Pikkio Music Awards 2k13 (parte 2)

L’intro è nella prima parte leggetevelo se volete capire il 2k13 in musica!!! E ora ecco le 18 categorie delle cose musicali 2k13! Ricordatevi la terza parte sarà quella in cui ci saranno i DISCHI DIO quelli proprio DIO.

"2k13" (opera d'arte di https://soundcloud.com/ragazzodiperiferia )

“2k13” (opera d’arte di https://soundcloud.com/ragazzodiperiferia )

SGRAKKIO (il vero suono del 2013 è stato lo SGRAKKIO, ne noise skranno ne sgrattoa rusty, ma proprio quel suono de sgrakkio alla gola in rigoroso ordine alfabetico)

Kyle Hall – The Boat Party LP (Prendi la house sgrakkiala male, dentro 10 cassette sgrakkianti e hai il boat party di Kyle Hall)
Deerhunter – Monomania (tutto Monomania sgrakkia male già dal primo pezzo, ma lo fanno un po’ tutti i dischi garage rock (anche se non con sto suono skrotale), il fatto è che in Monomania c’è il primo esempio di assolo di SGRAKKIO DE CATARRO (escluso tom waits) nel pezzo T.H.M.)
Kanye West – Yeezus (Kanye West è uno JEZU’ COGLIONE perché con Yeezus ha creato il primo esempio di SGRAKKIO HD tipo che ne so ricostruire con 300miliardi delle rovine scrause però con materiali pregiati. Senza motivo. Unico disco che mi piace veramente di Kanye West e poi infatti ho scoperto che al mitico Lou Reed (RIP) piaceva per gli stessi motivi miei. Quindi c’ho ragione io e mi metto a cantare HEAVENLY ARMS REACH OUT TO HOoOOOLD MEEeE con il fantasma di Lou evocandolo nella mia casa in un cortocircuito con la prima canzone “my house” di Blue Mask dove Lou evoca lo spirito del suo mentore cortocircuito triplo visto che invece heavenly arms è l’ultima canzone di blue mask!! ahahah quanto sono POSTMODERN(O))) RETROMANIA REVENANT IL FANTASMA EL PHANTASMO HD SOLDI FINANZA etc.)

#CIVOTI (quei dischi che dici “ammazza belli!”, ma poi pure sticazzi nonostante tu li apprezzi come artisti e il disco è piacevole. in rigoroso ordine alfabetico)

Machinedrum – Vapor City (Bravo Machinedrum! un bel piano liquido una ritmica fooworkjungle tutto perfetto, pare sempre tutto perfetto, ma poi rimetti su Room(s) che essendo uscito su Planet Mu e non su Ninjatune era più dritto e aerodinamico senza lo spauracchio del dire/fare/ammorbidire)
Matmos – The Marriage of True Minds (I Matmos li amo poi quest’album ha titoli e intenzioni bellissime, sviluppo electro malato bello, psicoterapie e mentalismi, ma poi metti su la musica di Ape Escape 3 e te lo dimentichi. Credo sia un capolavoro ma lo riaggancerò nel futuro. Per ora #CIVOTA)
MGMT – MGMT (MGMT video e canzone loop sgrakkio2k13 con your life is a lie, ma poi l’album m’ha rotto li coglioni mica ho capito perché visto che è pure più pazzo degli altri dischi. Gli ho pure dato tante chance! Sarà perché #CIVOTA)

SO HD IT HURTS (quei dischi così HD che ti fanno spaccare la faccia contro il muro dei 1440p)

Rustie – Triadzz/Slasherr ep (Rustie continua imperterrito il suo trip fatto di Sonic Generations, ITALIA…. UNO!!!! e pasticche HD)
Jackson and His Computerband – Vista *Hudson Mohawke Remix* (MINCHIE IN AMORE/CAZZI TAGLIATI per il pacchian-francese Jackson che si unisce con l’HDGOLENBOY e TwitterStar scozzese HudMo in questo remix che è ai limiti del 1440p)
Atom™ – HD (album intellettual/politico sul POP in HD, che però è cazzismo come dev’esse l’HD e in più da un senso agli scassamenti di palle techno brutta spacciata per arte dell’ultima Raster-Noton)

BonusKanye West – BOUND 2 (il video! perché contiene cose non descrivibili per il genere umano in quanto oltre il 1440p oltre il muro della megalomania e dell’universo riproducibile)

SNAZZICACHANNEL (dischi per snazzicare a casa, in disco o in auto)

Thundercat – Apocalypse (Thundercat già noto bassista di Flying Lotus migliora la sua formula fusionphuturo diventando più aeroso e funky, per snazzicare in scioltezza ho scelto il pezzo più classic dedicato ai suoi amici Lotus e Jondy!)
Syclops – A Blink of an Eye (Maurice Fulton aka Syclops aka ER FRONTE ci fa saltare tipo insetti in Jump Bugs! IN generale il disco è Gran Snazzicamento in uno SkrotoClub Houzz)
Omar-s – Thank You For Letting Be Myself (Omar-S ci ringrazia che l’abbiamo lasciato esse se stesso e ci fa snazzicare da Detroit in stile Out-Run!)

