Christian Zingales lo definirebbe “un matrimonio in Paradiso”: due tra i più grandi frantumacoglioni attualmente in circolazione insieme, la stessa sera, sullo stesso palco. Di Joanna Newson per anni sapevo solo che aveva suonato l’arpa nel disco dei Nervous Cop, estemporaneo side-project free-cazzeggio del tizio degli Hella di cui cito a memoria la recensione di Stefano I. Bianchi (che ricordo benissimo, a differenza del disco): Un tempo “progetti” come questo restavano semplici esercizi casalinghi, prove e divertissment della domenica pomeriggio. oggi diventano CD. Nervous reviewer.
Questo fino a quando nel 2006 qualcuno – forse pitchfork, ma potrei sbagliarmi – improvvisamente decide che l’allora ultimo disco di Joanna Newsom dovesse essere una roba grossa. Detto, fatto: Ys, spietato generatore di orchiti disumane fin dal titolo (che cita, forse involontariamente, gli ammorbanti Balletto di Bronzo, come a dire butta male e se non capisci sei stronzo due volte), diventa seduta stante il nuovo mai-più-senza dell’intellighenzia indie e in generale di chiunque, a qualsiasi titolo, pretenda di atteggiarsi a uno che ne capisce di musica. Le lagne per arpa e vocetta petulante da elfo dei boschi con la crescita rimasta bloccata a sette anni vengono sdoganate con una profusione di sforzi degna della costruzione della diga di Assuan, firme di solito affidabili sbarellano alla grande e in generale il plauso è unanime come ci si trovasse di fronte all’unica e ultima Opera d’Arte con la O e la A maiuscole della storia dell’umanità. Il tripudio di peana continua fino a investire le inevitabili classifiche di fine anno, che vedono Ys trionfare su ogni rivista, ciclostilato, rotocalco e sito Internet che voglia definirsi tale; pagato il dovuto al mestiere dell’appartenenza, dal primo gennaio 2007 il disco può dunque assolvere la funzione che gli è più consona, ovvero prendere polvere da qualche parte, fermare la gamba corta del tavolo o languire nelle vaschette dell’usato o nel cestino del desktop in attesa del prossimo repulisti. Per il nuovo album di Joanna Newsom bisognerà aspettare quattro anni; per essere sicura che nessuno al mondo senta il desiderio di ascoltarlo se ne esce con un triplo CD. La sfilza di recensioni sborranti è meno nutrita della precedente. Comunque sono tutte cazzate: NESSUNO ha ascoltato il disco, così come NESSUNO ha letto dall’inizio alla fine Alla Ricerca del Tempo Perduto o Critica della Ragion Pura e NESSUNO ha visto Il Decalogo o Heimat.
Josh Pearson era il cantante/chitarrista alla guida dei “fondamentali” Lift To Experience, trio di buzzurri baciapile texani, sorta di 16 Horsepower in sedicesimi con un immaginario agghiacciante da cowboy preso male tutto cappellacci e basette alla Pelù, roba che anche i Fields of the Nephilim dei tempi d’oro si vergognerebbero; il loro unico album, il doppio The Texas – Jerusalem Crossroads, un delirante concept biblico da far rimpiangere i testimoni di Geova quando vengono a rompere il cazzo a casa la domenica mattina, ha raccolto qualche consenso nelle frange più ottuse e bigotte degli States. Qui da noi non se l’è filato nessuno, tanto più che è uscito nell’estate prima dell’11 settembre. Naturalmente ora c’è chi giura che nel 2001 stava a sbronzarsi di vin santo insieme a quella vecchia sagoma di Josh, io la chiamo consapevolezza retroattiva, in ogni caso potenza dell’ADSL. Dopo anni di oblio nel segno della devastazione psicofisica e dell’amore per Cristo, l’ex basettato Pearson rispunta fuori con un barbone alla ZZ Top e un disco, Last of the Country Gentlemen, verso cui si ripete invariato l’effetto-Newsom: folgorazione istantanea e unanime sulla via di Damasco. Fioccano recensioni esagitate, interviste prone, dichiarazioni di amore eterno, copertine, comunioni, conversioni, con qualche inevitabile voce fuori dal coro di riflesso – comunque limitata alle message board – del solito bastian contrario di professione che ha da poco scaricato l’orribile leak in VBR che gira da prima dell’uscita (fatica sprecata: tutto il disco sta in streaming gratuito su Deezer). Qualche giorno fa l’ho ascoltato: sembra una versione dilatata della scena di Animal House con lo strimpellatore “introspettivo”, solo che qui dura quasi un’ora e alla fine non arriva nessun Bluto a spaccargli la chitarra. La voce pare quella di un Morrissey inumato. La voglia di sbattere su l’opera omnia dei Poison Idea a volumi disumani mi assale come fosse l’unica cosa da fare prima della morte cerebrale. Un matrimonio in Paradiso.
