Pop Topoi

Explosion 1965-6 by Roy Lichtenstein 1923-1997

A un certo punto qualcuno mi ha chiesto se Pop Topoi fossi io. Pop Topoi è uno dei più bei blog musicali di sempre (parlo in generale, non solo in italiano o che) e io stavo iniziando a pubblicare insistentemente pezzi sulla musica pop –molto diversi dai miei, molto più consapevoli, con un piglio più diretto, meno influenzati dalla lettura di certi tomi stracarichi di fregnacce di sinistra che mi sciroppavo dall’ultimo anno di liceo in poi. Quindi intanto Pop Topoi non sono io, è un altro tizio che per quanto ne so si chiama Topoi di cognome e di cui non so nulla a parte l’indirizzo email e alcune sensazioni tipo è più giovane di me o vive all’estero o ha una vita sessuale più regolare della mia. Che basta, in ogni caso, a mettere insieme uno scambio decente di opinioni. 

Ho aperto il blog verso la fine del 2007, quando si diceva già che i blog erano morti. Il fatto che scelsi WordPress e non Splinder fa capire quanto fossi in ritardo. Era ed è sempre stato un passatempo. All’inizio era un posto per scrivere considerazioni sulle canzoni pop (raggruppate, appunto, per topos) e spedire il link a qualche amico. Non resta molto dei post di quei tempi perché non credo fossero scritti bene… Il blog ha iniziato a farsi notare più o meno tre anni dopo, grazie alle segnalazioni di altri blogger. Poi è arrivato Twitter e pian piano sono nate collaborazioni con diversi siti. È stata una cosa molto graduale, non ho mai avuto un post davvero virale né ho mai fatto grandi numeri: se tutti i giorni ho solo a che fare con persone cordiali e non ricevo mai insulti dai fan di nessun artista, vuol dire che mi leggono in pochi, è un fatto.

Beh, c’è anche la cosa che il tuo campo d’azione non è tradizionalissimo, la maggior parte dei fan che insultano chi stronca il loro gruppo preferito non hanno nemmeno un motivo di leggerti tanto per cominciare, diciamo. no? Voglio dire, alla maggior parte della gente che ascolta Madonna interessa Madonna, non come Madonna li porti ad interfacciarsi con un discorso culturale omnicomprensivo, o quel che è. Io di base pop topoi lo vedo come un buon modo di approcciarsi alla materia se si è di quell’altro gruppo, ancora abbastanza sparuto, di persone che pensano la musica pop come pensano la musica, in generale. ecco. 

Intendevo che gli insulti sono un’unità di misura per capire l’impatto di ciò che si scrive. E non c’entrano nemmeno le opinioni positive/negative sugli artisti: gli insulti semplicemente arrivano insieme alla visibilità. Non era altro che un modo per darmi dell’irrilevante da solo.

Comunque, se come dici tu il mio “campo d’azione non è tradizionalissimo”, credo ci sia una ragione molto semplice. La blogosfera musicale in origine si occupava di soddisfare nicchie ignorate dai canali tradizionali: se volevi scoprire un nuovo gruppo indie, i blog erano essenziali; il pop, invece, non si scopriva su internet, né tantomeno ti serviva un modem per approfondire. Trovo abbastanza naturale che generi musicali relativamente più oscuri abbiano prodotto siti migliori e che il pop sia finito in mano a orrendi nanopress perché non è una sottocultura, e la maggior parte delle persone si accontenta di un copia e incolla dal comunicato stampa e un embed da YouTube. Ma è anche vero, tornando al mio “campo d’azione”, che c’è una nicchia di ascoltatori o osservatori del pop che vuole sapere chi ha diretto il video/chi ha prodotto il singolo/chi ha firmato con quale casa discografica/chi ha disegnato la copertina e vuole riflettere su questi dettagli per farne un “discorso culturale onnicomprensivo” (va’ che bravo, cito tutti i punti della tua domanda).

In realtà sto facendo un ragionamento un po’ vecchio perché non esiste più una divisione così netta tra il pop e il resto. Quello che scrisse Carles di Hipster Runoff proclamando la morte dell’indie (e che a suo tempo commentai in un post) è innegabile: i siti musicali non sono più a senso unico, quindi forse quel gruppo di “persone che pensano la musica pop come pensano la musica” non è poi così sparuto.

