L’agendina dei concerti Bologna e dintorni – 29 novembre-5 dicembre

immagine di repertorio per far passare il concetto che fa freddo e c'è la neve

Anche se fa freddo e nevica e Bologna-Chievo è stata rinviata per questo e al Cioccoshow non c’erano i cioccolatini a forma di cazzo la città non si arrende: ecco il bellicoso programma della settimana.
Si comincia stasera al Nuovo Lazzaretto con una scarica di metalpunk alla zozza courtesy of i lerci Blunt Force Trauma del mitico Felix Griffin; aprono le danze Minkions e Zio Faster, inizio puntuale alle 22, cinque euracci l’ingresso e se non sei vestito come un vecchio punk londinese e/o un thrasher decerebrato americano degli anni ottanta ti lasciano fuori a gelarti il culo. Martedì a parte Paola e Chiara al Mediaworld di Imola e il pessimo Wavves al Bronson (21.30, quindici euro, pettinatura orrenda e guai a ‘suonare’ più di mezzora) non mi risulta ci sia altro in giro; io non mi voglio male fino a questo punto per cui penso proprio che resterò in casa larvale a fissare le pareti, in modo da tenermi in forma per il concerto dei nostalgici e malinconici Soviet Soviet mercoledì 1 dicembre all’XM24 (dalle 22, gratis).  Per i più temerari in vena di avventurose gite fuori porta, al To Be or… di Civitanova Marche suonano gli sferraglianti Din [A] Tod (dalle 21.30); obbligatorio presentarsi mascherati da gerarca sadomaso. Giovedì 2 serata imperdibile per chi ama la musica: allo Scalo San Donato dalle 21.30 Vakki Plakkula e Banda Roncati, se siete vivi non avete scuse, non si può mancare. Non so il prezzo, ma difficilmente starà sopra i cinque euro.
Venerdì 3 ci sono gli HELMET al Bronson (21.30, quindici euro). Non credo di dover apporre ulteriori commenti, ma nel caso abbiate bisogno di motivazioni supplementari sappiate due cose: 1) Bastonate dj-set prima/durante/dopo il concerto a base di pezzi che non avete mai sentito in un locale e che probabilmente non sentirete mai. Non sognatelo, siateci. 2) After splitting with Winona in 2006, Page Hamilton has dated the bisexual hardcore porn actress Jezebelle Bond. She has talked about quitting the porn business for him on her blog @ myspace.com/jezebellebond13
Per completezza segnalo anche gli altri appuntamenti di venerdì 3 dicembre: Youth Brigade + guests al Nuovo Lazzaretto (dalle 22, cinque euro), Titor + Verme + Hazey Tapes all’Atlantide (dalle 22, pochi euri), Tilbury plays Cardew al Museo della Musica (dalle 21, dieci euro), OfflagaDiscoPax in tour acustico al Locomotiv (dalle 21.30, dieci euro più tessera AICS sette euro), Clinic al Covo (dalle 22, abbastanza euro), e per gli sbarazzini della notte Tying Tiffany dj-set al Decadence (dalle 24, quindici euro) e James Holden al Kindergarten (23.30, ingresso dai quindici euro in su).
Sabato i riformati Swans al Locomotiv (apertura porte alle 21), se venticinque euro più altri sette di tessera AICS che non userete da nessun’altra parte non vi spaventano è l’unica occasione in un tot di tempo per godersi l’abissale Michael Gira (che, a scanso di equivoci, è e resta un gigante); a patto che poi riponiate lamette coltelli corda barbiturici e in generale ogni altro tipo di oggetto contundente e/o nocivo alla salute, per accantonare i propositi suicidi e tornare ad amare la vita c’è Carola Pisaturo al Cassero (dalle 24, dieci euro). Gran finale domenica 5 (se ve la sentite) all’Estragon con gli Skid Row (dalle 21.30). Giusto un paio di deterrenti: i biglietti stanno a ventisei euro e alla voce non c’è Sebastian Bach ma quell’altro.

aggiunte romagnole:
LUNEDI’ 29/11
Un cazzo di niente, sembrerebbe. Serata interlocutoria a guardare Fazio sbronzissimi e/o a disegnare un nuovo episodio della serie a fumetti più bella del mondo che ancora voi non avete visto -mentre io sì. Puppatemi la fava. Un’alternativa possibile è l’esecuzione di Masticazzione con due zete, session per chitarra ed effetti vari ed eventuali in cameretta mia ad opera di me in persona, ingresso 13 euro a inviti. Approfitto della sponda per porre il copyright sempiterno sull’idea concerti a casa propria, molto evidentemente la COSA del 2011.

