L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 31 ottobre-6 novembre 2011

 

Dice bene Kekko: la notte del 31 ottobre non è sempre stata Halloween. Per me, il 31 ottobre è soprattutto il giorno in cui è nato uno degli esseri umani che più mi hanno migliorato la vita. John Candy. Oggi avrebbe compiuto 61 anni.
Ma è anche Halloween, certo. Dunque: Halloween party devastante all’XM24 con body performance, concerti, esposizioni, proiezioni e gran dj set tekno, il tutto dalle 22 a oltranza; oppure HELL che torna sul luogo del delitto; o i Calibro35 con annesso festone anni 90 al Bronson (anche se forse contestualmente sarebbe stato meglio un bel 70 revival con tanto di posaceneri di plasticaccia grossi come mattoni con su il logo dell’acqua Pejo e il bar che serve soltanto Chinamartini, whisky J&B e minerale Fiuggi, il tutto in bottiglioni di vetro); o i Messer Chups al Velvet (bella storia…). Comunque meglio non ridursi peggio di un cencio sull’autostrada, che poi martedì c’è l’unica data italiana dei Krum Bums; al Voodoo Club di Comacchio, aprono Be-Ones e Atti Osceni, dalle 22, sette sporchi euracci più tessera ARCI. Altrimenti, per i busoni Egokid al Teatrino degli Illusi (all’interno di Gender Bender Festival), per i raffinati Yann Tiersen al Vox. Mercoledì MeryXM riposa; sarà un mercoledì di merda, comunque per i rockettari stilosi segnalo The Experimental Tropic Blues Band al Sidro di Savignano. Giovedì in compenso è LA serata: Sightings al Bronson (dalle 21.30, dieci euro), ovvero nuove declinazioni dello sfondarsi i timpani, prima e dopo Bastonate djset analogico e mentale. N O I S E . E venerdì si replica con tripletta paura: Guitar Wolf al Millennium (prezzo e orari ad oggi ignoti, sarà di sera e a volume alto, chi non viene è un povero fesso!!!), Snakes of Christ festival all’XM24 con Dead Elephant e altri amici che gli amplificatori li fanno soffrì, last but not least i Necks all’AreaSismica a Forlì (dalle 22.30). Sabato Kode9 + altra gente al Bronson, non sarà l’illbient preso male alla vecchia di una volta ma che cazzo, ci va parecchio vicino; oppure Steel Fest 2011 all’Estragon, una colata di metallo che invece il concetto stesso di alla vecchia lo ridefinisce per davvero, a sommare le età dei componenti dei gruppi si arriverà a sfondare il tetto del milione di secoli… vietato l’ingresso a chi ha meno di 75 anni. Sabato e domenica c’è pure la fiera del disco…



L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 5-11 settembre 2011

 
Questa settimana praticamente come la scorsa, gran Festa dell’Unità a strafogarsi di tigelle con robaccia da offesa alla dignità umana in sottofondo, in giro quasi un cazzo, il ‘quasi’ lo trovate segnalato qui. Stasera all’Honky Tonk Bar il chitarrista dei The Boys Honest John Plain in solo acustico, gratis, dalle 21’30. Martedì dalle 19 al Modo Infoshop live di Marisa Anderson a presentazione del nuovo album The Golden Hour (che sta in streaming integrale Qui), in altre parole blues elettrico alla vecchia da far scappare via piangendo Loren Connors e deliziare i vari Blind pincopallino nei loro sepolcri. Splendido. Mercoledì gran marciume garage-noise in piazza Verdi con i Sic Alps, gratis dalle 22, imperdibili; parallelamente all’Estragon la megajam Massimo Volume/Bachi Da Pietra (dalle 21.30, gratis con Summer Card cinque euro), e chi li ferma più… Giovedì gli OfflagaDiscoPax suonano a Reggio Emilia, come dire gli Stooges a Detroit… Venerdì Tizio ancora in piazza Verdi, ancora alle 22. Sabato Lindo all’Estragon (dalle 22.30, quindici euro), stesso show dello scorso febbraio, alcuni pezzi vecchi e un sacco di roba da Co.Dex il tutto riarrangiato per violino e chitarra con qualche beat in sottofondo. Domenica ancora Estragon per il decennale dell’11 settembre celebrato da un sacco di gruppi metal bolognesi (dalle 17, dieci euro che andranno a finire in opere di bene).