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Senza raccogliere certe cose tipo “orrendi nanopress” questa cosa delle divisioni che scemano tra il pop e il resto è piuttosto vera. Un punto però è che la gente come te ha dato un contributo abbastanza definitivo. mica dico sia stato tu da solo, ci mancherebbe (in italia mi viene in mente almeno Zingales su Blow Up), ma di sicuro il tuo è diventato un parere da ascoltare. tra l’altro con questa dinamica dell’indie su internet che citi è una cosa curiosa, quantomeno dal punto di vista degli ascoltatori. abbiamo passato anni (ma tanti) a cercare un’espresione definitiva di musica indipendente, qualcosa che uscisse da un garage e ci inchiodasse tutti a un pavimento, e ci abbiamo perso tutto il tempo che avevamo a disposizione e poi ci siamo ritrovati, più o meno tutti, a fare live-twitting fittissimo per sanremo e x-factor. da un punto di vista critico questa cosa non ha alcun senso, perchè sanremo e x-factor (o quel che è insomma) producono musica che qualitativamente va dall’appena decoroso all’ignobile. miracolosamente, questa cosa non sembra essere un problema. secondo me una delle ragioni è che ancora adesso il discorso del pop, nonostante tutta la musica che ascoltiamo sia pop, è ancora prettamente un discorso ditrash. nel momento in cui ammetto che Rihanna è una delle mie artiste preferite, ammetto un guilty pleasure. in realtà non è così, ma devo dare comunque per scontato che qualcuno lo pensi e prenda quel che scrivo di lei con le pinze del post (e poi diventa tutto post, ascoltare Rihanna perchè la mia mente elastica, autoassolvermi perchè ho comunque i Marnero in heavy rotation). Anche questa è una cosa che genera sottoculture abbastanza paradossali: gente che ha passato gli anni duemila ad inseguire gruppi pompati da roba tipo NME (un altro stereotipo) poi ha mollato il canale e trovato roba tipo Grimes (quindi roba a caso) e ora si divide più o meno equamente tra Ke$ha e certo afrobeat di tendenza che qui genera party con dieci partecipanti, dj compreso. C’è una spaccatura evidente, è una spaccatura che dal punto di vista critico non ha senso. oppure si ascolta semplicemente roba di cui avrà senso poi parlare. a me sembra invece che tu ne parli in modo più asciutto, di tutte queste dinamiche. e che ti rifiuti di cadere nelle trappole del pezzo piacione o della rosicata. Mi sbaglio?  

Dunque: il guilty pleasure.

C’era una bella intervista di Madeddu (toh, uno a caso) ad Andrea Nardinocchi su Rolling Stone qualche mese fa. Era intitolata “Andrea amava le Spice”, sottotitolo: “Ma già alle scuole medie, il ragazzo aveva capito che era meglio non dirlo in giro”. Parla di come dovesse più o meno nascondere la sua passione per il pop perché non era percepita come musica “seria”. Ora, visto che siamo praticamente coetanei, lui è uno dei pochi in Italia che cerca di fare pop senza spacciarlo come qualcos’altro, e io cerco di scrivere di pop senza spacciarlo come un guilty pleasure.

Credo che la traiettoria descritta nella prima frase di questa recensione di Pitchfork sia abbastanza comune: nell’adolescenza si cerca di trovare un genere che ti piaccia e al contempo non ti renda uno sfigato e, quando sei abbastanza maturo da fregartene del giudizio altrui sulla tua pila di CD, puoi finalmente scegliere ciò che ti pare e difenderne i pregi, che sia Rihanna o i Marnero (dopo li googolo, promesso).

