FOTTA: Hella (ancora nessun titolo, sorry)

Giuro su quel che volete, non sapevo che gli Hella fossero ancora un gruppo. Fino a qualche tempo fa, stando a Wiki, nemmeno Zach Hill ne sembrava troppo convinto. Il motivo principale per cui tutta la questione Hella se ne andò a puttane è il tempo fisiologico: il gruppo partiva da una base chitarra/batteria non troppo diversa dal modello Crom-Tech (il primo gruppo di Mick Barr, un disco poderoso su Gravity) ma più avventurosa e proggheggiante. Il disco d’esordio su 5 Rue Christine e tutte le cose pubblicate fino a The Devil Isn’t Red (compreso, oggi vogliamo rovinarci) sono opere di pregio che dovrebbero essere insegnate a scuola. Una versione magra e agile dei Flying Luttenbachers senza black metal, death metal e odio per la razza umana, tre giorni prima che la formazione a due inizi ad andare di moda a furia di Lightning Bolt e gente simile. Dopo un paio di giorni Zach Hill s’aggancia al giro grosso: suona nell’album dei Team Sleep (un terribile side project di Chino Moreno il cui disco, annunciato e rimandato per qualcosa come cinque anni, si è rivelato essere una delle più pretenziose ciofeche dell’ultimo decennio), inizia a lavorare da solista, presta la batteria più o meno a CHIUNQUE. Nello stesso periodo la band decide di pubblicare come terza uscita un album intitolato Church Gone Wild/Chirpin’ Hard, una roba tipo Speakerboxxx/The Love Below del math-noise ignorante (due CD, ognuno dei quali realizzato da un membro senza intrusioni dell’altro). Il disco è un mezzo disastro, una sega mentale di proporzioni bibliche senza manco la componente free-cialtrona dei primi passi del gruppo (molto più presenti, comunque, nella parte di Spencer Seim). Il passo successivo è quello di rendere Hella un gruppo vero e proprio, cioè sostanzialmente buttando nel cestino l’unica vera peculiarità del gruppo, presentandosi con formazione a cinque in occasione dell’ultima uscita, che esce nel 2007 e si chiama There is no 666 in Outer Space (me lo ricordo come una specie di deriva indierock senza pezzi di un disco degli ultimi Primus, ma non sento il disco da ANNI e potrei sbagliarmi). Da lì in poi la band smette di fare cose, Seim scompare quasi del tutto dalla circolazione, Zach Hill pubblica un disco al mese tra side-projects, uscite soliste e collaborazioni con musicisti di ogni estrazione (i dischi in cui pesa qualcosa tendono ad essere terribili menate da riccardoni). Oggi su Stereogum esce l’anteprima di un pezzo dal prossimo disco: la band è tornata a comporsi dei soli Spencer Seim e Zach Hill, ha buttato fuori un pezzo che sembra uscire dalle session di The Devil Isn’t Red e annuncia l’imminente uscita di un nuovo album. Suppongo come mea culpa sia un po’ tardi, ma sempre meglio che un altro 666. In allegato mettiamo la traduzione google del pezzo di Stereogum, una storia piuttosto buffa di una stroncatura dell’ultimo disco che finisce su una maglietta del gruppo.

Nel 2007 ho scritto una breve recensione tutt’altro che positivi di Hella There’s No 666 In Outer Space, il record in cui il duo noise-rock di Sacramento ampliato per un quintetto e ha iniziato a suonare come un roots Mars Volta. È apparso in SPIN. I ragazzi hanno coraggiosamente girato il midollo in una t-shirt. Il mio problema con There’s No 666 è (come quello che ho visto) la mancanza di scopo creata da quei membri extra – cioè lo spostamento non è sembrato necessario. Dunque, quattro anni più tardi, è bello essere in grado di annunciare che Hella hanno un nuovo album all’orizzonte che trova il nucleo del chitarrista Spencer Seim e lo straordinario batterista Zach Hill indietro come un flusso di coppia ben oliata. Ad oggi l’album di 10 canzone non ha alcun titolo. Idem questa canzone. Ma si può ancora ascoltare bene. E brandelli.

ho detto FOTTA.