INSTICCHIAMENTO (i dischi di ritorno verso l’utero/la morte-la vita eternity loop)

Boards of Canada – Tomorrow’s Harvest (nothign is real. i boards of canada ci dicono che nulla è reale se non l’insticchiamento mummia per sfuggire all’apocalisse dei semi della morte)
Flaming Lips – The Terror (il terrore di una vita senza amore, ma tanto ti devi insticchiare lo stesso)
Daft Punk – Random Access Memory (vitamortevitamorte pacchian hd insticchiamento opera’70 sbagliati. give me something real.)

DISCHI GAMING (dischi con cui ho giocato bene ai videogiochi in rigoroso ordine alfabetico)

Kenobit – Kenobit (se volete correre più veloci di tutti a Trackmania2 dovete assolutamente mettervi in loop l’album di Kenobit come faccio sempre io. TURBOTUTTO8BITBLASTO ULTRAMODE ON)
Knx. – Anthology (se volete fare più trick maledetti e sfidare la morte con la vostra motocross a Trials Evolution togliete la sua orrida colonna sonora e mettetevi l’antologia di Knxwledge! Swaggherete rombando e sarete un tutt’uno con gli ammortizzatori!)
Polysick – Daydream (Se volete giocare 52 ore di seguito a Civilization mettetevi in loop Daydream di Polysick vi terrà in stato di lucido sogno di conquista del mondo!)

Bonus: Parallax & Shaders (compilation gratise di cover di musiche di videogiochi superpsychodeludica e dentro c’è pure la mia band Rainbow Island che rifà Cannon Fodder, SPAM)

BLAST FROM THE PAST (le RISTAMPE i REMAKE i CAPOLAVORI NASCOSTI il PASSATO)

Psyche \ BFC ‎– Elements 1989 – 1990 (che gran phuturo che vedeva l’allora giovane maestro della techno Carl Craig nell’89/’90! Capolavori detroitiani che finalmente hanno una loro raccolta!)
Alessandro Alessandroni – I Cantori Moderni Di A. Alessandroni (Alessandro Alessandroni aka Mr Fischio ci portava nell’infinito delle voci italo’70, ovviamente ristampa da avere nell’edizione vinilica fetish!)
Piero Pelù – Identikit (Piero Pelù si re-inventa più STRAROCK che mai e ritorna come un maldito boomerango!!! E quanto è TUTTO2kMORTE che pure Pelù ti torna remake ROCK (una volta i remake erano boh acustici al massimo elettronici) tipo bumerango dietro la clavicola?!?)

Bonus: Rainbow Island – Road To Mirapuri (ristampa fondamentale di questa band krautdarkdub polacca dell’79 rimasta sconosciuta fino ad oggi)

PHUTURO (i dischi che ti comunicano quella sensazione di fantascienza phuturo urbana extra urbana o aliena. in rigoroso ordine verdeo!)

Mu-Ziq – XTEP ep (µ-Ziq non ha fatto solo il disco PHUTURO dell’anno ma anche l’ep più bello dell’anno. E il viaggio di MONJ2 che vi ho linkato ne è solo un esempio. Il disco intero Chewed Corners merita, ma non quanto questo EP.)
Roly Porter – Life Cycle of a Massive Star lp (Roly Porter ci porta oltre i bastioni d’orione a veder balenare raggi gamma, nel disco più gravity/frontier: elite 2 di sempre!!)
Mark Pritchard – Ghosts / 1234 / Make A Livin’ Eps (Mark Pritchard sbaraglia qualsiasi bass turbo phuturo muzik con tre ep di cristo per ballare in un Wipeout5040)

Bonus: Buromaschinen – Welcome to Buromaschinen (Buromaschinen purtroppo incastrato tra 2012 e 2013, ma tutt’ora il miglior disco electro phuturo possibile in questo 2k13 ! ED E’ GRATISE)

SMORFINAMENTO COMFY (i dischi che agevolano lo scivolo nel piumone, quella musica che ti coccola e anestetizza dolcemente piano piano. Ordine alfabetico!)

Terekke – Yyyyyyyyyy ep (ah che dolce scivolare in una glassa galassia piuminosa con l’ep di Terekke! tipo quando c’hai la febbra e prendi lo sciroppo glocconico)
TM404 – tm404 lp (un’orchestrina techno che ti coccola e ipnotizza a dovere, bravo TM404 se proprio dobbiamo basic channelare allora channeliamoci nel letto)
Raajmahal ‎– Raajmahal lp (Raajmahal sono i capi del COMFYCON2k13 alla faccia della regina Grouper, seguiteli nel loro bandcamp buttatevi sul letto e poi provate a rialzarvi, non ci riuscirete rimarrete immobili con la bava alla bocca in overdose di comfyness oppiacea.)

IKKEHAUNTING (la musica phantasmo che ti haunta di stramaledetto)

Actress – Silver Cloud ep (La nuvola argentea di Actress è stata la cosa più hauntante del 2k13 inizia con uno sgrakkio e finisce con uno SPECIAL DREAM VOODOO POSSE CHRONIC ILLUSION)
L VIS 1990 – Ballads ep (Un rolex che ti perseguita nella notte, una ferrari che non ti appartiene, un incubo in HD. Tutto questo è Ballad 4D di L VIS 1990)
Mazzy Star – Seasons of your day (ogni tanto è bello anche farsi perseguitare da dolcezza noir e porporina dreamy come fanno i Mazzy Star!)

