SWANS @ Locomotiv (Bologna, 4/12/2010)

 
Non si pretenda mai, da nessun essere umano, di garantire alcunchè: dopo tredici anni Micheal Gira resuscita Swans.”
(Paolo Bertoni)

THIS IS NOT A REUNION. It’s not some dumb-ass nostalgia act. It is not repeating the past. After 5 Angels Of Light albums, I needed a way to move FORWARD, in a new direction, and it just so happens that revivifying the idea of Swans is allowing me to do that.”
(Michael Gira fornisce la sua giustificazione non richiesta)

Decoroso.”
(Reje, a proposito di My Father Will Guide Me ecc. ecc. ecc.)

 

In effetti non si può dire altrimenti del ritorno di Michael Gira alla ragione sociale Swans: il disco è un buon disco che si inserisce agevolmente nel percorso tracciato dal draconiano Gira nei lustri successivi allo split con Jarboe, unico cambio di rotta il ripristino di chitarre acuminate e bordate massimaliste al posto della chitarrina e delle orchestrazioni, comunque il mood alla base resta il medesimo; un disco che hai già metabolizzato al primo ascolto, calligrafico ma (miracolosamente) non opportunistico, blandamente oppressivo e vagamente ispirato, addirittura rassicurante nella sua prevedibile funzionalità da classico minore. Dal vivo è un’altra storia. Dal vivo non è cambiato niente, dici Swans ed è di nuovo ridefinizione radicale di concetti come sopraffazione, prevaricazione e umiliazione applicati alla musica. Brani dilatati sformati trasfigurati che diventano veri e propri strumenti di tortura adoperati scientemente per brutalizzare gli spettatori, sfinirli, prostrarli, annichilirli fino alla sottomissione totale e alla resa incondizionata; evidentemente con gli Angels of Light e i solo show il pubblico non soffriva abbastanza (in effetti ricordo un concerto del ’99, era il tour di New Mother, decisamente tranquillo e perfino piacevole; poi non l’ho più visto live fino ad oggi). Ecco quindi che con i nuovi Swans Michael Gira torna a essere quel che è sempre stato e a fare quel che ha sempre fatto: un sadico sensibile che trae forza vitale dal disagio del suo uditorio, un vampiro emozionale che si nutre esclusivamente di vibrazioni negative, inculcando come un cancro maligno nella mente e nel corpo di chiunque gli stia intorno il suo malessere personale (che poi è il malessere di per sé stesso, la cosmica malvagità dell’universo o come lo vogliate chiamare)  allo stesso modo in cui si marchiano i vitelli, violentemente, irreversibilmente e senza troppe cerimonie.
In questo Gira trova nel Locomotiv il locale ideale per veicolare il suo transfert malsano. Nella bella intervista pubblicata su Blow Up di dicembre aveva dichiarato: Ho scelto in diverse occasioni di spegnere i condizionatori del locale in modo che l’aria sia asfissiante e parte del pubblico per questo sembri al limite dell’essere presa dal panico. Mi piace l’idea che si crei un’atmosfera che sia simile al trovarsi in una delle capanne sudatorie che erano in uso nelle comunità indiane. Detto, fatto: il Locomotiv post-insonorizzazione è a tutti gli effetti un forno crematorio legalizzato, un budello ermeticamente sigillato dove non tira un filo d’aria e il tasso di umidità è superiore alla media pomeridiana di Singapore nel pieno della stagione delle piogge. Risultato: i vestiti zuppi, il fiato cortissimo e l’aria irrespirabile già al