DISCONE: Boniface – Christianity (Mass Suicide Cult)

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Oh comunque alla fine il nuovo Papa ha messo d’accordo tutti tranne gli haters, l’unico leader del mondo è in effetti Francesco (Papa Kekko) che, con le recenti prese di posizione umili e Cristiane nel senso più evangelico del termine ha restituito alla Cristianità il ruolo di Forza Positiva e Guida per l’Umanità Intera, non più istituzione chiusa in se stessa e lontana, ma di nuovo Madre che abbraccia e accoglie i peccatori, soprattutto i peccatori, nella luce della fede.

VAFFANCULO!

Direttamente da un posto migliore, cioè un Inferno lisergico e violaceo (come avrebbe scritto Metal Shock negli anni ’90), il probabile gruppo-scherzo Boniface (perché sì, è uno scherzo, lo si capisce dalle foto in cui quello dietro so’ chiaramente io. Mindfuck. Io comunque scrivo qui questa eventualità, così non potrò essere troppo lollato dai metallari sgamati) viene in un colpo a far piazza pulita di: quanto di buono fatto dalla Chiesa in questi mesi; i Liturgy e la nuova tendenza dell’hipster-black metal; Miley Cyrus e le sue stronzate pedofile; le nostre vite in generale.

Che alla fine, poi, il disco è (non) uscito in gennaio: ma noi non facciamo compromessi, per niente e per nessuno, disprezziamo la quotidianità, l’ordinario e, come Famine dei Peste Noire (a proposito: altro DISCONE di cui parlerò se mai dovessi scendere al compromesso di mitigare la mia elitaria misantropia parlando di qualcosa a qualcuno), tutte le reti sociali di internet. E quindi, a spiegare alle merde che osano chiamare se stesse UOMINI perché Christianity dei Boniface è un discone ci arriviamo soltanto oggi.

I Boniface hanno le intro. La copertina bianca e nera. Un nome che si fa beffe della cristianità, le outro, e soprattutto hanno magnato durante il digiuno di papa Francesco, con il disperato (ma disperato in modo glaciale e trattenuto) scopo di mandare in merda i tentativi della Madonna di evitare la guerra in Siria. Ogni oliva ascolana, una bomba in più sugli innocenti. Morte, distruzione, male. Per ora, hanno evitato la liberazione del prete . No, davvero, che mostro che sono: ho un senso di colpa grande come una casa. Sabato avevo deciso di digiunare, ma poi alle sei e mezzo-sette fingendo di dover bere (bere si poteva) ho voluttuosamente aspirato un cocktail di frutta. Lussureggiante, tipo con le frutte sopra, coi cocchi, co l’OMBRELLINO! Poi uno dice che Satana non esiste e non ti tenta. Così, ho mollato il patetico tentativo di cristianità – ne esistono di non patetici? – e ho digitato di nuovo

BLACK METAL

nella barra di ricerca di Google Chrome.

Boniface, grazie di esistere, Lucifero, grazie di aver indirizzato le mie ricerche, Lucifero, grazie di esistere. Che poi, in questi giorni, tutto per me sta convergendo nel diavolo, Horns! I see horns!, come dice quella canzone dei Watain (che se fossero napoletani direbbero “Cuorn! Veco e ccuorn!”), i gusti nel vestire, nel mangiare, un po’ tutto il mio modo di essere, dunque perché non perdere l’anima del tutto.

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Vedete, l’altro giorno questo ragazzo gentile dall’aria di un mezzadro ha superato una linea di confine che, forse, non doveva essere superata  – e non mi riferisco a quando mi sono informato del prezzo di una bicicletta arrivando quasi a introdurmi in un ben noto negozio hipster di biciclette hipster. No, alludo a quando sono andato a fare colazione da quei burini di Rosti indossando una maglietta dei Bathory, e l’ho fatto tranquillamente perché tanto tutti ritenevano che fossi solo un altro alternativo spiritoso. Il più grande inganno che il diavolo abbia mai fatto all’uomo è fargli credere di non assumere mai l’aria di un tranquillone: ma siamo in molti, qui dentro, e stiamo già affilando le forchette per il prossimo digiuno.