BIAGY SNACK (l’ora della merenda, quei dischi gustosi che ti fanno scivolare bene la giornata)

Four Tet – Beautiful Rewind (disco BIAGY SNACK per eccellenza alterna puccyoserie tipo Unicorn a momenti movimento phessi tipo Buchla. Four Tet malcagatissimo da chi lo osannava perché non più in Domino fa in bel concept audiolibro sui ritmi che gli piace ballare, che secondo il mio disonesto parere è l’album più completo che ha fatto insieme a Rounds e Everything Ecstatic. BRAVO FOUR TET!)
Blondes – Swisher (Swisher dei Blondes è quel momento di snack sulla scrivania alle sei di sera, hypno nebbioso e melodia crunchy)
Ducktails – Flower Lane (ogni canzone dell’altrimenti prescindibile Flower Lane di Ducktails è un momento di jingle janglo snack feel good con infiltrazioni di momenti nostalgia per non farci mancare niente. E grazie a sto disco ho scoperto la fusion autostradale jappo)

FIRE MUSIC (dischi di fuoco improvvisativo che vi scuotono dal torpore !!!)

Fire Orchestra – Exit! lp (l’orchestra di Matts Gustaffson ci indica che l’uscita è DA QUELLA PARTEEEEEEEEEEE dove tutti fanno RParaprpiuapURPESKREEWE ma in modo bello !!!)
Rob Mazurek Octet – Skull Sessions lp (esplorazioni febbrili dentro le misteriose cave del teschio !!!)
Fabio Mancini – Noi Due youtube (focosa e struggente storia d’amore per un tripudio di emozioni free improv impareggiabili !!!)

SKRANNO DELL’ANNO (la musica SKRANNA quella dei RUMERI)

Pete Swanson – Punk Authority (Pete Swanson ci insegna che la vita finisce a 30, poi bisogna cercare di averne 10 in skrannostrobo techno loop!)
Wolf Eyes – No Answers: Lower Floor (classico disagio zombie del Michigan tagliando alberi a caso, belli pure hair police o quello di aaron dilloway non più wolf eyes)
Venta Protesix – Lolicon Noise Star (skranno manga video morte: un bel digestivo effervescente brioschi)

YOUTUBE LOOP (canzoni ascoltate in loop per 10kmila volte)

Beck – It won’t be long (non sarà lunga Beck e quindi l’ho dovuta mettere in loop per 20mila volte almeno. per me canzone pop dell’anno alla faccia de quella merda de pop lady gaga li porco dio o quelle cose popbegoli che non se ne può più !!20912012)
Fabio Mancini – Noi Due (FABIO MANCINI NON POTEVA NON VINCERE ALMENO DUE PREMI! NOI DUE IN LOOP PER 8 ORE DI LAVORO AL GIORNO SEMPRE!)
Mauro dj – GNOMO ROTTINCULO (Un pezzo straordinario e capellone, un avventura romantica in una cornice da sogno, ma anche un momento di grande trascuratezza personale e sciatteria. Un pezzo per stare insieme, ma anche un pezzo per stare male. Consigliato soprattutto a drogati e malfattori.)

Fuori classifica Ape Escape 3 – Happy Sensation Italian Version (non è del 2013 però E’ LA CANZONE PIU’ BELLA D ISEMPRE NON POTRERWEE FARNE A MAEONAON DOAJNT IUODCRISTOO!!!)

MINGHIIIEeeEE SWAG (turboswagga2k13)

DJ Rashad – I Don’t Give a Fuck ep / Double Cup lp (ai ai ai ai stis tisitstilll lll–lll-loove youuu)
RP Boo – Legacy (that’s what the speaker are for / what they do what they do what they do)
Traxman – Blow Your Whistle (oooo-o-o-o-o-oneone-oneone-twotwo-three-four)

DISCHI FAMMOCC (delusioni dischi rate cacca che la gente se magna)

Black Angels – Cascionata Futile Involuzione A Cui Voto CONTRO!!!! BASTA CON LE RADICI! (emmesà che i pontiak so i prossimi uff)
Forest Swords – Monnezza Finto Burial Coi Suoni Orribili E La Composizione Tipo Finto Darkettone Pretenzioso (questo è veramente non capibile il perché esista)
Fuck Buttons – Brillocchio Pretenzioso (e pure i live mo so a rischio fregna de pecora epic mogwai-style che palle)

PREMIO SPECIALE “COME UNA MINCHIA IN FACCIA”

Burial – Rival Dealer EP (Era difficile battere entità abnormi come Kanye West in questo matto matto 2k13, ma Burial si conferma outsider in tutto e per tutto e che fa? Si fa una foto del suo cazzo e la schiaffa sui desktop di tutto il mondo così, come regalo di natale! Abbiamo Rival Dealer che è Burial feat. Jean Alesi, c’è Hiders che è una cover degli WHAM!, e poi quel Come Down To Us tipo Final Fantasy XXVIII che nel mitico minuto 7:40 diventa Cheb Khaled – Aisha + Zucchero – Senza una donna = Pavarotti & Friends 2030 Veramente, non se l’aspettava proprio nessuno.)