L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 7-13 marzo 2011

"Si ricordi Mister, ci sono tre Regole Importanti da seguire con il Mogwai. La Prima: i Mogwai sono sensibili alla luce forte, in particolar modo quella del Sole, lo ucciderebbe. La Seconda: si ricordi che non dovrà mai bagnarlo con dell'acqua, quindi non gli dia mai acqua da bere né tanto meno fargli il bagno. Ma la Terza Regola - la più importante di tutte: lei non dovrà mai, mai, mai dargli da mangiare dopo la mezzanotte."

 

Citando il magico Cocciante, Per ognuno di noi c’è una maschera se nasconde un sorriso o una lacrima, io non lo dico ma lo so. Domani è Carnevale. Nel frattempo, se questa sera avete voglia di celebrare la festa della donna con qualche ora di anticipo, al Bronson arrivano per l’occasione le Those Dancing Days (dalle 21.30, omaggio donna come in discoteca, sei euro per gli altri); altrimenti c’è una roba al Clandestino che non ho capito bene ma c’è da fidarsi sulla fiducia (o dare un’occhiata al programma per delucidazioni). Domani probabilmente alzeremo il dito medio a feste e festini e scapperemo (di nuovo) al Clandestino per Sara Lov, che tra l’altro ha pubblicato da poco su Irma un disco di cover tra i più belli e sensati degli ultimi anni; gratis, dalle 22.
Mercoledì è il momento delle scelte importanti: da un lato i Mogwai all’Estragon (ventidue euro, dalle 22), dall’altro i zozzissimi e fangosissimi Butcher Mind Collapse gratis all’XM24 all’interno di MeryXM (dalle 20, loro cominceranno non prima delle 23), in entrambi i casi si finisce con i timpani triturati e il cervello a brandelli. Per chi invece ha voglia di stare un po’ tranquillo e conservare le orecchie intatte magari al suono del jazz più stimolante e mentale in circolazione, a Rimini per il festival itinerante Crossroads c’è Franco D’andrea con ospite speciale Dave Douglas. Giovedì preparate la droga e rispolverate i camicioni da hippie rubati alla Caritas, ci sono gli Electric Wizard al Locomotiv (dalle 22, quindici euro più tessera AICS obbligatoria); se poi non riuscite a riprendervi dai loro viaggi siderali nessun problema, visto che venerdì almeno per ora in giro non c’è assolutamente nulla per cui valga la pena cacciare dei soldi. In compenso sabato c’è pure troppo: alle Scuderie in piazza Verdi Pierpaolo Capovilla e Giulio Ragno Favero in ‘Eresia‘ per voce chitarra pianoforte laptop e contrabbasso (dalle 21, dieci euro), Nero Su Nero festival con l’unica data italiana di Batkerielle Infektion e tanta altra roba (al dalle 18 a oltranza, aperitivo a ingresso gratuito, dodici euro dalle 22), massacro hard-noise-core all’XM24 (vedi flyer in basso) e per finire Andrew Weatherall al Locomotiv (dieci euro più tessera AICS). Se poi domenica avete ancora energie da spendere ci sono i Tunas allo Zuni.

 