Se mi chiedevi cosa ascoltavo al liceo, rispondevo “rock alternativo” perché era una definizione “credibile” dentro la quale potevo infilare una buona fetta dei miei artisti preferiti. Ma restava limitante perché ascoltavo anche B-side di Bertallot, seguivo Sanremo come ho sempre fatto, mi appassionava la sottocultura (perché ai tempi era quello) del mashup e guardavo siaBrand:New che TRL – anche se nessuno ammetteva di farlo. Quelli che lanciarono roba addosso ai Blink-182 all’Independent, per dire, i Blink-182 li avevano scoperti grazie a TRL, mica leggendo fanzine a San Diego. Statisticamente, quelli che con orgoglio rifiutavano la musica commerciale hanno passato più tempo ipnotizzati davanti ai video in rotazione a TRL che a lanciare roba al grido di sellout.
Ti faccio un altro esempio. (Mi dilungo anch’io, tanto il fedele pubblico del pluripremiato Bastonate mi pare abituato alle lenzuolate.) Una volta vidi Aphex Twin dal vivo, che era uno dei pochi a godere dell’ambito rispetto trasversale. Verso la fine del set, mise su una specie di skit (non so chi l’avesse fatto né chi gliel’avesse passato) in cui si sentiva una voce femminile robotica che diceva qualcosa tipo: “In giro c’e’ tanta musica di merda [frammento di “Complicated” di Avril Lavigne], non solo all’estero [frammento di “Moi, Lolita” di Alizée], e anche noi non siamo messi troppo bene [frammento di “Xdono” di Tiziano Ferro], siete pronti per un po’ di sana cerebral destruction? [pezzo generico di Aphex Twin]”. (L’unica testimonianza online a provare non sia stata una mia allucinazione è in questa recensione.) Il pubblico andò in delirio perché si sentì certo di stare dalla parte giusta, di ascoltare la musica giusta, di trovarsi all’evento giusto. Fu una scena divertente, ma ripensandoci più tardi mi diede molto fastidio. Chi cazzo sei tu per dirmi che “Windowlicker” e “Sere nere” non possono stare sullo stesso piano e non possono convivere nel mio lettore CD, e chi cazzo siete voi che vi credete migliori quando, statisticamente, avete passato più tempo ipnotizzati davanti ai video di Avril Lavigne e Tiziano Ferro che a ballare al grido di cerebral destruction.

Non mi piace l’idea che un bel brano pop, per essere accettato, debba essere catalogato come guilty pleasure. Ti assicuro che ultimamente mi vergogno molto di più a difendere le sparate concettuali di Björk che i singoli di Miley Cyrus.

(Ecco, mentre ti spedisco questa risposta, Colasanti ha scritto esattamente la stessa cosa)

Al di là di te e me, comunque, credo che sia interessante proprio la dinamica, gli automatismi, secondo cui certa musica finisce sopra e altra musica finisce sotto. ieri pranzavo da mia madre e alla TV intervistavano Uto Ughi, il quale diceva che era uno scandalo il poco spazio dato alla musica classica nelle scuole. Ora, a me l’unica musica che hanno insegnato a scuola è stata la classica e non mi ha aiutato particolarmente a innamorarmene, così ho pensato “Uto Ughi è una merda”, così, un po’ ad boiam, e poi ho pensato al fatto che Jovanotti si fosse scandalizzato ai tempi perchè all’ora di musica a scuola non ti insegnano il ritmo. Per dire, non c’è una vera e propria letteratura, a livello accademico, sulla musica popolare. è un campo abbastanza vergine, ma ci sono comunque assunti di base. Tipo: Bjork è stata al Festivalbar ma è comunque considerata una Grande Artista. è per i dischi che fa? forse non solo. Retroterra? può anche darsi. Street cred? Magari. non so. M.I.A., stessa cosa: tre dischi lunghi, sostanzialmente uguali, piuttosto noiosi se vogliamo, e non contiamo cronache matrimoni sparate a cazzo in pubblico e tutta l’altra roba odiosa, ma è ancora intoccabile per la maggior parte della gente che ascolta musica (facciamo finta di sapere cosa intendiamo). Outkast, Timberlake, Roots, Kanye eccetera: cioè, io cerco davvero di capire le differenze tra loro e un Will.I.Am, ma non mi vengono in mente. Capisco certe differenze nei risultati, ma non perchè criticamente si debba partire dall’idea che i primi siano una cosa che definisce i nostri tempi e il secondo un imbucato che succhia il sangue a qualcuno. forse sono un po’ più rispettosi di un certo concetto di soul, non so, molto ingessato. A me pare che sia abbastanza frequente il fatto che venga assegnato, in aggregato, un punteggio ex-ante da cui un artista parte. I Roots sono a +7, Katy Perry a -3, Miley Cyrus a -8. Tu ti sei mai fatto una -ehm- tassonomia? 

Credo dipenda dalle aspettative. Negli ultimi album di Timberlake ci sono canzoni di oltre 7 minuti e nell’ultimo album di Kanye non ci sono canzoni, ma in entrambi i casi è la scelta più ovvia che potessero fare. Gli obiettivi che hanno sono gli stessi di Will.I.Am, ma devono far sembrare di averli conquistati nonostante certe scelte artistiche più o meno ardite. Alla fine potremo dire: “Accipicchia, arriva alla numero uno con canzoni oltre i 7 minuti” o “Wow, riempie le arene di gente che canta non-canzoni”. E francamente è una cosa che mi piace, che rende la materia più interessante.