Pikkio Music Awards 2k13 (parte 1)

CIAO IO SONO DJ PIKKIO E BENVENUTI ALLA PRIMA EDIZIONE DEI PIKKIO MUSIC AWARDS! SONO ONORATO CHE FRANCIKEKKOBEGOLI DI BASTONATE HA VOLUTO PUBBLICARE I MIEI AWARDS QUI SU BASTONATE !!!

per leggere questo articolo si consiglia questo sottofondo musicale
 

Prima di spararvi banali classifiche ripercorriamo quest’anno 2k13 in musica, che ne vale proprio la pena! Voi penserete sicuramente “anno banale/le solite canzoni/ma che è/la mia giovinezza/bloating” invece è stato un anno specialissimo. Un anno di musica tipo cazzo all’indietro che si insticchia, cioè un cazzo che torna indietro e si rificca nello sticchio da dove era nato, forse per far morire tutti non riproducendosi più, oppure per generare una nuova vita nel mondo pre-vita che abbiamo sempre snobbato, ma che necessita ancora di tante scoperte e ascolti come dimostrano le tante troppe ristampe di cazzate tipo “mizzìo il prog cantautore italiano sconosicuto”. Attenzione questo cazzo insticchio2k13 non è retromaniaco piuttosto vuole rifugiarsi nel luogo della mente (che non ha spazio e tempo ma solamente KEK), questo si può anche evincere dalla forma caratteriale di 2013 che è molto “<==3” tipo aerodinamicità al contrario nel senso “sono aerodinamico solo dentro la mia mente non vi inculo de pezza CIAONE DOMANI” quindi si è proiettati verso il DOMANI da tanti ormai tragicamente disprezzato.

Guardatelo bene! <==3 è proprio lo specchio magico del più banale e volgare cazzo dritto 8==D  che invece va stupidamente diritto contro il muro dell’ottusità dell’oggi!!!!!

Il 2k13 musikale è un 2k13 che ci ha rivelato i segreti dell’HDLIFE, del post-apocalittico quello non sgothico orendo (che però non cessa di morire e condannandoci al living with sgothic, ma d’altronde la purezza e il bello assoluto non esistono e lo sgoth ce lo ricorda saggiamente), dello sgrattare la superficie del grattino, dell’esseri liberi da vincoli tipo “la glossa”, del potere mental, degli eccessi e irregolarità racchiusi in album pesanti (o leggeri) ma piuttosto megalomani e consapevoli del loro concetto di album dall’inizio alla fine. Questo avviene dopo anni in cui tutti si erano fissati con il “pop” o il formato “canzone singola” (compresi molti che leggono e scrivono qui dentro) o addirittura “la musica di genere” (tipo la famigerata musica AKTION) in un trip sbagliatissimo tutto loro, figlio magari di cacate sul mito dei 45 giri (cheppalle) o di youtube e la musica liquida. Sbagliatissimo perché mentre il 45 giri ti limita  a due canzonette, youtube soundcloud torrentz quel cazzo che vi pare non si limita per niente! il vostro limite è soltanto la banda larga e la vostra faaAntAasiAAA, anzi si presta a quelle operazioni qui già celebrate tipo “rumore di click del mouse per 2 ore in loop” o “la playlist infinita del mio amore gatto! ❤ “. Certo è tosta racchiudere in un album intero (e non in una raccolta canzoni tipo le mie meglio canzoni 2006-13) la propria ispirazione che si diluisce in mille cazzatielle, per questo a fare il DISCO DIO ci sono riusciti in pochi (ma ci sono riusciti al contrario di anni scivolosi tipo il 2011) e gli altri però ci si sono avvicinati con album altrettanto notevoli.

Nothing Is Real

Nothing Is Real

Insomma la prima parte di questo gigantesco e verboso Pikkio Music Awards 2k13 si conclude qui, era solo un intro. La seconda parte vi mostrerà le ben 20 microcategorie che rappresentano la segmentazione del mio cervello (e non del mercato, che è roba che non conosco), mentre la terza vi raccoglierà i veri SETTE+DUE DISCHI DIO DEL 2k13 QUELLI PROPRIO GLI ALBUM DA ASCOLTARE INTERI (e no non ci sarà manco l’ombra di una roba metal o hc, quindi potreste non leggermi più) CIAO A TUTTI !!!!!