MATTONI issue #16: MOGWAI

 
A differenza degli ultimi due dischi (che a loro tempo sono finiti a prendere polvere dopo pochi e frustranti ascolti) Hardcore Will Never Die, But You Will mi è piaciuto molto e da subito. È un disco di cuore fatto per gente con un cuore, roba sincera per stare bene soffrendo (più o meno, a seconda di quanto sia sviluppata la vostra capacità di provare emozioni), magari senza picchi stratosferici tipo May nothing but happiness come through your door o 2 rights make 1 wrong, ma anche senza un pezzo che sia meno che buono; il che è già di per sé un piccolo miracolo considerando che stiamo parlando di un gruppo al settimo album – più qualche dozzina tra singoli, EP e split quasi sempre esaltanti – che almeno fino al 2006 è riuscito a mantenere una media qualitativa elevatissima, e soltanto da allora sembrava essersi avviato verso un comunque apprezzabile auto-karaoke funzionale se non altro a (continuare a) giustificare la loro presenza sui palchi di locali e festival e in generale ovunque ci siano persone disposte a pagare per farsi triturare i timpani dalla live band più fragorosa del mondo dopo Dinosaur Jr e Manowar.
Oltre al solito gioco di rimandi condotto con il solito incomprensibile senso dell’umorismo da dissociati irrecuperabili (San Pedro, probabilmente in omaggio ai Minutemen, è il brano più corto del disco; l’ultimo pezzo si chiama You’re Lionel Richie ed è aperto da un delirante sample dove un tizio declama cose in italiano stentato), e al tutto sommato innocuo peccato veniale nell’intitolare un pezzo White noise (peraltro neppure il più ‘rumoroso’ del lotto), Hardcore Will Never Die, But You Will si segnala per la presenza, nell’edizione limitata in doppio cd o doppio vinile con download card, di una traccia di 23 minuti, Music for a forgotten future (the singing mountain), che se la memoria non falla è il brano più lungo mai inciso dai Mogwai (My father my king ne durava “solo” 20). Scritto e pensato come colonna sonora per un’installazione dal titolo “Monument for a Forgotten Future”, il pezzo (quasi del tutto privo di batteria) rivela un’inedita propensione alla grandeur da kolossal hollywoodiano con gran dispiego di violoncelli, viole e violini utilizzati come mai prima d’ora. Per i primi quattro minuti pare un loop preso a caso dalla colonna sonora di Brokeback Mountain, poi spunta un carillon tristissimo, da orfanello perso nella neve, che introduce a un nuovo gran lavoro di archi austeri – tastiere e chitarre moderatamente sferraglianti lasciate molto in sottofondo – non arrivasse a un certo punto un vibrafono sembrerebbe roba del Kronos Quartet giusto un pelo più allegra; s’insinua di nuovo la chitarra dolente in puro Mogwai style ma pacificato, duetta mestamente con il vibrafono poi lascia perdere, rientrano gli archi, una nenia funeralesca dove piange anche il cadavere. Al dodicesimo minuto un piano maestoso, pulviscoli di feedback come ruggine sgorgante dagli amplificatori, una chitarra stridente che sembra il lamento di un androide mentre ascolta Enjoy the silence dei Depeche Mode, un crescendo da colonna sonora di Danny Elfman subito azzoppato dall’incedere monco e montante di chitarre basso tastiere e finalmente qualche tocco di batteria, sembra il pezzo di Mr. Beast messo alla fine di Miami Vice ma meno epico e infinitamente più disperato, di quel momento in cui la disperazione si trasforma in rassegnazione, che è come dire il peggio del peggio. Non dura molto comunque: la musica si spegne all’improvviso lasciando spazio al gracchiare elettrostatico della radio quando si è persa la frequenza, poi tornano su gli archi, ma timidamente, sullo sfondo, una progressione ciclica che sta in mezzo tra il Philip Glass quasi totalmente neutralizzato delle colonne sonore miliardarie e ancora il Kronos Quartet dopo un’overdose di barbiturici, poi di nuovo il gracchiare della radio per un minuto, come a dire fine delle trasmissioni. Qualunque sia la vostra opinione sui Mogwai altri come loro in giro non ne trovi.

 

 

Piccoli fans: TERMINAL HZ

 
Terminal Hz è il titolo del brano che chiude il cibernetico EP NAI-HA, siamo nel pieno del periodo amerikano degli Zeni Geva e il pezzo suona come un clash incestuoso tra Ministry e Cop Shoot Cop molestati da un pluriomicida in libera uscita durante la visione coatta di Tetsuo da un globo oculare e Il Tagliaerbe dall’altro: è il 1992 e il futuro non è mai sembrato così vicino, mentre il presente sta bruciando. Non molto tempo dopo inizia il sodalizio del leader KK Null con David “Candlesnuffer” Brown, autentico luminare della chitarra preparata nonché veterano della scena improv australiana dalla metà degli anni settanta fino ad oggi (particolarmente apprezzato da chi se ne intende il recente supergruppo improv Pateras/Baxter/Brown); i due collaborano perlopiù scambiandosi per posta i nastri su cui si sovraincidono a vicenda, creando una fitta serie di textures atmosferiche altamente alienanti, spesso ben oltre l’ambient isolazionista più tetro e preso male. Nel 2000 parte delle sessions viene raccolta in Terminal Hz (ehi, chissà dove ho già sentito questo nome…!), pubblicato da Ground Fault come KK Null/David Brown (e classificato “serie II” su tre livelli di molestia); in poco più di mezzora viene srotolato un catalogo di suoni e situazioni virtualmente sterminato, dalla musica concreta al noise più brutale, dai microsuoni infinitesimali al rimbombare austero di funerei drones, un viaggio nelle pieghe più oscure della sperimentazione sonora ipnotico come un Godfrey Reggio sotto acidi e vivido come un sogno lucido.
La collaborazione a distanza continua, ben lungi dall’esaurire la spinta propulsiva verso l’abbattimento di steccati e il raggiungimento di orizzonti sempre nuovi, anche se la distanza fisica consente al duo di riunirsi soltanto sporadicamente per una breve serie di rarissimi concerti perlopiù in Australia; ora Terminal Hz è diventato un gruppo a tutti gli effetti con l’inserimento in pianta stabile di Sean Baxter alla batteria, un album – Behind the Signalin uscita e, finalmente, un tour europeo. Che passa anche per l’Italia, dove KK Null ha un conto in sospeso dopo la data-farsa all’Atlantide con gli Zeni Geva lo scorso aprile. Queste le date, non perdeteli.