secondo pezzo dell’artista di spalla, un cinghialesco James Blackshaw davvero emozionante e comunicativo quanto tristemente fuori contesto – almeno a giudicare dalle reazioni del berciante e molestissimo pubblico, disattento e infastidito come non mai. Per movimentare ulteriormente la situazione, tutti i fari rimarranno costantemente accesi e puntati sul pubblico per l’intera durata dell’esibizione (è per questo che non trovate foto a corredo dell’articolo), aumentando in maniera considerevole la temperatura interna del locale, già insensata di per sé; sono a quanto pare le condizioni climatiche necessarie per un live degli Swans versione 2010. Un lungo drone montante precede l’ingresso in scena dei musicisti, per primo il segaligno Phil Puleo (batteria e xilofono), poi il pelosissimo Thor Harris (neanderthaliano percussionista già negli Angels of Light), quindi il rotondo Chris Pravdica (basso, da subito intento a rinforzare il drone previa massicce iniezioni di ulteriore feedback spaccabudella), l’elegante Christoph Hahn (slide guitar, peraltro molto meno incartapecorito di quanto mostra l’ingannevole ritratto nel booklet del disco), l’allampanato Norman ‘Pertica’ Westberg (chitarra, occhi pallati e tatuaggi orribili) e, da ultimo, il bucolico Michael Gira, camicia da mandriano e portamento solenne da sacerdote pazzo. Parte una gragnuola di riff sopra il drone di cui sopra, che si allunga e cresce e tira e manda in paranoia i centri neuronali; Gira è impossessato, misura il palco con passo febbrile, incassa la testa tra le spalle e scalcia l’aria come un cowboy deforme, è uno spettacolo ipnotico e perturbante al tempo stesso, è l’essenza stessa del dolore. Il suono cresce e si espande come miele caldo misto ad acido corrosivo, la gabbia toracica si squaglia come in un quadro di Francis Bacon, le tempie pulsano come prossime all’esplosione, i vestiti che indossiamo aderiscono al corpo come una seconda pelle. Perdo la cognizione del tempo, di colpo riacquisto un barlume di lucidità quando mi rendo conto con orrore che mi viene da vomitare e da cagarmi addosso simultaneamente, guardo l’orologio e scopro che è passata un’ora; porto alla bocca la bottiglia d’acqua che tenevo in borsa, il liquido è caldo come piscio rimasto a macerare al sole. I Crawled (per l’appunto), e Christoph Hahn a momenti si soffoca da solo per un sorso di cocacola ingurgitato male; sembra che il mondo intero stia sudando peggio che in una fonderia a ferragosto, Gira a petto nudo ci scruta come fossimo tanti piccoli scarafaggi indegni anche di finire schiacciati. Il bis arriva come la liberazione dopo un mese in cella di isolamento, la morsa si allenta, è come iniziare a riemergere dalle profondità degli abissi; in due ore e un quarto hanno suonato nove pezzi. Ho bisogno di ossigeno più di ogni altra cosa al mondo e potrei srotolare un delirio su quanto si esca mondati di parte della merda che abbiamo dentro dopo un’esperienza del genere ma sono troppo provato e debilitato e profondamente esausto e a questo punto mi accorgo che non ho più nemmeno le parole per dirne.
Scaletta:
1. No Words/No Thoughts
2. Your Property
3. Sex, God, Sex
4. Jim
5. ??? (questa non sono riuscito a identificarla)
6. I Crawled
7. ??? (anche questa buio totale, se ne sapete qualcosa fatevi vivi)
8. Eden Prison
9. Little Mouth (bis)

