Stringiamoci a corte // Il drammatico prepartita di Italia-Slovacchia


Si fa un gran parlare di coppa del mondo quando si gioca la coppa del mondo, e in questi frangenti davvero chiunque si sente in dovere di dire la sua. Così abbiamo pareri di tifosi, di anti-tifosi, di tifosi intelligenti, di tifosi intellettuali, di annoiati del calcio, marini bartoletti, nostalgici di epopee sportive mai vissute, simpatizzanti del Ghana; e anche se io, come Bartleby lo scrivano, preferirei di no, in realtà sono costretto ad ammettere che sotto sotto anche il mio parere – gratuito ma non più di altri, perché lo zero ha di buono che non ha più e non ha meno – è già compilato in corpo dodici e pronto ad essere servito alle centinaia di migliaia di lettori di Bastonate, che in questi giorni hanno intasato tutte le nostre caselle di posta (ah, a proposito: la mia rimane gianfrfini@camera.itvadoatrans@gov.it non la uso più e rischiate di veder perso il vostro messaggio) chiedendomi cosa ne pensassi del Brasile, del Giappone, delle tre Coree e di quei culi di piombo dell’Italia. Cosa devo pensarne? Spunto di riflessione per me e per gli altri sia la scritta che, fino a pochi mesi fa, “imbrattava” il monumento ai caramba nei pressi di Porta Pia a Roma (“bersaglieri”, ecco, “bersaglieri”), e che incitava il passante con amara acutezza: “Dai, buttati, diventa anche tu un Manara!”. Lì accanto, il bassorilievo raffigurante l’autore della nostra marcetta nazionale ferito a morte, come quello sfigato di Buffon con l’ernia, o quel bassissimo Cannavaro che non stacca più da terra, o quel chiunque che sbaglia le parole di Fratelli d’Italia nel solito punto, ma quasi quasi la colpa andrebbe data più a chi ha scritto parole incomprensibili e vuote di significato piuttosto che a un Totò Marchisio (non so come si chiami Marchisio e non me ne frega un cazzo) che le sbaglia e involontariamente incita noi falsi repubblicani a stringerci attorno al trono Savoia. Comunque non siamo altro che una nazione di bifolchi malgovernati da piemontesi storti e corrotti, allenati da Lippi e presi dal panico perché stiamo per essere eliminati – bene che vada ce ne restano due – nonostante il girone più facile della storia dei mondiali. Cristo di un Dio, questa volta non c’è speranza alcuna, non c’è il solito Baggio o Totti che fa schifo al primo turno ma poi esce fuori segnando all’ultimo minuto degli ottavi, evitandoci l’eliminazione con un avversario ridicolo, e in seguito fa la voce grossa con una squadretta dell’est e poi si rieclissa ma chi se ne frega, ormai la gloria eterna a livello locale (Roma o Firenze) è assicurata.

Che miseria dilagante, che sconforto crudele, e non che io voglia essere un Gianni Mura qualsiasi che vede nella nazionale pippona lo specchio di un paese alla deriva, ma come si fa, guardando una Italia-Nuova Zelanda (ma a proposito – chiedo perché non ho voglia di cercare su wikipedia -: esiste dunque una vecchia Zelanda?) a non avercela a morte con Mazzini, la Giovine Italia e tutta quella storia di merda con cui continuano a tormentare generazioni di studenti italiani, che poi si lamentano che gli italiani non studiano, e ti credo, gli altri ragazzi hanno storie fiche di imperi in paesi esotici, o sensi di colpa clamorosi legati al nazismo, o bei romanzi da leggere e in generale tutto ciò che c’è di rilevante al mondo scritto nella loro lingua o in una affine, mentre noialtri poveri stronzi a cosa dobbiamo ridurci? Al verboso D’Annunzio, a Pascoli il malato con le sue psycho-sorelle e a Marchisio che vaga per il campo alla ricerca dello scomparso fratello giovanni! Totò Di Natale che traversa la maremma toscana, i moti carbonari, la presa di porta pia (dai, buttati…!) con paraguayani che arrivano da tutte le parti e alla fine Roma liberata, ma con l’angoscia crescente del rendersi conto che averne abbattuto le mura è servito soprattutto a far fuoriuscire i preti… Ragazzi, com’è la Slovacchia??! E’ scarsissima, VERO?!?