MARTEDI’ 30/11
Wavves al Bronson, nonostante l’abbiano beccato in Germania con del fumo (questo per dire che il nazionalsocialismo aveva dei vantaggi, insomma). 15 euro più i cerini.

MERCOLEDI’ 01/12
What Contemporary Means (bella domanda) al Diagonal al posto di Julie Doiron, oppure The Jim Jones Revue al Clandestino

GIOVEDI’ 02/12
A Place To Bury Strangers al Bronson. O Texas Terry Bomb al Sidro, chiunque sia/siano.

VENERDI’ 03/12
Helmet al Bronson. Se non capite un cazzo di musica potete anche andare a Club Dogo al Velvet o Tokyo Sex Destruction + Small Jackets al Georg Best (Montereale, colline cesenati).

SABATO 04/12
Un sacco di robe, tra cui ovviamente preferirò di brutto andare a vedere Micah P.Hinson per la novantunesima volta, al Bronson di Ravenna. Concerto dell’anno. In alternativa tali  Rock’n’roll Kamikazes al Sidro, Ennio Morricone a Pesaro da vedere strafatti di porra o Storm[O] e Abaton al Valverde di Forlì. I piatti più sugosi sono un tributo a Jeff Buckley al velvet con tanto di Gary Lucas, che suonerà con tre italiani qualunque. BRRR. Oppure Airway al Vidia di Cesena, probabilmente il peggior gruppo di sempre, Finley meets altre cose simili. Li ho visti a Cesena di spalla ai Get Up Kids.

DOMENICA 05/12
Un cazzo di niente, sembrerebbe. Serata interlocutoria a guardare report sbronzissimi e/o a disegnare grossi piselli sui muri degli stabilimenti all’Anic di Ravenna in segno di sgomento generazionale.

Compra ragazzino compra: WIRE – “Send Ultimate” (2CD, Pink Flag 2010)

 

O come vendere lo stesso disco N volte. In principio erano i primi due Read & Burn (2002), EP venduti a prezzo pieno, sei pezzi a botta. Poi venne Send (2003), undici brani, la stessa roba con qualche pezzo in più e altri in meno. Poi PF456 Redux (ancora 2003), edizione ultralimitata in solo vinile, megamix di tutti i pezzi di cui sopra (sedici in totale), molti in versione edit, mixati l’uno dietro l’altro senza soluzione di continuità. Infine Send Ultimate (oggi), il numero dei pezzi sale a ventidue, dentro c’è una roba gabber orribile incisa per scherzo, alcune alternate versions (con titoli diversi) dei pezzi che poi sarebbero andati a finire su Read & Burn 3 (2007) e il raro singolo 12XU (2001) qui riproposto integralmente (tanto sono in tutto tre minuti). Non bastasse, Send Ultimate esce in doppio CD quando, numeri alla mano, ne sarebbe bastato uno solo (settantotto minuti); ma così facendo probabilmente i feticisti del cofanetto a tutti i costi o della deluxe edition voluminosa non avrebbero drizzato le antenne… A scanso di equivoci: si tratta di alcuni dei momenti in assoluto più esaltanti dell’intera storia del gruppo (carriere soliste comprese), roba capace di cancellare con scioltezza quasi tutta la merda registrata da chiunque altro nello scorso decennio. Ma non è questo il punto. Il punto è che ho in casa TUTTE le uscite finora elencate, comprate una dopo l’altra negli anni, e ora inizio a sentirmi un perfetto idiota.