Tanto se ribeccamo: KAOS


Per Dargen D’Amico il rap è fare finta che domani muori; per Kaos invece è morire ADESSO, in ogni istante, e per davvero. Capisci? È sempre stata questa la differenza. Non avere alternative, giocarsela fino in fondo, fino alla fine, senza un altro posto dove andare, senza un piano B. Poi certo è anche una questione di stile, ma quando sono le tue stesse budella che metti sul piatto senza ripensamenti è raro che sbagli, e se non altro puoi riuscire a sostenere lo sguardo quando vedi la tua immagine riflessa allo specchio – per quanto sia un modo di vivere che spesso possa portare e abbia portato a contraccolpi psichici devastanti. Ritrovarsi nei testi di Kaos significa rivivere ogni mazzata presa, ogni momento brutto, ogni rospo ingoiato, ogni volta che i secondi diventano millenni e fino all’ultimo degli attimi in cui si è stati nudi e inermi di fronte all’immane crudeltà dell’universo, il tutto amplificato per svariati miliardi di megatoni. Difficile pensare a qualcosa di altrettanto vero, non solo in ambito hip hop; forse giusto il sangue quando esce ad altezza polsi, a volte nemmeno quello. Doveva essere il suo ultimo disco Karma, l’album dell’addio alle scene, un estremo contributo alla scienza doppia h e poi levarsi dal cazzo con dignità immutata, lasciare infine che il microfono se lo litighino i vari intercambiabili turisti del flow e dell’umano, lavarsene pilatescamente le mani dopo oltre vent’anni di lotte contro i mulini a vento, perle ai porci e lacrime amare. Ma non si può negare la propria stessa natura e pretendere di sfangarla, sarebbe come dire da domani smetto di respirare: impossibile. E infatti Kaos non se n’è mai realmente andato, continuando negli anni a portare in giro il suo show, un irriferibile stream of consciousness di introspezione brutale dove si intersecano senza soluzione di continuità pezzi che sono chiodi nella carne per chiunque abbia saputo confrontarsi con la vita senza riserve, ogni tanto alternando ai live anche qualche djset confidenziale, lui comunque un faro per chi con la musica intrattenga rapporti che vadano un minimo oltre la semplice conoscenza. Nella seconda metà del 2010 le ristampe in CD di Fastidio e L’Attesa, entrambi introvabili da anni, sono qualcosa di più di un atto dovuto; oltre a dare a Cesare parte di quel che è sempre stato di Cesare, innescano un processo di storicizzazione del personaggio indispensabile soprattutto per chi quegli anni non aveva potuto o voluto viverli, per limiti anagrafici o chissà che altro – certo altri pilastri importanti mancano ancora all’appello (Merda & Melma, Neo Ex, per non dire dei featuring che sono parte del discorso almeno quanto la discografia ufficiale) – di fatto alimentando le speranze di una futura rentrée dell’uomo anche alla luce dei vari inediti proposti di volta in volta nei live più recenti, sorta di work-in-progress di pezzi che già si intuivano almeno di pari livello quando non superiori alle vecchie cose. Dottor K e Le 2 Metà le pugnalate più ferali, il primo una sorta di seguito apocrifo di Cose Preziose (“A 16 anni stavo messo male/ Vent’anni dopo: messo uguale/ Stesso antisociale“), la seconda qualcosa di molto vicino al concetto di canzone d’amore definitiva, in entrambi i casi materiale pericolosissimo, roba che ridurrebbe a brandelli una mandria di bisonti se solo i bisonti sapessero l’italiano. Lo scorso 11 novembre ecco dunque Post Scripta, titolo e copertina che nuovamente giocano con il messaggio di addio alle scene in maniera sempre più insistita e funereamente esplicita, in pratica un ‘al lupo’ a cui si spera nemmeno Kaos stesso creda più; otto pezzi per poco meno di venticinque minuti di pugni al cuore che per la prima volta in una carriera che ha da poco oltrepassato il quarto di secolo potrebbero effettivamente raggiungere più orecchie del necessario, grazie anche a un’esposizione mediatica esorbitante per gli standard a cui l’uomo ci aveva abituato (cioè niente di niente o quasi). Fa strano vederlo gesticolare nel primo videoclip della sua storia (non si contano i Radical Stuff e le partecipazioni ai video di Neffa e OTR), o ascoltarlo aprirsi ai microfoni di Carlo Pastore su Radio2, e non certo per improponibili baggianate “noi vs loro” in questo caso mai altrettanto inappropriate, di fatto il Don non deve dimostrare nulla a nessuno, quanto perché, citando alla lettera un commento apparso su youtube: Non è fatto per luci e telecamere, lui non se fotte veramente un cazzo di convincerti, lui non vuole piacerti, a differenza di tutto il resto dei burattini stereotipati con cui è costretto ad essere messo a confronto lui sta da n’altra parte, è n’altra pasta, n’altra stoffa, n’altra musica, non cambia identità in balia di mode e canoni, lui sta lì e ti racconta le sue storie, con i suoi tempi e il suo modo freddo e perforante di farlo.

Non è maestro di nulla, ma può insegnare molto a tutti.


Ascolta Post Scripta

CRASH OF RHINOS @ Circolo Valverde (Forlì, 19/11/2011)