 

 

N.B.: non ricordo da dove ho preso la foto più sopra. Tempo fa ho fatto una ricerca su google immagini inserendo come chiave “michael gira”, ho trovato quella, mi è piaciuta e l’ho salvata ma non ricordo nient’altro. Forse stava sul flickr di qualcuno. In ogni caso, chi volesse reclamarne la proprietà è più che benvenuto.

L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 29 novembre-5 dicembre

immagine di repertorio per far passare il concetto che fa freddo e c'è la neve

Anche se fa freddo e nevica e Bologna-Chievo è stata rinviata per questo e al Cioccoshow non c’erano i cioccolatini a forma di cazzo la città non si arrende: ecco il bellicoso programma della settimana.
Si comincia stasera al Nuovo Lazzaretto con una scarica di metalpunk alla zozza courtesy of i lerci Blunt Force Trauma del mitico Felix Griffin; aprono le danze Minkions e Zio Faster, inizio puntuale alle 22, cinque euracci l’ingresso e se non sei vestito come un vecchio punk londinese e/o un thrasher decerebrato americano degli anni ottanta ti lasciano fuori a gelarti il culo. Martedì a parte Paola e Chiara al Mediaworld di Imola e il pessimo Wavves al Bronson (21.30, quindici euro, pettinatura orrenda e guai a ‘suonare’ più di mezzora) non mi risulta ci sia altro in giro; io non mi voglio male fino a questo punto per cui penso proprio che resterò in casa larvale a fissare le pareti, in modo da tenermi in forma per il concerto dei nostalgici e malinconici Soviet Soviet mercoledì 1 dicembre all’XM24 (dalle 22, gratis).  Per i più temerari in vena di avventurose gite fuori porta, al To Be or… di Civitanova Marche suonano gli sferraglianti Din [A] Tod (dalle 21.30); obbligatorio presentarsi mascherati da gerarca sadomaso. Giovedì 2 serata imperdibile per chi ama la musica: allo Scalo San Donato dalle 21.30 Vakki Plakkula e Banda Roncati, se siete vivi non avete scuse, non si può mancare. Non so il prezzo, ma difficilmente starà sopra i cinque euro.
Venerdì 3 ci sono gli HELMET al Bronson (21.30, quindici euro). Non credo di dover apporre ulteriori commenti, ma nel caso abbiate bisogno di motivazioni supplementari sappiate due cose: 1) Bastonate dj-set prima/durante/dopo il concerto a base di pezzi che non avete mai sentito in un locale e che probabilmente non sentirete mai. Non sognatelo, siateci. 2) After splitting with Winona in 2006, Page Hamilton has dated the bisexual hardcore porn actress Jezebelle Bond. She has talked about quitting the porn business for him on her blog @ myspace.com/jezebellebond13
Per completezza segnalo anche gli altri appuntamenti di venerdì 3 dicembre: Youth Brigade + guests al Nuovo Lazzaretto (dalle 22, cinque euro), Titor + Verme + Hazey Tapes all’Atlantide (dalle 22, pochi euri), Tilbury plays Cardew al Museo della Musica (dalle 21, dieci euro), OfflagaDiscoPax in tour acustico al Locomotiv (dalle 21.30, dieci euro più tessera AICS sette euro), Clinic al Covo (dalle 22, abbastanza euro), e per gli sbarazzini della notte Tying Tiffany dj-set al Decadence (dalle 24, quindici euro) e James Holden al Kindergarten (23.30, ingresso dai quindici euro in su).
Sabato i riformati Swans al Locomotiv (apertura porte alle 21), se venticinque euro più altri sette di tessera AICS che non userete da nessun’altra parte non vi spaventano è l’unica occasione in un tot di tempo per godersi l’abissale Michael Gira (che, a scanso di equivoci, è e resta un gigante); a patto che poi riponiate lamette coltelli corda barbiturici e in generale ogni altro tipo di oggetto contundente e/o nocivo alla salute, per accantonare i propositi suicidi e tornare ad amare la vita c’è Carola Pisaturo al Cassero (dalle 24, dieci euro). Gran finale domenica 5 (se ve la sentite) all’Estragon con gli Skid Row (dalle 21.30). Giusto un paio di deterrenti: i biglietti stanno a ventisei euro e alla voce non c’è Sebastian Bach ma quell’altro.

aggiunte romagnole:
LUNEDI’ 29/11
Un cazzo di niente, sembrerebbe. Serata interlocutoria a guardare Fazio sbronzissimi e/o a disegnare un nuovo episodio della serie a fumetti più bella del mondo che ancora voi non avete visto -mentre io sì. Puppatemi la fava. Un’alternativa possibile è l’esecuzione di Masticazzione con due zete, session per chitarra ed effetti vari ed eventuali in cameretta mia ad opera di me in persona, ingresso 13 euro a inviti. Approfitto della sponda per porre il copyright sempiterno sull’idea concerti a casa propria, molto evidentemente la COSA del 2011.

MARTEDI’ 30/11
Wavves al Bronson, nonostante l’abbiano beccato in Germania con del fumo (questo per dire che il nazionalsocialismo aveva dei vantaggi, insomma). 15 euro più i cerini.

MERCOLEDI’ 01/12
What Contemporary Means (bella domanda) al Diagonal al posto di Julie Doiron, oppure The Jim Jones Revue al Clandestino

GIOVEDI’ 02/12
A Place To Bury Strangers al Bronson. O Texas Terry Bomb al Sidro, chiunque sia/siano.

VENERDI’ 03/12
Helmet al Bronson. Se non capite un cazzo di musica potete anche andare a Club Dogo al Velvet o Tokyo Sex Destruction + Small Jackets al Georg Best (Montereale, colline cesenati).