Sun Kil Moon – Admiral Fell Promises (Caldo Verde)

 
Ormai ho perso il conto delle uscite targate Mark Kozelek negli ultimi anni. Che l’uomo avesse deciso di passare alla cassa non è più un mistero per nessuno da almeno un decennio, e per carità, è una scelta che rientra nel suo pieno diritto; ricordo ancora una sua intervista, doveva essere l’inizio del 2001, in cui dichiarava di vivere in una stanzetta in affitto con l’incubo perenne dello sfratto esecutivo, all’epoca evitato per un soffio grazie al cachet percepito per la sua partecipazione in Quasi Famosi. Veniva veramente da chiedersi perchè gli altri sì e lui no. E che diamine! Gentaglia impresentabile imperversava ovunque (tanto per ricordare, una delle new sensation dei tempi erano i bruttissimi Kings of Convenience), mentre otto anni di carriera irreprensibile con i Red House Painters bastavano a malapena a coprire parte delle spese di una vita di stenti. Mi si era stretto il cuore nel leggere quelle parole, e ad aver saputo il suo indirizzo gli avrei immediatamente spedito qualche dollaro e un paio di scarpe per l’inverno. Musicalmente nessun problema comunque, finchè la qualità ha tenuto: l’EP Rock’n’Roll Singer (2000) era decisamente buono, così come What’s Next to the Moon (2001, raccolta di classici degli AC/DC dell’era Bon Scott spogliati di ogni alito di vita e aggressività, trasfigurati e resi irriconoscibili), per quanto strampalato e bizzarro – o forse proprio per questo – continua ad avere un suo perchè. Nel frattempo era finalmente uscito anche il canto del cigno dei Red House Painters, Old Ramon, bloccato per anni da beghe burocratiche con la major incompetente di turno che non voleva pubblicarlo ma nemmeno intendeva cederne i master, e anche quel disco era un bel disco. Con la nascita dei Sun Kil Moon, poi, la penna dell’uomo era tornata a volare alto: l’esordio Ghosts of the Great Highway (2003) è un capolavoro assoluto, perfettamente in grado di tenere testa alle cose migliori degli anni d’oro, a volte perfino capace di superare vette di ispirazione e lirismo fino ad allora ritenute inviolabili (pezzi come Salvador Sanchez o la torrenziale Duk Koo Kim aggiornavano l’antico canovaccio portandolo al livello successivo grazie all’innesto, perfettamente riuscito, di poderose distorsioni e perfino – incredibile! – qualche assolo). Ghosts of the Great Highway è stato anche l’ultimo sussulto di ispirazione prima del diluvio di uscite assolutamente prescindibili a voler essere buoni: l’album di cover dei Modest Mouse si dimentica agevolmente; i mille live per sola voce e chitarrina sono una noia mortale, tutti, dal primo all’ultimo; la ristampa di Ghosts of the Great Highway comprende un secondo CD di scarti e out-takes che definire ‘superfluo’ sarebbe fare uno sgarbo alla categoria; di April  (nel mezzo c’è stato il ruolo di spalla “saggia” dell’insopportabile Jason Schwartzman nel caruccio Shopgirl, innocuo adattamento cinematografico del romanzo d’esordio di Steve Martin) sono molto belli solo gli ultimi due pezzi, il resto è pilota automatico puro, un tedio da orchite fulminante che si fa fatica a crederci. E ora il ritorno con il moniker Sun Kil Moon, nella pratica nulla cambia: c’è solo Kozelek con la sua chitarrina spagnoleggiante, del resto assumere personale da mettere dietro agli strumenti – e affittare una sala prove, per giunta – avrebbe comportato spese. Gli ingredienti sono gli stessi delle ultime 5.674 uscite: voce mormorata riverberata mugugnata, chitarrina languida mezzo brasileira, comunque sempre picchiettata tipo plin-plon, qualche foto virata in seppia di particolari desolanti e/o posti abbandonati in culo al mondo, ed ecco pronto un altro disco. Anche i testi sembrano assemblati tramite un generatore automatico di liriche ‘alla Mark Kozelek’: ricordi d’infanzia, qualche figa che forse gliel’ha data (questo non lo dice mai direttamente, lo lascia intuire, perchè sennò poi le anime belle si scandalizzano), modelli di macchine (nota bene: Kozelek non sa guidare), nomi e marche, luoghi e date buttati lì un po’ a cazzo, l’Oceano, la spiaggia, ancora ricordi. In tutto questo manco mezzo secondo che non lasci il tempo esattamente come l’ha trovato. Quel che più intristisce è il senso di automatismo smascheratamente alimentare che emerge implacabile dal quadro generale, come se Kozelek avesse scritto e registrato il materiale con la mente già proiettata alla prossima uscita – probabilmente un live in Oklahoma in edizione limitata, gli stessi pezzi più qualche ripescaggio dei Red House Painters per accontentare i reduci, o magari una mezzoretta scarsa di cover di qualche gruppo scrauso, tipo i REO Speedwagon o Ted Nugent, il tutto rigorosamente riarrangiato per lagna salmodiante e chitarrina plin-plon, in ogni caso roba nemmeno brutta, semplicemente inesistente. Che fine indecorosa per uno dei più grandi poeti della musica rock degli anni ’90.