Se senti “Roar”, dopo 30 secondi sai già che diventerà un successo mondiale, mentre nel caso di una “Bad Romance”, servirà una specie di sforzo collettivo per accettare quei suoni e quell’immaginario come mainstream. Ma alla fine il successo di “Bad Romance” sarà più soddisfacente di quello di “Roar”, e negli anni verrà percepito come un traguardo più importante nella musica pop. E Lady Gaga sarà considerata un’artista che, come dici tu, “definisce i nostri tempi”, mentre Katy Perry sarà una cantante famosa che “succhia il sangue a qualcuno”. Non è detto, però, che scrivere un pezzo di una precisione straordinaria come “Roar” richieda meno talento (anzi), e dal punto di vista critico, questo fattore spesso non viene considerato.

Comunque la tua idea della tassonomia andrebbe sfruttata con un sito-aggregatore: un mix di Rotten Tomatoes, Metacritic, Hype Machine e Hot or Not. Diventeremmo ricchissimi.

Boh sì ma in realtà è una tassonomia dinamica, nel senso, katy perry pre-teenage dream era molto più in basso della katy dopo teenage dream, per dire. Senti, tu ci credi alle cose che ogni tanto saltano fuori sull’indotto? tipo che, non so, che una cantante pop che fa una mossa sbagliata, tipo Miley Cyrus ai VMA di quest’anno o certi sbrocchi pubblici di MIA l’abbia copiata a man bassa, abbia poi comunque un guadagno a prescindere? Tra l’altro tu hai un premio che premia il testo più brutto dell’anno, ecco, non so, secondo te ha un senso che qualcuno faccia qualcosa di orrido per diventare un meme? La cosa di Miley mi ha sfondato la testa perchè alla fine è sintomatica di certe dinamiche della nostra epoca. che sono dinamiche di cancellamento, citando un testo dei sottopressione che spero tu non conosca, comunque voglio dire, con i VMA abbiamo ogni anno qualcuno che trionfa e in qualche modo definisce l’annata da lì in poi. se vedi Gaga che suona Paparazzi e tutta la roba che fa, ecco, sembra un anno in cui l’iconografia farà passi avanti. Se vedi Beyoncé che tira fuori il pancione è un anno di buoni sentimenti. Non so, è solo una sensazione, ma credo che qua ci toccherà leccar martelli per tutto l’anno. Da sotto si lavora come si può.

Ora che sono passate diverse settimane dall’esibizione di Miley Cyrus, rivedere quel video non fa nessun effetto, non stupisce più. Una cosa che in molti abbiamo trovato deplorevole, ora ai miei occhi ha un suo senso e perfino una sua dignità artistica. Idem per il martello. È la dimostrazione che se sei uno bravo a fare quel mestiere (o ti fai consigliare da gente brava), sei in grado di prevedere la curva “dramma –> sdrammatizzazione –> sdoganamento”, ovvero “editoriali incazzati –> meme spiritosi –> è una cosa che esiste”.

Ieri Miley ha commentato la faccenda usando la definizione strategic hot mess, e mi sembrano le tre parole in sequenza più lucide che potesse pronunciare. Lei che sta seduta lì a ridere mentre tutti gli opinionisti per professione o diletto s’interrogano sulle conseguenze di due minuti di twerking e linguacce. Finché non arriva qualcun altro ad alzare l’asticella.

La rubrica pop di Bastonate che a questo giro la chiamiamo MORTI DI FAMA: Rihanna – Unapologetic (Def Jam)

Unapologetic è il settimo album di Rihanna ed il primo ad uscire postumo, ossia dopo la sua morte per overdose in uno squallido appartamento a Camden qualche mese fa. Se vogliamo dirla tutta, Rihanna non è morta ma praticamente è come se lo fosse: sta alzando talmente tanto l’asticella (è partita da popstar più o meno casta ed è arrivata dove è arrivata, arriverà dove arriverà) che per chiudere il cerchio manca solo la morte per droga, oppure un sex-tape, oppure un cambio di sesso, oppure un disco prodotto da Sandro Codazzi (dai Rihanna, fallo! – sia nel senso di voce del verbo fare che di organo riproduttivo maschile).