In una mattinata mantica, piena di segni premonitori, ho attraversato la realtà resa supporto scrittorio per gli dei e ho visto a Piazza Vittorio due indiani che si picchiavano mentre un terzo saltellava tenendo un casco da scooter a mò di scudo. Cosa significherà mai – perché qualcosa significherà -? Forse il pareggio, forse la sconfitta, forse addirittura la vittoria: chi è l’Italia, l’indiano a terra o quello vincente? E chi la Slovacchia, chi il Paraguay, o divinità celesti e crudeli, perché non parlate chiaro? Quanto dista, quanto tempo fino al momento giusto, un cross di Pepe e Iaquinta che si butta, diventa anche lui un Manara e gonfia con ardimento la rete straniera? Quanto fino allo strozzato annuncio di Civoli che da un’altra parte, su un altro campo, attenzione, la Nuova Zelanda è in vantaggio!, e questo vuol dire che SIAMO ELIMINATI perché è il settantaquattresimo e siamo zero a zero però no, un secondo, Marchisio si invola, Pepe rosica in conferenza stampa, Iaquinta si butta, diventa un Manara, manca la palla ma dalla notte dei tempi sbuca Totò Schillaci ed è il settantottesimo e come vent’anni fa Lindenberger raccoglie il pallone in fondo al sacco e noi SIAMO IN VANTAGGIO! e siamo i Campioni del Mondo, fino ai prossimi calci di rigore!! No, non ho cercato il nome del portiere austriaco di Italia ’90 su google, è che il panico affina la mente e in questo momento so che il portiere degli Stati Uniti era Tony Meola, che Omam-Biyik segnò per il Camerun contro l’Argentina nella gara inaugurale e in porta c’era Pumpido, che per via della papera venne sostiuito da un tale Goicoecèa che non si scriveva così ma così si leggeva e in questo modo parò i rigori per la gioia dei napoletani. E forse qualcuno al mondo ricorda la Costa Rica che indossando la maglietta della Juve semina il panico nel gruppo del Brasile e passa addirittura il turno?

Ma oggi è oggi, non il 1990 anche se stamattina ho scoperto che alle 7 trasmettono Beverly Hills (un altro segno?) e Brenda aveva dei jeans tagliati a vita altissima, mentre il generazionale Dylan come tutti gli sghici vestiva da teddyboy anni ’50 in attesa della morte, qualche serie più in là; e dunque, come direbbero gli uruguaiani (a proposito: io ho puntato sull’Uruguay campione del mondo, nel qual caso Bastonate regalerà un iPad su cui leggere altro a tutti quelli che ci manderanno una mail con oggetto “Ruben Sosa” la notte stessa della finale), Orientales! O la patria o la muerte, nel senso che se dovesse andar male a Pepe lo aspetto io a Ciampino per imbarcarlo su un volo Ryanair e mandarlo a Bratislava a fare il cameriere per i grassi slovacchi. Slovacchia, lo spelling del terrore puro.

A.I.U.T.O.!

P. S.: Seguono note sparse e riflessioni tecnico-tattiche pensate per un pubblico specialistico.

– Quei fregnoni della Germania, invece di fare di tutto per arrivare secondi, hanno dato ulteriore prova della loro nota stupidità beccandosi il primo posto e la conseguente Inghilterra agli ottavi. Alles genau.

– Mi pare di capire, guardando il tabellone, che necessariamente una tra Uruguay, Corea del Sud, Ghana e Stati Uniti sarà almeno semifinalista. E’ fantastico, no? A parte l’Uruguay, che è la mia nazionale del cuore da quando ero bambino, mi piacciono gli Stati Uniti perché non sono comunista, odio ovviamente la Corea e disprezzo con tutto il cuore il calcio africano e la generale convinzione che “siano forti”, quando è evidente che la potenza sessuale sia inversamente proporzionale alla resa nel gioco del calcio, sport effemminato e perciò adatto alle graziose brasilianine, alle olandesi con i loro zoccoli (pronte a eliminare noialtri machi latinos qualora arrivassimo secondi nel nostro girone) o alle ragazze biancocelesti di Maradon(n)a.