Tanto se ribeccamo: AUTOPSY

La colazione dei campioni

 
L’avevamo anticipato e qui lo ribadiamo: gli Autopsy si sono riformati. Di per sé non è una novità, loro erano già tornati insieme nel 2008 per incidere un paio di bonus tracks da includere nella ristampa del primo album, poi l’estate successiva, proprio in occasione del ventennale di Severed Survival, l’annuncio di uno show da headliner all’interno del Maryland Deathfest 2010; il fatto è che, con un coup de théâtre da consumati illusionisti, Chris Reifert e Danny Coralles hanno sciolto gli Abscess lo stesso giorno in cui hanno dichiarato “permanente” la reunion degli Autopsy. Roba da solleticare la fantasia di un John Grisham – o, al limite, di un Robert Ludlum – gente che da queste vicende avrebbe tirato fuori paperback coi controcoglioni zeppi di deliranti teorie cospirazioniste e intrighi complicatissimi da tenere incollati alla poltrona fino all’ultima pagina. Ma la realtà, come sempre, è molto meno eccitante, più triste e in un certo modo anche più squallida alla resa dei conti: dopo sedici anni di irreprensibile carriera, consumatasi sempre e comunque nell’underground totale, il chitarrista degli Abscess Clint Bower getta la spugna (il comunicato stampa parla di “motivi personali”, come si scriveva nelle giustificazioni quando si marinava la scuola). Come i Nirvana senza Kurt Cobain, il gruppo decide che “non sarebbe giusto continuare senza di lui“. Parallelamente Reifert e Coralles, dopo altrettanti anni di grandi dischi rilasciati nell’indifferenza generale, decidono che è arrivato il momento di passare alla cassa, magari istigati da questa dichiarazione di Dan Lilker (erroneamente attribuita a Coralles sulla pagina wikipedia della band) che, a parte la prima frase, non dice altro che la pura verità:

I can tell you there will never be an Autopsy reunion. Chris feels that nobody gave a fuck about Autopsy when they were together, but right after they disbanded, all he was ever asked about was Autopsy when he was trying to shelve it and get people to check out Abscess. And I agree that Abscess is very underrated. If those guys (Abscess) did their next record and called it an Autopsy release, without changing anything, it would sell shitloads just because of the “classic underground band” stigma attached to Autopsy. That’s what I think anyway, some might disagree.

