Gruppi con nomi stupidi E Dischi stupidi: Sweep The Leg Johnny – Sto Cazzo!

 

Questo ha già vinto fosse anche solo per il titolo. Trovato a cinquemila lire nelle vaschette dell’usato al Disco D’oro un anno dopo la sua uscita, non ho mai avuto modo di ringraziare personalmente il gonzo che l’ha dato via per pochi spiccioli. Loro erano un gruppo math rock della prima ondata da Chicago, segno distintivo immediatamente riconoscibile il sax malmostoso e urticante di Steve Sostak (fondatore della band assieme al chitarrista Chris Daly) che punteggiava brani che già di per sé legnavano forte e duro. Alle impossibili architetture schizofreniche dei Don Caballero o al cinismo nerissimo degli Shellac (elementi pure presenti nella loro musica) il quartetto prediligeva un approccio forsennato e muscolare che riuscivi quasi a sentire il puzzo di ascella sudata filtare attraverso le casse; i loro pezzi erano massacranti tour de force tritaossa (e spaccatimpani) suonati con foga indicibile e urlati a perdifiato come se non ci fosse un domani, prodotti come piace a Steve Albini: qualche microfono al posto giusto e niente pippe. L’attitudine quasi hardcore: tutti insieme a spaccare in quattro la casa, pogo cameratesco, magliette fradice di gruppi improponibili e le mura del CBGB perennemente nella testa come ideale Shangri-La. Esplodono proprio con questo Sto Cazzo! (2000) – il titolo e la copertina corrispondono esattamente al contenuto del CD – dopo l’insipido 4.9.21.30 (1997) e il promettente Tomorrow We Will Run Faster (1999), che già lasciava presagire; si scioglieranno dopo un altro disco, Going Down Swingin’ (2002), flagellato da una delle copertine più brutte e anonime a memoria d’uomo. Ah, il moniker Sweep The Leg Johnny è ispirato all’ordine impartito dal perfido maestro sensei John Kreese al suo allievo Johnny Lawrence per spezzare la gamba a Daniel LaRusso nel primo Karate Kid. Ci mancano moltissimo.

Badilate di cultura: Neveldine & Taylor

(foto presa dall’Internet Movie Database)