Archivi tag: jesus christ looks like me
L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – Luglio (parte 2)

ecco come ha reagito Douglas P. alla notizia della vittoria della Germania per 4-0 contro l'Argentina.
Sopravvissuti (ma bisogna vedere con quali e quanti danni cerebrali permanenti) alla prima vera ondata di calore dell’estate (quel weekend all’inizio di giugno era solo un’avvisaglia) ci prepariamo ad affrontare la settimana entrante con almeno una certezza all’orizzonte che darà un senso ai prossimi giorni: quella certezza si chiama David Eugene Edwards. Intanto questa sera ai giardini di via Filippo Re c’è l’elettronica di un certo livello di Suz, a partire dalle 21.30, ingresso gratuito; poi con tutto comodo all’Echoes per la serata “Magic Monday”, stanotte in compagnia dell’ultimo grande teorico della techno Joris Voorn. Occhio a non esagerare con l’MD però, perchè non ci sarà tempo di smaltire il down martedì: dalle 21.30 infatti ci pentiremo dei nostri peccati nell’inferno in scala ridotta di Piazza Verdi (le temperature del resto sono le stesse) al suono delle minacciose omelie dei Wovenhand, strappati in extremis dall’egemonia ravennate per la prima data emiliana della loro carriera. E non dovremo nemmeno scucire onerosi oboli per questo, come di fronte a un telepredicatore del cazzo, perchè il concerto è gratuito. Non so voi, ma per quel che mi riguarda gran parte delle 36 ore che separano dall’Evento saranno dedicate al ripasso della Parola di David Eugene Edwards; e a fracassarmi la cassa toracica a furia di mea culpa, perchè sono un peccatore. Mercoledì e giovedì non c’è un cazzo, e anche se ci fosse qualcosa lo perderemo perchè saremo chiusi in cantina a pregare. Venerdì ai giardini di via Filippo Re ci sono gli Eterea PostBong Band; chissà se con quaranta gradi indosseranno ancora le divise stile “La città verrà distrutta all’alba”. Parallelamente, se nel frattempo i consiglieri comunali leghisti non riescono ad ottenerne la chiusura (o qualcuno non muore asfissiato all’interno), al Nuovo Lazzaretto sono in cartellone Antares + Temporal Sluts; è consigliabile portare da casa almeno una bombola di azoto liquido per rinfrescarsi. Sabato c’è la parata indie a Ferrara sotto le stelle, ma personalmente credo che avrò un altro impegno improrogabile, tipo stare a casa a fissare le pareti; in compenso imparo adesso una notizia inquietante, la data di sabato dei 400 Colpi al Nuovo Lazzaretto è stata annullata. “Inquietante” non per il concerto in sè (non rientriamo tra le torce umane in vena di amarcord, le quali dovranno purtroppo farsene una ragione), quanto per le sorti del Nuovo Lazzaretto, che a questo punto prendono una piega decisamente sgradevole. Indagheremo, magari proprio domenica al Rock Planet per i Baroness.
Ricordiamo inoltre che nel corso della settimana si svolgeranno i seguenti festival:
– Santarcangelo dei Teatri @ Santarcangelo, 9/18 luglio
– Moonlight Festival @ Fano, 8/10 luglio