persone belle

Q: Is there anyone who can fill John Peel’s shoes today as a cultural arbiter of music?
A: No. One of the things that made John Peel so valuable was that he had decades of archived material and sessions of bands that had played live and were only ever heard on the John Peel show. His work ethic was absolutely incredible. He made it a point of pride to listen to every record that anyone sent him. He would listen literally to dozens of records a day. He said something once that I thought was really profound: He said that no one would bother making a record and sending it to him if he thought it was shitty. Obviously, to the people making those records, they are important. If he doesn’t get it as a listener, if he didn’t like it in some way, that’s his fault, not the fault of the people who did something important to them. That’s a pretty amazing, humble insight for someone like him to have. A lot of radio professionals kind of feel like they know the game, they know what’s good. His way of looking at it was much more selfless: there was this culture of bands creating music and he was getting to audition some of it. Then he could spread it out to the rest of the world if it struck his fancy. Just because he didn’t like something didn’t mean it was bad. He was just deaf to it.

Steve Albini intervistato da GQ. Nel giro di cinquemila battute un bel dissing compatto di mainstream, Sonic Youth, moda e tutto quello che ci capita in mezzo. Apologia di internet. Apologia del vinile. Apologia dell’ATP. Apologia dello stare bene. La più bella e importante intervista dell’anno.

Venerdì sera gli Shellac suonano all’Estragon. In questi giorni suonano nel resto d’Italia. Qualcuno da qualche parte l’ha già detto.

FOTTA: Supersilent 10

La rubrica FOTTA parla di dischi che non abbiamo ancora ascoltato -ma che con tutta probabilità faremo a breve. Consiste nella traduzione via google translator degli articoli scritti in lingua straniera. Il primo disco è il nuovo Supersilent, uscito su Rune Grammofon una dozzina di giorni fa.

selvaggio restyling grafico

SvennEvenn
Super Silent è abbastanza tranquilla ai Silent Super 10 (Rune Grammofon)!
Mentre Helge Sten, Ståle Storløkken e Arve Henriksen suonava l’organo in ogni Supersilent 9, sono indietro con i loro strumenti solito qui, ma in più vanno con il pianoforte acustico a coda! 10:3, che è una delle piste più lunghe (6 minuti), mi fa riflettere sulla registrazione ECM vecchia Ho sentito simili su. Alle 10:05, infine crepita elektronkken correttamente, mentre la splendida 10:08 (tracce chiamato così!) Potrebbero essere a piedi in uno degli album solista di Arve Henriksen.
Un confortevole, piatto semplicemente bello!

Oslopuls
Arve Henriksen suona il suo meglio nel Super Silent. Tutte le tendenze zuccherino tenuto a distanza, e la tromba è un personaggio forte lirica. Il fresco, arieggiato tendenze in Supersilent è accaduto anche nel controllo da frasi Helge Sten informato e non viene influenzata da un lydbank con il rock al prestito.
Fortunatamente, di fronte alla band e, a gran voce i lati Carbone fuori. Storicamente, è all’interno di queste, nelle manifestazioni d’ombra di una pressione costante pulsante, il Super Silent via.
Praticamente mai
Il trio non praticata, ma si incontrano per concerti e registrazioni. I tre, apparentemente mai discutere la musica con l’altro neanche. L’intuizione è in buone condizioni il Super Silent.

Musikk fra Norge
Come indica il titolo, questo è il Super Silent suo decimo album dal 1997 (se si conta il loro debutto tre CD enkeltsående, ma viene rilasciato un CD triplo). Un repertorio impressionante che è di sentire nel estratti del concerto. L’ingresso è gratuito con l’acquisto del biglietto del museo. Super Silent svolge anche il festival punto, in particolare il College Theatre di Kristiansand 4 Settembre.

(Traduciamo anche la cartella stampa di Rune Grammofon)
Fin dall’inizio 13 anni fa Supersilent si sono sempre spostati in avanti con la massima integrità. Nessun album, o anche concerti, lo stesso suono, ma c’è sempre un regalo di firma forte. Così anche con questo album. Prevalentemente registrati da Jan Erik Kongshaug al famoso Rainbow Studio di Oslo, questa era la loro prima seduta dopo LEF batterista Jarle Vespestad la band. Questa volta hanno spostato leggermente verso un paesaggio più acustico con Ståle Storløkken, per la prima volta con i Supersilent, suonare il pianoforte a coda. L’album contiene anche alcuni di entrambe le band e Arve Henriksen momenti più belli e lirici cupamente fianco a fianco con alcuni dei loro paesaggi sonori più inquietante. Viene altamente raccomandato.