Comunque, ogni anno a metà novembre esce un disco nuovo di Rihanna ed a questo punto mi chiedo dove troverà il tempo per lavorare a brani nuovi essendo vita natural durante in tour e/o sulle pagine dei siti di gossip et similia. Francamente non lo so (sì che lo so: non scrive lei i brani, assolda produttori affermati e ghost-writer affamati, ha dietro di lei un team che pianifica qualsiasi sua mossa – anche eventuali morti per droga, sex-tape, cambi di sesso, dischi prodotti da Sandro Codazzi) eppure a cadenza annuale il disco esce sul mercato ed è un grande successo nonostante il download selvaggio o forse proprio grazie al download selvaggio. Comunque, questo Unapologetic suona tutto fuorché eccessivamente mainstream (sempre che il concetto di mainstream sia rimasto lo stesso dopo che nell’ultima puntata di X-Factor Simona Ace Ventura ha citato con cognizione di causa i termini “electro-house” e “dubstep”) e per la prima volta pare concepito più per essere un vero e proprio album da ascoltare per intero che una collezione-di-singoli-con-svariati-riempitivi-da-skippare-senza-pietà come erano i precedenti sei dischi (che non ho mai ascoltato in vita mia ma che fingo di aver ascoltato a fondo perché su Ondarock ho letto che i sei precedenti dischi erano così dunque è vero). Dentro Unapologetic c’è tutto: la tipa che a quella festa di Capodanno finì all’ospedale dopo aver spompinato decine di ragazzi ingerendo l’equivalente di una lattina da 33cl di sperma (storia inventata), la stessa tipa che andava in giro in sella ad un Booster pitturato con colori parecchio fluo (storia vera) eche nel ’96 ci vendette la ganja albanese allucinogena all’ammoniaca (storia verissima), due mie amiche che agli autoscontri fanno a botte per futili motivi e noi le incitiamo a darci dentro invece di sedare la zuffa (storia verissima²), il dramma di Eminem ridotto a fare i featuring nei dischi di Rihanna dopo aver avuto il mondo in mano per un paio di anni (segue classica risata di scherno di Nelson dei Simpson), Jump che forse campiona gli House Of Pain o forse no (francamente non riesco a capirlo, magari campiona pure i Van Halen ed io non ci arrivo perché non sono un tipo sveglio – per la cronaca: campiona Pony, l’ho letto su Ondarock dunque è vero) ma pare un pezzo scritto da Skrillex in botta da ammorbidente Vernel, Loveeeeeee Song che pare un pezzo scritto da James Blake in botta da ammorbidente Vernel, Chris Brown con indosso il suo chiodo crust che in Nobody’s Business duetta con la sua ex Rihanna (Chris Brown ultimamente si fa davvero fotografare con un chiodo simil-crust, ma almeno oltre al nero c’é anche il giallo fluo dunque Chris Brown pare un idiota totale che prova a fare il crust), Gabriele Cirilli che imita Nikka Costa a Tale e Quale Show un venerdì sera su Raiuno (momento televisivo definitivo: Cirilli quando lo ha fatto era truccato che pareva Ozzy Osbourne negli anni ottanta ed la sua voce era all’elio grazie ad un autotune che pareva uscito da questo disco di Rihanna), un David Guetta più marchettaro che mai nell’insignificante Right Now, l’apice drammatico del disco costituito da Love Without Tragedy/Mother Mary (questa gliel’avrà scritta Billy Corgan, talmente alla frutta che tempo qualche mese e verrà fuori che fa davvero il ghost-writer per popstar di successo), il beat estremo che ti taglia le vene del singolo Diamonds che non è poi che sia così radiofonico nel senso più commerciale del termine eppure le radio lo passano a manetta ed allora forse qualcosa negli ultimi anni deve essere per forza cambiato – grazie al download selvaggio che ha aperto la mente della gente allargandone i gusti ed il tasso di sopportazione di cose kitsch e/o musicalmente poco digeribili o ben più probabilmente perché la gente non ascolta più la musica davvero ma ascolta solo il nome, il personaggio, la moda, il mito, l’abbigliamento, l’atteggiamento, la posa (ed a questo punto ha davvero senso Simona Ace Ventura giurata in un programma musicale che cita con cognizione di causa i termini “electro-house” e “dubstep”, anzi la figura di Simona Ace Ventura andrebbe elevata al rango di Lester Bangs italiana per un sacco di buoni motivi che non sto qui ad elencare – fondamentalmente uno: la sua amicizia con Flavio Briatore e Daniela Santanché).