Quello che guida lo conosco bene: siamo amici da circa vent’anni, praticamente siamo cresciuti insieme, ora non ci si vede più tanto spesso ma insieme ne abbiamo fatte tante e soprattutto ci si capisce ancora al volo, quasi senza bisogno di parlare. La migliore compagnia che potessi immaginare per un concerto come questo. Nell’autoradio una raccolta dei Face To Face, il sottofondo più appropriato per una gita fuori porta che ha il sapore cocente dell’amarcord, vedere scorrere giornate, mesi, anni ormai lontani, scanditi da una musica che contribuiva ad amplificare emozioni già in partenza devastanti: Quicksand, Jawbreaker, Still Life,  i misconosciuti Bad Trip che ho amato fino alla consunzione, poi certamente Texas Is The ReasonMineral, Sunny Day Real Estate, in Italia Eversor e Burning Defeat soprattutto, quel suono sempre in bilico tra emocore (quando ancora emocore era un termine legato quasi sempre a qualcosa di vivo e bruciante) indie rock (idem come sopra) ma pure hardcore e metal che è stato la colonna sonora della nostra educazione sentimentale e iniziazione alla vita. Un vissuto che, chissà come, i Crash Of Rhinos sono riusciti a reincarnare e rievocare alla perfezione, a dispetto di ogni possibile differenza geografica, anagrafica o di environment, del resto i temi e le sensazioni di cui si fanno portatori sono universali (perlomeno nella distanza tra le casse dello stereo e un cuore pronto a infiammarsi): essere adolescente negli anni novanta, la scoperta del mondo negli anni novanta. Anche la stagione è quella giusta, l’autunno dell’inizio dell’anno scolastico, dell’ora solare, degli affetti che cambiano, dove tutto trascolora e il freddo fa condensare il fiato, certo settembre sarebbe stato forse ancora meglio ma ora in compenso il gelo il buio e la nebbia favoriscono l’introspezione e il flusso di ricordi. Di nebbia stasera ce n’è pure troppa, la A14 sembra il ponte di un vascello fantasma, il casello di uscita il porto alla fine di una tempesta particolarmente arrogante. Per strada manco un cane, poche auto, ghiaccio sull’asfalto: è Forlì il sabato sera a novembre. Parcheggiamo di fronte a un minimarket sulla cui insegna (spenta) sta scritto “Simpatia” a caratteri rotondi e gommosi; le giacche le lasciamo nel bagagliaio, come facevamo da sbarbi, quando il freddo non ci faceva poi così paura (specie se a contrastarlo ci pensavano svariati litri di birra nello stomaco). Ad accoglierci al Valverde un tizio addetto al tesseramento con simpatici tatuaggi da ergastolano sul dorso della mano e Back In Black a volume moderato dal bancone del bar: splendido. È ancora presto; i ragazzi ci danno sotto con panini e birra ma io sono sulle spine, troppo emozionato al pensiero della mastodontica madeleine proustiana che sta per abbattersi su di me, e nemmeno ci penso a mandare giù qualcosa. Comincia ad arrivare gente. Arrivano altri vecchi amici con cui non capita spesso di incontrarci, da Ferrara, da Cesena, Renato addirittura da Brescia; siamo tutti qui per lo stesso motivo se vogliamo – ritornare indietro nel tempo – ognuno ha scelto la sua strada ma ogni volta che ci si rincontra non importa quanti anni sono passati, la certezza di rivedersi specchiati negli occhi dell’altro è la stessa di sempre, e le nostre strette di mano sembra vogliano esprimere orgoglio (d’altra parte, chissà). Inizia il concerto, la saletta al piano di sotto si riempie in fretta; tra il pubblico più vecchiacci che ragazzini, c’è perfino qualche ragazza, trascinata qui per chissà quale motivo, forse a tradimento. I Distanti sono il tempo che mi separa dai Crash of Rhinos: deve passare, e passa. Dal banchetto dei dischi direttamente sul palco i Crash of Rhinos, facce da working class dei bassi strati, magliette logore (a parte il mezzo cinese che è veramente sciccoso ed elegante), temibili ventri da birra o schiene piegate da programmatore rachitico, sembrano quelli che alle feste se ne stanno in disparte osservando le cose accadere. Due chitarre, due bassi, una batteria e quattro microfoni; sul corpo dello strumento uno dei bassisti (quello irsuto) ha attaccato un adesivo con scritto MINERAL, e già hai capito com’è la storia. Parte il primo pezzo ed è subito un tripudio di urla a tutta gola, le vene del collo prossime al collasso, un muro di elettricità innalzata come scudo contro l’immensa crudeltà del mondo. Avrei voluto pogare ma la letargia del pubblico forlivese non mi disturba poi più di tanto: tempo il secondo pezzo e divento uno zombie immobile io pure, travolto dal cortocircuito spaziotemporale accentuato dalle sfumature post-rock che i pezzi assumono dal vivo e che su disco non avevo colto. Ho di nuovo 16 anni, il tunnel di Underground come l’entrata di una chiesa, i cataloghi della Green Records mandati a memoria come fossero la Bibbia (e di sicuro mi hanno fatto meglio della Bibbia), le fanze lette in classe, le prime legnate ai concerti, i volantini in bianco e nero ancora puzzolenti di Rank Xerox, ingresso cinquemila lire, e fai girare ‘sto microfono, lunedì c’è la verifica di greco e non ho studiato un cazzo, meno male che settimana prossima vado a vedere i June of 44 al Link. E tutti intorno hanno la mia stessa età mentre in tre quarti d’ora i Crash of Rhinos srotolano tutto l’album più uno strumentale inedito che più che un pezzo è una sintesi di tutto ciò che musicalmente è accaduto tra il Midwest e il Kentucky in anni in cui eravamo più giovani ma manco per il cazzo più inesperti: è proprio vero che più le cose cambiano più restano le stesse. Non sempre la nostalgia è una brutta cosa. Non stasera, almeno.