SABATO 04/12
Un sacco di robe, tra cui ovviamente preferirò di brutto andare a vedere Micah P.Hinson per la novantunesima volta, al Bronson di Ravenna. Concerto dell’anno. In alternativa tali  Rock’n’roll Kamikazes al Sidro, Ennio Morricone a Pesaro da vedere strafatti di porra o Storm[O] e Abaton al Valverde di Forlì. I piatti più sugosi sono un tributo a Jeff Buckley al velvet con tanto di Gary Lucas, che suonerà con tre italiani qualunque. BRRR. Oppure Airway al Vidia di Cesena, probabilmente il peggior gruppo di sempre, Finley meets altre cose simili. Li ho visti a Cesena di spalla ai Get Up Kids.

DOMENICA 05/12
Un cazzo di niente, sembrerebbe. Serata interlocutoria a guardare report sbronzissimi e/o a disegnare grossi piselli sui muri degli stabilimenti all’Anic di Ravenna in segno di sgomento generazionale.

QUATTRO MINUTI: James Blackshaw – All Is Falling (Young God)

 
VIA

Sarebbe anche un MATTONE, non fosse che il disco è diviso in otto “momenti” senza titolo; il regazzino che già ci aveva abbondantemente sfracellato i coglioni con lunghissime suite tra fingerpicking ipnotico di stretta osservanza Fahey e inserti di effettistica alla buona si lascia prendere da manie di grandezza (voglio dire, ancora più del solito) e gioca la carta del minimalismo orchestrale con (tra gli altri) violini, flauto, sax, voce e violoncello. L’effetto globale oscilla tra lo stucchevole, il patetico e il so bad it’s good, anche se l’ultima traccia è molto bella (ma sono solo otto minuti su un totale di 45). Verrebbe da dire: un po’ come l’ultimo degli Swans, ma poi

STOP

Tanto se ribeccamo: SWANS

 

Si riformano gli Swans. Che già detta così è come imparare che Gesù Cristo ha deciso di fare un nuovo tour promozionale, a 55 anni, per festeggiare il ventennale della sua crocifissione. Il problema poi è che, di fatto, dei vecchi Swans (di qualsiasi incarnazione dei vecchi Swans) nella attuale formazione c’è solo Norman Westberg; gli altri sono tale Chris Pravdica dei Flux Information Sciences (una delle band più interessanti del catalogo Young God ma che c’entra con gli Swans quanto Rocco Siffredi con il catechismo), Kristof Hahn, bassa manovalanza per quindici minuti nell’era di mezzo e anonimo strimpellatore con gli Angels Of Light, Phil Puleo, batterista nel final tour poi anch’egli Angels Of Light, infine il possente e neanderthaliano Thor Harris, fido scudiero di Gira negli Angels Of Light. In pratica, gli Angels Of Light sotto mentite spoglie. Manca Jarboe, che è come se se i Ministry si riformassero senza Paul Barker. Se tornassero insieme Bob Mould, Greg Norton e un frocio paffuto al posto di Grant Hart e pretendessero di chiamarsi Husker Du. Manca Bill Rieflin, manca Algis Kizys, manca Roli Mosimann. Mancano “spalle” fondamentali come Jonathan Kane, Vinnie Signorelli o Ted Parsons, ognuno a modo suo assolutamente determinante nel definire via via una nuova fase del suono Swans. La differenza tra questo e uno qualsiasi dei progetti recenti di Michael Gira? Il nome, soltanto il nome, capace di evocare lancinanti quanto subdole nostalgie ai reduci e al tempo stesso far sborrare nei pantaloni imberbi festivalieri pieni di grana che si eccitano al solo pensiero di poter dire io c’ero all’ennesimo triste baraccone come eravamo per mongoloidi senza una vita propria, come se bastasse un penoso revival a compensare l’appuntamento mancato con la vita. In tutto questo non c’è da biasimare l’uomo, anzi bisogna capirlo: quando aveva un senso gli Swans non se li inculava nessuno, ora è anche giusto che passi alla cassa con la reunion accontentaidioti performing the album White Light from the Mouth of Infinity al Primavera del cazzo. Glielo auguro, di fare il giro dei festival estivi più danarosi e remunerativi, se lo merita, è il minimo risarcimento per quindici anni di sangue e lacrime e rospi ingoiati in seno agli Swans, e quasi altrettanti di irreprensibile operato in quell’infernale incubo che è l’industria musicale (la sua Young God resta uno degli esempi più commoventi di integrità, autogestione e visione personale dopo la Dischord). Tanto i dischi non li compra più nessuno, e il mondo è pieno di mentecatti che alla fine è giusto spremere: con l’onestà e la coerenza non ci paghi le bollette. A ognuno il suo.