Vento d’estate, io vado al mare voi che fate? Non mi aspettate, mi sono perso. Non ci capisco più nulla e chiudo qui l’alato ragionamento su Unapologetic, non prima di aver detto che a Rihanna piace sperimentare, cambiare pelle ed evolversi (Wikipedia scrive così mentre Ondarock no, ma la prendo per buona lo stesso) e che Unapologetic è davvero un buon disco. Pop di qualità, di quel pop che lo ascolti volentieri come ideale pausa di riflessione tra un ascolto impegnato e l’altro (scrivendo “ascolto impegnato” paio Assante e Castaldo, ma frega un cazzo) e che nel contempo interroghi il tuo ed arrivi ad una drammatica quanto spiazzante conclusione: roba del genere cinque anni fa non se la sarebbe cagata nessuno al di fuori di Christian Zingales mentre ora pare addirittura avanguardia durissima & purissima che per un qualche miracolo gira nelle televisioni e nelle radio di regime. Quando esce una versione solamente strumentale di questo Unapologetic? La voce di Rihanna spesso e volentieri è molto fastidiosa, basterebbe anche solo un bootleg strumentale per migliorare lo stato delle cose e permettere anche ai più snob di giudicare senza preconcetti il reale valore artistico di un’opera del genere nel 2012.

“Che cazzo c’hai da guardare, eh??? Ti spacco il culo!”

I dieci pezzi più belli degli anni duemila (a complemento di quell’altra, non so se hai presente)

Stesse regole dell’altra volta: dieci pezzi, niente piagnistei, niente storie tipo “Martina mi ha lasciato e da un bar usciva forte questo pezzo di Tiga”. Che tega che era Tiga, ve lo ricordate?

UNSANE – EAST BROADWAY (da VISQUEEN, Ipecac2007)
East Brodway non è altro che la registrazione dei rumori che si sentono nel mio quartiere. Mi legavo un microfono al polso e passeggiavo per il quartiere con un registratore.
(Chris Spencer intervistato su Metal Shock)

DAFT PUNK – ONE MORE TIME (da DISCOVERY, Virgin 2001)
Il problema più grande legato allo scegliere dieci pezzi è che in qualche modo bisogna lasciare fuori delle fette intere di roba che magari hai ascoltato finchè non ti sono usciti i coglioni dal palato. Per quanto mi riguarda vuol dire soprattutto sbattersene di tutto quello che è uscito e riguarda IL SUONO, vale a dire una serie di cose elettroacustiche (o anche peggio) uscite per etichette tipo Touch o Mego o Leaf ma anche per certi versi la versione più brutale e classicona e popposa tipo Sightings et similia. Per fare un doppio sgarbo a questo terribile (e tutto sommato ancora in atto) periodo della mia esistenza, un tributo al disco pop che più di tutti ha dato un volto al pop della nostra epoca e forse di tutte le epoche e quindi in qualche modo (visto dal punto di vista della futuribilità passata) l’unico vero disco anni duemila uscito negli anni duemila a parte i soliti noti (cioè gruppi/artisti che al momento non ricordo ma che sicuramente hanno fatto un disco anni duemila negli anni duemila: van tutti bene a parte i Radiohead) e/o la canzone con le tette più grosse del pianeta. Da questo punto di vista l’unica alternativa che mi verrebbe in mente è Time to Pretend, ma mi sentirei di fare uno sgarbo agli MGMT di Congratulations.

WOLF EYES – BLACK VOMIT (da BURNED MIND, Sub Pop 2004)
Questa canzone cambia radicalmente valore assoluto nel momento in cui qualcuno carica un video su Youtube fatto di esorcismi e negritudine in salsa porno amatoriale lynchiano che sembra tipo il video ufficiale della canzone e la riporta alla ribalta come uno dei pochissimi tentativi riusciti di fare musica industriale non-vintage. Nel senso che i Wolf Eyes ci hanno davvero PROVATO, nella manifesta incapacità di provare qualsiasi altra cosa nel momento di massima esposizione (disco Sub Pop etc). Ce l’hanno fatta. E tutto sommato il loro periodo alla luce del sole è stato il più divertente. Per puro piacere personale avrei usato probabilmente Stabbed in the Face, ma Black Vomit ha appunto questo video amatoriale E un legame col disco assieme a Braxton.

