ne frega un cazzo dei 16 proprio non so, resta il fatto che ci sono tutti gli altri.

Info e tutto il resto stanno qui.

Vacche VS porci (swineflu alert)

Leggiamo nei feed e volentieri ripubblichiamo. Pare che la direzione del Wacken (il quale sta avendo corso in questi giorni, ma è lecito pensare vista la scaletta che ve ne siate voluti rimanere a casa) si stia cagando in mano per via di tutta quella storia della swine flu e abbia messo giù una sorta di decalogo e/o codice di comportamento da tenere in posti all’aperto che riuniscono 75000 metallari a botta. Chi parteciperà al festival, dunque, è pregato di non eccedere in rituali di amore libero e sesso selvaggio, di non abbracciare amici e vicini e di non bere a cazzo di cane dal primo bicchiere di birra mezzo vuoto che gli arriva in mano per chissà quale motivo. Tenete i capelloni e la giubba di pelle col dragone pitturato dietro a fine luglio, vi lavate sei volte all’anno e fate le statuine di pane con le crosticine che vi crescono in mezzo alle dita dei piedi, ma almeno adottate qualche semplice stratagemma per non diffondere il contagio mentre vi guardate Lee Dorrian che fa il coglione sul palco. Grazie. Bonus pic:

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