un anno dopo

Daniel Johnston si rilassa dopo una dura giornata di lavoro

 
La cosa migliore a cui Mark Linkous abbia messo mano non sono i Dancing Hoods o i dischi a nome Sparklehorse o le occasionali collaborazioni con questo e con quello, né tantomeno l’album ‘fantasma’ Dark Night of the Soul assieme a Dangermouse, sciccoso giochetto situazionista per mandare in paranoia downloaders folli e scienziati della comunicazione particolarmente eccitabili, la cui bellezza e pregnanza è inversamente proporzionale a quanto se ne è parlato.  No, la cosa migliore a cui Mark Linkous abbia messo mano è Fear Yourself, il disco che nel 2003 ha sdoganato definitivamente Daniel Johnston alle platee festivaliere di tutto il mondo e di cui Linkous è stato produttore, arrangiatore, factotum e, diciamolo, mente principale dietro all’intero progetto, tanto che del suo autore alla fine conserva giusto qualche linea di chitarra o piano (entrambi strimpellati alla meno peggio) e naturalmente i testi, tutti declamati sussurrati piagnucolati o strepitati sguaiatamente con quella mostruosa vocina da bambino vecchio; il resto, musica e arrangiamenti e stuolo maniacale di strumentazione obliqua e bizzarra (un esercito di steel guitar fiati archi tastiere synth analogici mellotron organi e organetti praticamente infinito) è tutta farina del sacco di Linkous, e parla di una delle menti più geniali di sempre per quanto drammaticamente fuori dal tempo, uno che i Flaming Lips possono soltanto guardare da lontano sperando di poter arrivare un giorno a comprenderne parte della grandezza, uno che se fosse vissuto negli anni di Phil Spector, di Todd Rundgren, di Isaac Hayes, probabilmente sarebbe riuscito a metterli tutti quanti in ombra con il suo smisurato talento in sala d’incisione e un gusto per le soluzioni più storte e imprevedibili che non trova paragoni (men che meno oggi, quando in un’ora di studio di registrazione ci si è già bruciati tutto il budget). Ma non è soltanto una questione di perizia tecnica e fantasia deviata ad aver fatto scattare la magia. In un modo strano e incomprensibile a chiunque fuorché ai diretti interessati infatti Johnston e Linkous si completano a vicenda: il primo trovando nel secondo il partner ideale per veicolare le sue inesauste tirate di amore impossibile e ingovernabile, lanciate contro il mondo finalmente con un costrutto e un apparato stilistico che le rendano canzoni prima ancora che pietosi sfoghi inascoltati; il secondo trovando nel primo un senso e uno scopo per mettere ordine nella Babele di suoni e visioni dentro la propria testa, disciplinare il tutto e metterlo al servizio di qualcun altro che si riconosce simile nella sua alterità e per questo degno di rispetto assoluto. Il risultato sono dodici canzoni tra le più belle e vive e commoventi vi possa mai capitare di ascoltare, un disco capace di ridurre il cuore a brandelli a chi un cuore ce l’ha e non ha paura di farlo funzionare. Un capolavoro irripetibile e irripetuto che ieri, oggi, domani, dopodomani e per sempre è tra quelle cose che riempiono la vita e la rendono degna di essere vissuta.

Esattamente 365 giorni fa Mark Linkous si uccide sparandosi un colpo al cuore con la pistola di un amico. Aveva già tentato di farla finita nel 1996 durante un tour coi Radiohead.

 

 

Buon Compleanno Henry

Nel 1994 Henry Rollins era un dio. Lo era per me, quantomeno: i video di Liar e Disconnect in heavy rotation su Videomusic, le foto in cui guardava dentro l’obiettivo come se volesse perforarlo, le interviste ovunque in cui ragionava come un monaco stilita con il curaro nelle vene al posto del sangue, l’umanità era un fastidio e tutti quanti noialtri insetti da evitare per quanto possibile. Era l’apice della sovraesposizione mediatica di Henry Rollins e mi aveva investito come uno tsunami, con i muscoli i tatuaggi e l’aria da marine sdegnato e tutto il resto; a un tratto mi pareva di conoscerlo da sempre. Non capivo molto dei suoi testi, ma quel poco mi bastava: la gente fa schifo, vivere in questo mondo è un gran casino, stai attento. Non avevo mai trovato nessuno che mi parlasse nel modo in cui i suoi dischi e le sue interviste parlavano a me in quel momento, ed evidentemente non ero il solo visto che ai tempi i dischi della Rollins Band andavano via come il pane. E i film, anche: Sesso & fuga con l’ostaggio, Johnny Mnemonic del pittore Robert Longo, perfino Heat di Michael Mann (dove le prendeva da Al Pacino), visti in rapida successione in cinema via via sempre più chic e centrali (dalla sala di periferia in estate del primo all’Imperiale dell’ultimo). Da lì a ritroso, The End of Silence e via recuperare i dischi della Rollins Band uno via l’altro, Life Time probabilmente il suo migliore, Turned On, il live album più violento che abbia mai ascoltato, Hard Volume e Hot Animal Machine presi quasi contemporaneamente, e poi i Black Flag, Damaged come un pugno nello stomaco e lo stacco di chitarra assurdo all’inizio di Rise Above, fuori da ogni costrutto, tanto che pensavo che il mio CD avesse un difetto di fabbricazione, My War che le budella le strappa direttamente, i testi che entrano nella carne come lame, che non li ha scritti Rollins ma li ha fatti diventare Henry Rollins, intanto da qualche parte Come In and Burn che è un’altra legnata sui denti solo un po’ più subdolamente insinuante nella sua finta calma carica di odio sotterraneo, il video di The End of Something a Superock (e le bestemmie annesse per la soppressione di Headbanger’s Ball), il pezzo assieme a RuPaul censurato dalla casa discografica perché “troppo poco virile”, Lost Highway di Lynch noleggiato da Blockbuster in inglese un anno prima dell’uscita del film in Italia solo per vedere Rollins che pronuncia una dicasi UNA frase, l’etichetta fondata con Rick Rubin che ristampa James Chance e Alan Vega, Now Watch Him Die letto in una notte, gli spoken word album pescati negli anni alle fiere del disco, Jack Frost visto solo perché c’era lui (lo stesso per Bad Boys II anni più tardi), poi la nuova Rollins Band senza Haskett Gibbs e Cain sostituiti da tre bovari del cazzo, Get Some Go Again che ancora ancora e Nice talmente brutto che quasi non ci si crede, i live sfornati a getto continuo, lo scioglimento, la reunion, il pezzo con Tony Iommi, il pezzo con William Shatner, l’Henry Rollins Show, i DVD ridanciani, i CD di spoken word che escono solo in America, gli horror di serie Y direttamente al videonolo (e che risate col secondo Wrong Turn, di gran lunga meglio dell’originale), il featuring assurdo con i Flaming Lips
Questa è stata la mia educazione a Henry Rollins, restano fuori tutta una serie di cose che non essendo cittadino americano mi sono perso (trasmissioni radio, apparizioni televisive, campagne di sensibilizzazione verso questo e quello…); oggi l’uomo compie 50 anni e il minimo che possiate fare è sparare a volume 11 qualunque suo disco teniate in casa (se non ne avete nemmeno uno probabilmente siete capitati qui per puro caso mentre cercavate salcazzo che porcheria da depravati).
Lonely