Stick your knife in me: SWANS @ Circolo degli Artisti, 22 marzo 2013

Il vecchio coi capelli sudici

Il vecchio coi capelli sudici

Non mi aizzavo così a un concerto dai tempi in cui vidi qualcosa di ugualmente pesante e sudicio e lungo, direi forse i Royal Trux, qualcosa come quindici anni fa. Uno di quei concerti che, in pratica, dura una cosa come due ore e mezza e te la fa prendere bene perché quando alla fine sei lì che muori, e non ne puoi più di vedere il vecchio che saltella, alla fine uno dei saltelli – ci sono stati ventisei saltelli e su ogni saltello tutta la band faceva SBRANG nel momento in cui lui toccava terra, e per ognuno dei ventisei ti sei detto FORZA, questo sarà l’ultimo e non lo era mai e così hai mollato e hai perso il conto e la tua mente è andata altrove (io per esempio pensavo alla città di Pereta dove sono capitato per sbaglio tempo fa), e poi all’improvviso uno dei saltelli si trasforma davvero nell’ULTIMO SALTELLO e tu torni in te tutto di un botto – tipo quando sei in motorino e ti fai i cazzi tuoi e a un certo punto uno non si ferma allo stop e sta per travolgerti, uccidendoti, e d’un tratto sei di nuovo quello che eri sempre stato, ragazzo, un falco nel cielo, un lupo in caccia con tutti i cinque sensi (tatto sudore puzza vista dito) svegli e pronti a farti scattare, dicevo? Ah sì, c’è questo saltello finale e tu all’improvviso RISORGI come un CRISTO TRIONFANTE IN GLORIA, la stanchezza ti passa di botto, sei lì che applaudi e dici a uno lì dietro, oh, è stato GRANDE e nel tuo GRANDE c’è già una promessa di letto, di RIPOSO, la maison de mon reve, amici miei, e sei talmente felice di avercela fatta che addirittura sciali questa adrenalina gratuita in cui non credevi più e ti trattieni in cortile a salutare tutti prima di andare (tutti? Tutti chi? “Tutti” cioè “nessuno”, due tre bruciati che hai incontrato lì per sbaglio quando sei arrivato SOLO alle ventuno e trenta, SOLO come SOLO nascesti e vivesti, fratello, eri SOLO, ti ricordi, a chiamare PAPà e lui non c’era). Insomma, questo è stato il concerto degli Swans, l’altra sera a Roma, un concerto glorioso per i motivi che ho detto, e spero di avervi trasmesso almeno in parte le sensazioni di amore e vittoria che ho provato, per una volta, davanti a un palco. Che alla fine, a che servono le recensioni dei concerti? A un cazzo di niente: io, quando ero piccolo (cioè avevo sui 28 anni), rosicavo a bestia per i concerti a cui non ero stato e c’era la recensione beffarda e quindi non la leggevo, al massimo buttavo lì un’occhiata scanner per vedere se riuscivo a cogliere che era stata una cacata, e naturalmente la prima e unica riga che beccavo era è STATA UNA FICATA MADONNA JEEZ NON SARò MAI Più LO STESSO;  succedeva questo, oppure c’era il caso che al concerto c’ero stato e non mi fregava poi molto di leggere le banalità di un altro, o c’era infine il caso del concerto di cui non mi fregava nulla e perciò mi fregava ancor meno di leggere la recensione.                 Quindi, non pretendo che a qualcuno freghi di leggere questa peraltro tardiva recensione di uno show che alla fine per lui/lei ha significato poco (questa frase non finiva così nel progetto mentale che faccio di ogni frase sette millidecimi prima di scriverla: però a volte mi va in merda il cervello e non riesco a concludere le frasi come avevo progettato, semplicemente perché mi dimentico in tempo reale ciò che voglio dire. In casi come questo, uso delle conclusioni di frase del tutto generiche e banali. Di norma la gente mi fa i complimenti proprio per queste frasi: MI CI SONO RISPECCHIATO UN SACCO IN QUELLO CHE HAI SCRITTO QUANDO HAI SCRITTO CHE GLI SWANS NON HANNO SIGNIFICATO UN CAZZO PER NESSUNO). Comunque, il concerto era iniziato male, c’era il tizio degli Xiu Xiu tutto solo che si lagnava, ma la cosa più devastante era che indossava un completo del tutto uncool, cioè era vestito come un impiegato povero o come un deputato grillino, quella eleganza STAZZONATA, capite. “Stazzonato” non so che vuol dire ma l’ho  letto in un libro di Ellroy dove “Stazzonato” era una parola su cinque (le altre quattro erano: “si scrollò le spalle”. No, davvero lo trovate fico, Ellroy?). Insomma, era cominciata male ma è finita bene. Sì, avete indovinato, questa era un’altra di quelle frasi che dicevo. Ma in linea di massima, sono abbastanza soddisfatto di me stesso, e se siete arrivati a leggere fin qui, GRAZIE: questo è davvero l’ultimo saltello.