Dunque, è arrivato il momento per Chris Reifert di provare a cavare fuori qualcosa di più che una cacca di mosca da, beh, più o meno venticinque anni di sangue, sudore e lacrime amare. Ricordiamo che Reifert ha fatto parte di una delle prime incarnazioni dei Death, suonando la batteria nel seminale Scream Bloody Gore; che con i demo e il primo album degli Autopsy ha praticamente creato un certo modo di intendere il death metal in America e influenzato irreversibilmente l’intera corrente death svedese; che Mental Funeral e Acts of the Unspeakable rimangono ancora oggi due pietre angolari dell’intera storia del genere oltre che due insuperabili capolavori di estremismo e ferocia tuttora ineguagliati; e che pure Shitfun, che come disco non è un gran che – poco più di una prova generale di quel che sarebbero diventati gli Abscess – era comunque alieno e avanti sui tempi (su quel modello gli Impaled Nazarene da Latex Cult in poi ci hanno costruito una carriera) quel tanto che bastava per non essere compreso e procurare al gruppo nient’altro che pescioni in faccia. Alla luce di tutto questo, che reunion accontentaidioti sia. Se andrà bene, tutto quel che ha previsto Dan Lilker si avvererà, ed è triste e squallido ma anche, per una volta, profondamente giusto e dovuto. Scopa una puttana carina anche per me, Chris (come dissero i Pestilence nella thanklist di Consuming Impulse).

L’agendina dei concerti (Bologna e dintorni) – Giugno (parte 2)

Avete passato un buon National Day of Slayer? Io sì, e così spero di voi. Vi piace l’hardcore e avete bisogno di rimettervi in forma per la prova-costume? Questa sera al Nuovo Lazzaretto per pochi spiccioli potrete fare una bella sauna e contemporaneamente ascoltare le esibizioni di Famine, Forced Out, Think or Die e Zephirum. Evaporazione dei chili in eccesso garantita, attenzione però a non finire disidratati. Domani non c’è un cazzo, in compenso mercoledì la scelta sarà durissima: da una parte i redivivi Cynic, a sorpresa al Blogos per un saggio di tecnica da mandare a casa qualsiasi virtuoso possa venirvi in mente, dall’altra IoSperiamoCheMeLaCavo gratis all’XM24. Mastermind di questi ultimi è Giorgio Simbola, l’uomo grazie a cui il vecchio Lazzaretto è stato quel che è stato, tra i più grandi musicisti viventi nonché una delle persone migliori che io conosca. Giovedì overdose di cultura tra le austere pareti del palazzo dell’Archiginnasio per una doppia performance di Teatrino Elettrico e Lorenzo Senni che promette forti emozioni. Venerdì di nuovo dilaniati dal dubbio: liquefarsi al Nuovo Lazzaretto per la rentrée dei Cut (Titbits di spalla), o evaporare all’Atlantide con Goodbye Mankind – il festival più improbabile degli ultimi quindici giorni? Lo scopriremo solo vivendo (si fa per dire). Chiusura col botto sabato al Kindergarten con nientemeno che i Visage, marchio recuperato a grande richiesta (del suo conto in banca) dal solo Steve Strange, probabilmente l’unico dei vecchi membri tanto alla canna del gas da progettare questa buffonata. Ah, la serata è a cura del Decadence, quindi se vi dice bene potrete sempre rimediare una sega da qualche chiattona gothic sconosciuta nella dark room. Domenica non c’è niente, ma non vi interessa comunque perché sarete tutti all’happy hour a Marina. (m.c.)

-e se siete all’happy hour a Marina il posto dove fare passare la sbronza, il va sans dire, è il solito Hana-Bi, per il concerto gratis di Future Of The Left, credo il loro primo giro italiano di sempre. Sono gli ex-McLusky, tanto per intenderci. Mercoledì 9 l’unica cosa che è dato fare è trasferirsi a peso morto a Milano (Idroscalo) e farsi una ventina di gruppi fighi al MiOdi, come già segnalato a suo tempo. Un’altra cosa carina che si può fare è andarsi a vedere i Dufresne venerdì 11 in spiaggia a Bellaria e/o Igea Marina (al BekyBay, insomma), dopodichè trasferirsi al Rock Planet per il djset di Congorock (La Quiete goes fidget). Nient’altro da segnalare. Se mi sfugge qualcosa di romagnolo e figo scrivetemi una mail.

PS: dato che siamo in botta, ne approfittiamo per segnalarvi la campagna abbonamenti straordinaria per sostenere Radio Città del Capo, Bologna of course, per la quale la radio in questione decide di lanciare una sorta di live streaming urbi et orbi che -verosimilmente- da domani potrete trovare linkato in un sacco di siti-blogghi-tumblri, ivi compresi quelli FIGHI (tipo Bastonate, giustappunto). Sosteneteli, chè su Maps ci scrivo anche io e ho paura che mi taglino lo stipendio.