Venerdì scorso è uscito in Italia (ma bisogna vedere in quali e quante sale) Gamer, action movie grezzone spegnicervello cibernetico alla vecchia, sorta di rilettura (ancora più) ignorante de L’implacabile o di Rollerball (versione John McTiernan!) con protagonisti Gerard Butler, il fustacchione irsuto di 300 poi macho villano con barba ispida in una serie di gustose commedie sentimentali, nei panni del supermegaeroe spaccatutto-muscolacci-battute sborone, e il tizio di Dexter (che campa di rendita sull’onda lunga del telefilm) nei panni del villain aguzzino-ingegnoso-mossette da psicopatico. Sano e rinfrancante cinema di periferia, con tanto di sceneggiatura scritta sul retro di un francobollo (ad avanzare pure un po’ di spazio), contrapposizione bene-male fieramente manichea che al confronto John Milius è un filosofo greco, pugni in faccia, calci in bocca, sparatorie laser a strafottere e confezione al risparmio da fare impallidire il Castellari di 1990 – I guerrieri del bronx; quel tipo di cinema che oggi a momenti non esiste più nemmeno negli straight-to-DVD, e che quelli della nostra generazione (diciamo “intorno ai trenta“) hanno imparato ad amare nel buio di sale semideserte rancide di piscio e al fresco delle arene estive con ciotola di popcorn formato Himalaya in grembo, cocacola a litri e rutto libero. Gamer non ha incassato molto: venti milioni di dollari in America, con una star di primo piano come Butler e un cast che comprende – tra gli altri – Alison Lohman, John Leguizamo, Amber Valletta e i negracci Terry Crews e Ludacris, non sono esattamente un paradiso di ricchezza (e non è dato sapere il budget di partenza). Forse anche per questo qui da noi è stato mandato al macero da pavidi distributori che hanno sancito il suo suicidio commerciale facendolo uscire il venerdì di Pasqua. Ma la questione è a monte: il pubblico a cui è rivolto Gamer, oggi come oggi, non esiste più se non nella fantasia di produttori romantici. Che in questo caso però sono anche gli sceneggiatori e i registi del film. Loro si chiamano (Mark) Neveldine e (Brian) Taylor, il primo belloccio, arruffato, barba di una settimana, alle spalle una carriera di attore che stentava a decollare; il secondo pelato, tarchiato, sguardo bovino, alle spalle la fotografia di un corto e di un film (The keys, 2002) che non è mai uscito, seconda unità di uno straight-to-video orrendo con Daniel Baldwin e Angie Everhart (The real deal, 2002). Entrambi praticamente sconosciuti al pubblico e alla Hollywood “che conta”, sbancano nel 2006 con Crank, action crasso e adrenalinico che eleva a livelli incalcolabili le smargiassate alla WTF di xXx (fino ad allora il grado zero dell’action americano) spostando l’asse di distanze siderali (e a un quinto del budget); un film talmente fuori e assurdo da eludere tutti i generi, rifondare da solo il concetto stesso di Z-movie e guadagnarsi nel tempo sostenitori insospettabili. È la svolta: Crank recupera tutti i dodici milioni di dollari che è costato e anche qualcosa in più nel primo weekend di programmazione in USA; prima di venire smontato dalle sale un mese più tardi fa in tempo a raddoppiare i guadagni. Ma è in DVD che il film continua instancabilmente a vendere, come in un certo senso è giusto che sia: va infatti ribadito che questa è roba da vedere sprofondati sul divano di casa con gli amici, tonnellate di snacks ipercalorici e malsani a portata di mano, secchiate di birra in ghiaccio, scoreggia al microfono e commentare ad alta voce le cazzate più macroscopiche. Nella sonnacchiosa estate 2007 Crank esce anche da noi, consolidando un culto che già iniziava a formarsi grazie al downloading illegale e ai “si dice” da oltreoceano; inevitabilmente, la preproduzione di Crank 2 nel frattempo era già iniziata, courtesy of la longa manus della Lions Gate, da almeno un paio di lustri sempre sulla breccia quando si tratta di portare l’eccesso, il cattivo gusto e l’ignoranza (nel senso più alto e nobile del termine) al prossimo livello. Qualcosa però non gira per il verso giusto, al punto che nel 2008 il progetto viene volontariamente lasciato in stand-by, e Neveldine & Taylor a quel punto si concentrano su Gamer. Non ho idea di come siano andate le cose, sta di fatto che la situazione si sblocca al punto che le riprese di Crank: High Voltage cominciano dopo soli cinque giorni dalla fine di quelle di Gamer. Il risultato è francamente inimmaginabile e tentare di raccontarne parte della grandezza letteralmente impossibile; talmente eccessivo, sguaiato, cocainico e tonitruante da superare di diverse lunghezze il già leggendario predecessore, l’accumularsi di situazioni ben oltre il paradosso più spinto, intuizioni al di là del bene e del male e repentini camei di gente a caso totalmente inaspettati (da un corteo di protesta di pornodivi per l’aumento dei loro salari tra le cui fila si riconoscono Ron Jeremy, Ed Powers, Nick Manning, Monique Alexander e Jenna Haze, a Maynard James Keenan e Danny Lohner che interpretano una coppia gay seviziacani, dalla fulminea comparsata di Lauren Holly – non accreditata – nel ruolo di una psicologa ninfomane a David Carradine nei panni di un cinese ultracentenario ultrainfoiato con la fissa per le puttane negre, da una scopata nel bel mezzo della pista da corsa di un ippodromo durante la gara con tanto di close-up del cazzo di un cavallo a un fucile a pompa cosparso di pece e infilato dritto nel culo di un samoano, fino allo sconvolgente finale sulle note di Keep on loving you dei REO Speedwagon), tutto quanto è talmente sfrenato e folgorante e incontrollabile che ogni tipo di discorso che vada oltre il rilevare l’immensità del puro piacere epidermico ricavato dalla visione diventa un insulto all’incommensurabile statura epica di un monumento al cinema di pancia e di cuore che non conosce eguali quanto a sincerità, strafottenza e convinzione.
Non poteva sfangarla, e infatti non è successo: costato venti milioni di dollari, è arrivato a stento a tredici e mezzo di incasso in un mese di programmazione negli States. In Italia e in molti altri paesi non è stato nemmeno distribuito; il DVD italiano è uscito, sotto silenzio, da poche settimane. La pagina Imdb di Neveldine & Taylor li indica al lavoro sulla sceneggiatura del fumettazzo Jonah Hex (uscita prevista: ottobre 2010), ma non alla regia. Che qualche sant’uomo continui a farli lavorare.