 

16 febbraio, Tetris (Trieste)
17 febbraio, United Club (Torino)
18 febbraio, Perditempo (Napoli)
19 febbraio TBA

Rozzemilia issue #7: INDCH LIBERTINE

 

Indch Libertine durante una tranquilla giornata di lavoro

 


Indch Libertine
è un teppista ultrasonico di Bologna che traffica con pedali e pedaliere allo scopo di ottenere il muro di rumore più molesto e impenetrabile mai percepito da orecchio umano. Il suo modus operandi è semplice: volume a 12, tutti gli effetti settati a livelli di distorsione & saturazione intollerabili e via a registrare finché non finisce il nastro o la memoria nell’hard drive. I suoi pezzi possono durare tre minuti come tre ore, l’annichilimento è garantito in ogni caso, e comunque basta poco per smarrire la cognizione del tempo mentre si subisce un suo disco. Il corredo estetico-operativo è quello che potete immaginarvi: dischi dedicati a Richard Speck, ai coniugi Brady o a film malsani e perversi, pubblicati a getto continuo su etichette minuscole in tirature risibili, il più delle volte in formati inusuali (cassetta) o in CD-R. La differenza tra un’uscita e l’altra è che un pezzo fa SCHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH, un altro CCCCCCCHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH, un altro KKRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR, un altro FFFFSSHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH, e via assordando. È roba per chi si rilassa con l’opera omnia degli Incapacitants, legge Peter Sotos per conciliare il sonno e si diletta con cineforum a base di Buttgereit, Nacho Cerdà e The Act of Seeing with One’s Own Eyes di Brakhage. Fino a un paio di anni fa Indch Libertine era più famoso negli States e nella perfida Albione che da noi; amico personale di Richard Ramirez, aveva suonato a Leeds e a Glasgow ma mai in Italia. Una data a Vittorio Veneto lo scorso inverno ha spezzato il tabù; da allora sono seguite esibizioni a Massa e all’HNW Fest di Venezia, oltre alla consueta pioggia di uscite che non accenna a fermarsi.
Il misfatto più recente è Bodil Jørgensen Lover, 33 copie su Toxic Industries, un’unica tirata di quarantasei minuti e rotti dedicata all’omonima attrice danese (pare sia stata la Greta Garbo del porno con animali – o qualcosa del genere) sdoganata dal perspicace Lars von Trier che la volle nel suo Idioti; è forse la sua uscita più fastidiosa di tutte (sicuramente lo è tra quelle che ho ascoltato), un’impenetrabile muraglia di caos analogico insostenibile, amorale, inalterato (a parte un paio di salti di volume sul finale), che inizia e termina bruscamente come un cazzotto sul grugno sferrato a tradimento, roba da far sembrare Metal Machine Music una cazzatella da educande. Arrivare alla fine del disco con timpani, nervi e impianto stereo intatti è solo un’eventualità.
Indch Libertine è anche attivo come produttore speedcore con l’alias Ralph Brown. Qui e Qui si possono scaricare gratis alcune compilation a cui ha partecipato.

STREAMO: ZEUS! – ZEUS!

Dica: "AAAAAAAAAAAAAAAAAH".