Watch live streaming video from rcdc at livestream.com

(kekko)

Tanto se ribeccamo: EARTHTONE9

Gli Earthtone9 si sono riformati. Non è che sia ‘sto notizione, soprattutto in mezzo a mesi di reunion roventi -di gruppi che magari ha pure senso che si riuniscano, tipo i Ratt. Comunque gli Earthtone9 erano un gruppo inglese che fece abbastanza parlare di sè verso la fine degli anni novanta, in mezzo a una specie di ondata postmetal inglese che diede abbastanza materiale alle riviste. Perlopiù era un branco di cagnacci assoluti, di cui con molta vergogna conservo qualche disco ammassato negli scaffali alla voce col cazzo che li riascolto (qualcuno è persino griffato Earache, ricordi di un’epoca di crisi assoluta): Kill II This, One Minute Silence, Pulkas, Stampin’ Ground, Miocene et similia. Giri diversi ma manco troppo. Tutta roba da innaffiare di benzina e incendiare con urgenza (il lemma preferito dei giornalisti italiani che si occupavano di crossover e accacì), eccezion fatta per Raging Speedhorn e ovviamente Iron Monkey, che erano un altro pianeta ma stavano comunque abbastanza dentro al giro da infilarsi in un paio di gruppetti del genere dopo la morte del cantante. E altrettanto ovviamente la fase nu-metal dei Pitchshifter, che per motivi del tutto casuali ho ripescato martedì scorso e consta di almeno un paio di dischi di una classe che tutti gli altri gruppi techno-metal che Dio ha avuto la sadica malvagità di mandarci in terra se la potevano giusto immaginare mentre si schiantavano una pippa, ivi compresi certi blasonati sacchi di merda tipo Filter o Fear Factory post-Demanufacture (figurarsi Static X e PM5K, cristo del dio di cui sopra). E se ci ho buttato i Clayden tocca menzionare pure i Misery Loves Co, e vabbè. Last but not least, o anche sì, ‘sti benedetti Earthtone9. Che erano un po’ il gruppo con cui si iniziò a parlare di questa sorta di rinascita inglese. Il principale merito che avevano era quello di essere l’unico gruppo MAI ESISTITO ad ispirarsi pesantemente ai Tool senza suonare come un crimine di guerra. Il motivo principale era che avevano un certo stile nel buttarla sull’effettaccio: intro di trenta secondi con arpeggi di chitarra orientaleggiante e voce melodica, poi un gran casino di chitarre e batterie con una voce bruciatissima (il cantante Karl Middleton era l’unico musicista nu-metal attivo tra il ’96 e il 2004 a vestirsi come una persona normale, camicia e pantaloni; il fatto che fosse un tamarro palestrato annullava l’effetto-shock, ma apprezzavo comunque l’intenzione) che potrebbe ricordare alla lontana una versione nu-metal di Mike Williams prodotta da Dave Chang -il quale, spero l’abbiate rimosso, ai suoi tempi era quotato come una specie di Ross Robinson inglese. Hanno mollato fuori tre dischi, più eventuali altre cose di cui non sono a conoscenza: il migliore è senza dubbio il secondo, che si chiama Off Kilter Enhancement. Funzionava benissimo. Funziona benissimo anche la reunion: per venire incontro a possibili sedicenti fans di lunga data con le braghe calate dopo l’oscuramento di Pirate Bay, la band mette un best of in download gratuito dal suo sito ufficiale. Buttala via. Lo sto scaricando ora: non miro alla beatificazione, quindi non ricordo i titoli delle loro canzoni e non so dirvi se il best rispecchi veramente il MEGLIO della band, ma per quello che vi costa potreste pure dimostrarvi solidali. Li vidi persino dal vivo, una volta, al Rock Planet. Fu un concerto terribile, ma il cantante usava un microfono anni cinquanta molto cool.