I hate the world that I think hates me
Punch holes in the wall you know that hurts me
Feel dark and cold alone it burns me
Wish someone would come and touch me
Walking alone in the prison yard
Seeing eyes that seem to see me so hard
Crawling like a snake right back in to my room
Feeling like a dead man rolling around in my tomb

There’s nothing like finding someone when you’re lonely
Makes you wanna be so all alone
There’s nothing like finding someone when you’re lonely
Makes you feel so…

Walk in to a crowded room, I start to freeze
Words fall short, mouth turns to wood, it’s time to leave
Never happy, never sad, iron face
Can’t stop looking I keep walking place to place

There’s nothing like finding someone when you’re lonely
Makes you wanna be so all alone
There’s nothing like finding someone when you’re lonely
Makes you feel so…

Aww, yeah!

Hearing those sounds that seem to keep me sane
Knifing eyes that point me at my brain
Reaching out of my soul it’s senseless
Reaching out of my mind it’s useless
I feel the mute frustration when I see your eyes
I’m inches away but in isolation it hurts to try
I reach out my hand – it turns to stone
I get up, walk out the door, I’m better off alone

STREAMO: J Mascis – Not Enough

persone belle

Parlare di J Mascis è parlare di uno degli uomini che hanno dato e continuano a dare un senso alla musica. Considerato che parliamo di un chitarrista (batterista) che porta avanti da sempre una visione anacronistica del rock, un nuovo disco acustico di J Mascis su Sub Pop è solo apparentemente un paradosso. Non possiamo negare tuttavia di essere stati divorati dalla curiosità in merito alla cosa, una volta saputo della release. Ma prima di saltare alle considerazioni artistiche, che peraltro a questo giro ci sembra piuttosto giusto saltare a piè pari, dobbiamo prendere in considerazione un fatto piuttosto basilare: i dischi dei Dinosaur Jr post-reunion con Barlow e Murph sono due capolavori. Anacronistici, fuori moda e nondimeno perfetti. E a dir la verità anche TUTTI i dischi pre-split, compresi Without a Sound e Hand it Over, sono capolavori. E i dischi di J Mascis + The Fog sono capolavori. Il tutto si deve probabilmente al fatto che per un artista come J Mascis è impossibile concepire una traccia che non grondi di malinconia e rimpianto, ma se in passato la cosa veniva quasi sempre seppellita da una coltre di rumori, è quasi incredibile trovarsi di fronte a Not Enough ed ascoltare il carico d’angoscia per nulla sgravato da un accompagnamento di sole chitarre acustiche e coretti. Bando alle ciance.

STREAMO – il disco dell’anno scorso.

la più bella foto che ho mai visto in un sito (ribadisco).

Un po’ di cose le scrissi qui, mi va solo di aggiungere che Catch My Shoe è il disco che ho ascoltato di più e con più piacere nel 2010. Funziona in ogni contesto e spacca il culo a tutte le musiche del mondo di qualsiasi genere, volume, epoca e grado di indipendenza. Non stanca mai.

La storia di oggi, che poi in realtà è una storia di 21 giorni fa, è che il disco è in streaming su soundcloud, e se l’embed funziona lo potete ascoltare qui sotto. O in alternativa qui.









(via @Vitaminic)

Paura.

Quando è uscito Sex, Love & Rock’n’Roll sono andato a comprarlo la mattina stessa e mi sono deciso ad ascoltarlo almeno una settimana dopo (o anche oltre, ora proprio non riesco a ricordare): l’ipotesi che un solo secondo di musica alle mie orecchie potesse suonare fiacco rispetto ai dischi precedenti era qualcosa che al solo pensiero mi dilaniava e che probabilmente avrei preso peggio della morte di un parente. Sex, Love & Rock’n’Roll è un capolavoro e io avevo perso una settimana o più di ascolti per la mia vigliaccheria, ma ora che il nuovo dei Social Distortion è uscito in streaming libero non riesco a evitare di ricadere nello stesso comportamento; il link c’è, esiste, ma ho paura di aprirlo e non lo aprirò, così come quando è uscito il primo singolo mi sono rifiutato di ascoltarne anche una sola nota. Recensioni ce ne sono già in giro e parecchie, ma non ne ho letta manco mezza né intendo iniziare ora. Lunedì vado a comprare il disco, poi si vedrà. Dire che lo attendo come Cristo attese il terzo giorno dalla sua morte sarebbe sminuire la portata che Mike Ness riveste nella mia vita.