 
ZEUS! è il progetto del metallante bassista dei Calibro 35 Luca Cavina e dell’irsuto batterista dei Rebelde Paolo Mongardi. Insieme generano una potenza di prog-math-metal ignorante alla vecchia, come un ipotetico incrocio tra Lightning Bolt, Flying Luttenbachers ma con un batterista umano, Genghis Tron ma senza la vocetta fastidiosa (Deo gratias), i primi dischi di Greg Ginn solista (ma, uh, senza la chitarra) e, ma sì, mettiamoci pure gli Zu che altrimenti gli intellettuali coi baffi non cagano la mossa. Suonano spesso in giro (questa sera a Genova), dal vivo sono un delirio e il disco (che uscirà a settembre) cattura solo parte della grandezza dei loro tellurici live. E già così è una botta micidiale: un’orgia di cambi di tempo e frequenze fastidiose (sentirlo in cuffia è un’esperienza mistica), ogni tanto qualche urlaccio filtrato che non conserva quasi più nulla di umano, titoli da esplosione immediata del cranio modello “Scanners” (in un sussulto di decenza mi limito a citare soltanto la tripletta iniziale: Suckertorte, Grindmaster Flesh e Koprofiev, nientemeno), una copertina che è il sogno bagnato di un otorinolaringoiatra perverso, qualche spolveratina di tastiera vintage (courtesy of Enrico Gabrielli) nella morriconiana Ate U, un’ombra di theremin (comunque quasi inudibile), e in conclusione gran orgia di shredding mickbarresco così, tanto per essere sicuri di finire anche quei pochi che erano rimasti semistorditi a rantolare nel fango. Veramente bestiale.

Clicca qui per ascoltare l’album in streaming


Rozzemilia issue #3: STARFUCKERS

Una delle riviste che più hanno condizionato la mia vita di ascoltatore era la seconda serie di Cyborg (la prima non sono arrivato in tempo a leggerla), che acquistavo regolarmente da Alessandro Distribuzioni; a pubblicarla era la Telemaco di Daniele Brolli, neonata casa editrice con sede a Bologna, dalla sfortuna imprenditoriale pari almeno alla lungimiranza. Tra le altre cose, stampavano anche uno dei fumetti più belli che avessi mai letto: “Le avventure di Luther Arkwright” di Bryan Talbot. Quella serie, come del resto tutte le pubblicazioni Telemaco, rimase monca in seguito al tracollo finanziario del marchio, sopravvenuto dopo poco più di un anno di esistenza. Raramente ho provato altrettanto dispiacere per la fine di qualcosa. Cyborg, se non ricordo male, non arrivò al decimo numero; ma intanto la mia mente era già segnata. Parlavano di filosofia e letteratura cyberpunk, di piattaforme e supporti allora al massimo dell’avanguardia come la 3DO o il CD-I, ospitavano (a puntate) fumetti che erano fumetti, naturalmente, non mancavano pagine dedicate alla musica. Erano gli anni delle posse, di Stop al panico, Slega la lega e, pochissimo più tardi, Fight da faida; ma anche l’unico momento in cui il noise rock abbia mai goduto di effettiva popolarità ad ampio raggio. Oggi sembra incredibile, ma immediatamente prima dell’invasione del grunge c’è stato un periodo in cui, per la prima e unica volta nella storia dell’umanità, ascoltare gruppi newyorkesi impresentabili e tentare di decifrare i testi dei dischi AmRep (nel cui libretto di due pagine era stampata a malapena una foto in bianco e nero sgranatissima) non erano operazioni ad esclusivo appannaggio di qualche decina di irrimediabili dissociati sparsi in giro per il mondo; ricordo benissimo i video degli Helmet al pomeriggio su Videomusic, le locandine del concerto dei Cop Shoot Cop affisse sui muri del centro, il clangore di chitarre taglienti come lame, bassi squadrati e tempi di batteria ossessivi, da catena di montaggio, che a volte facevano capolino perfino dalle radio nazionali. Sulle pagine musicali di Cyborg parlavano soprattutto dei ClockDVA e di altre band dai nomi esotici, a me totalmente ignote, le cui descrizioni mi catturavano come fiabe magnifiche, stimolando la mia eccitabile fantasia di bimbo: Laibach, Transmisia, gli stessi Cop Shoot Cop. C’era anche una rubrica dedicata alle autoproduzioni, ed è lì che ho sentito nominare per la prima volta gli Starfuckers; ne parlava in un’intervista Umberto Palazzo, allora leader dei Massimo Volume, interrogato a proposito della nuova scena rock bolognese, accostandoli a Splatterpink e Disciplinatha. Gli Starfuckers avevano da poco pubblicato il mini Brodo Di Cagne Strategico. (Continua a leggere)