Recensioni old skool: THE MELVINS – FREAK PUKE

Ora girano sotto il nome di Melvins Lite e suggeriscono il fatto di non avere più due batterie. Naturalmente supporre che dopo una trentina di anni e di dischi alle spalle i Melvins siano altro che King Buzzo e Dale Crover più una sfilza di manovali tecnicamente dottissimi è quantomeno una forzatura, non fa eccezione naturalmente l’innesto di Trevor Dunn al posto del tizio dei Big Business. E niente, dopo una carriera passata a rovinare amplificatori e palchi e playlist di fine anno ci sta pure che i Melvins infilino di tanto in tanto un disco bruttino come quello di remix o il presente Freak Puke. Oddio, forse “bruttino” non ci sta nemmeno. È più semplicemente un disco prodotto un po’ così e con dei pezzi un po’ così, pochissime punte di classicismo sludge alla Melvins e tante variazioni sul tema quasi tutte abbozzate alla bell’e meglio e quasi tutte fuori contesto. Voglio dire, non è che non c’eravamo quando uscivano gli Honky del caso o il disco con Lustmord, ma non stiamo parlando di niente di così organico o di così volutamente disorganico. C’è una raccolta di pezzi, a un certo punto attaccano degli archi, ci sono abbozzi di suono quasi wave, una cavalcata finale di stampo vagamente kraut rock e tutto un po’ di fango, il tutto suonato come fossero pezzi dei Melvins e con la bruttissima scelta di una registrazione che sembra voler farci credere che King Buzzo e Dale Crover suonino da sempre lo stesso strumento. Va benissimo, ma se devo scegliere prendo la bassa macelleria di The Bulls and the Bees o le cover di My Generation fatte palesemente per ridere. Voglio dire, non è del tutto necessario avere fuori un disco nuovo ogni tre mesi.