TEETH OF LIONS RULE THE DIVINE – HE WHO ACCEPTS ALL THAT IS OFFERED (FEEL BLACK HIT OF THE WINTER) (da RAMPTON, Rise Above 2002)
La voce di Lee Dorrian, trasfigurata, deforme, immane, esplode sguaiata al decimo minuto, contemporaneamente all’eruzione di chitarra e basso, un’orgia di bassissime frequenze ad accompagnare un rantolo che non conserva più nulla di umano. Di quel che latra non si capisce niente, e probabilmente è un bene: le farneticazioni sono minuziosamente riportate parola per parola, con certosina pazienza, in un libretto allucinante dove confluiscono stile liberty, stampe del ‘500 e outsider art della più perturbante mai concepita, ma i testi scritti a mano in sghembi e diseguali caratteri gotici rendono la decifrazione un’autentica tortura per gli occhi. Ne parlò a suo tempo m.c., io sono abbastanza d’accordo. L’unico serio candidato a sostituirla, parlando di postrock, è My Wall, traccia-mastodonte confezionata dai Sunn (o))) con Julian Cope in quello che in prospettiva è tutto sommato il loro miglior disco (White 1). Ma i Sunn (o))) hanno fatto, relativamente parlando, una fine peggiore rispetto al side-project Teeth of Lions.

RIHANNA – UMBRELLA (da GOOD GIRL GONE BAD, Def Jam 2007)
C’è questo beat grassissimo e comunque molto scarno che fa un sacco old school (il disco tra l’altro esce per quello che è rimasto di Def Jam). Il testo è una canzone d’amore standard che è tuttavia è facilissimo interpretare (soprattutto accanendosi sulla biografia della Rihanna da Rated R in poi) come una possibile storia d’amore che nasce dietro a un singolone rap che parli di macchine e troie. Solo, dal punto di vista della troia. Che in realtà è una ragazza-coraggio

ONEIDA – SHEETS OF EASTER (da EACH ONE TEACH ONE, Jagjaguwar 2002)
You’ve got to look into the LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT LIGHT per duecentomila volte, la prima volta che l’ho sentita mi ha cambiato l’esistenza, continua a cambiarmela ogni volta che ripassa per lo stereo, è una cosa molto grassa e antipatica e respingente e sì, insomma, ogni volta che suonano dal vivo sembra più divertente della volta precedente e questo in un ambiente come il nostro ha quel che da gruppo vissuto che a noi piace molto. Ma qui si dà un voto alle canzoni in sè, e Sheets of Easter sta a rappresentare al meglio tutto il giro noise-wave newyorkese che a un certo punto è diventato il nuovo pop e ha cercato disperatamente di non sputtanarsi una volta incontrato il pubblico delle grandi occasioni, trovandosi a tavola con gente che s’aspettava i nuovi PIL ed è saggiamente scappata via a gambe levate prima che arrivasse il conto. Each One Teach One rimane comunque uno dei dischi più belli di quel periodo.

FUGAZI – CASHOUT (da THE ARGUMENT, Dischord 2001)
Il 2001 è l’anno in cui torna a galla il rock’n’roll come segno puro e musica per gente bene con un conto in banca non più in rosso e un curriculum di scopate del tutto rispettabile. Gli Strokes esordiscono verso fine anno, nel frattempo qualcuno ha già piantato i primi semi per il ripescaggio di ogni forma postpunk di cui si erano (grazie al cielo, ora possiam dirlo) perse le tracce nel decennio precedente. Il postrock, vagamente ricalcolato dai Fugazi dei due meravigliosi dischi di fine anni ’90 (End Hits e la colonna sonora di Instrument), è già da diverso tempo un genere musicale piuttosto codificato intorno a una direttrice orchestrale di stampo Mogwai. The Argument suona diverso da tutto quel che esce in quell’anno. L’amarissima Cashout, cantata da Ian MacKaye, proclama con orgoglio che io lo so cosa sta succedendo e fate pur finta di no. Ancora oggi, quando la suono, mi sento la ramanzina di Ian nelle orecchie.

LAGHETTO – UOMO PERA (da SONATE IN BU MINORE PER QUATTROCENTO SCIMMIETTE URLANTI, Donnabavosa et al. 2003)
Per sapere cosa si è bisogna avere chiaro cosa non si è. Fossero esistiti né prima né dopo questo disco, probabilmente li avremmo relegati al dimenticatoio. L’eco di quella voce brutta e sgraziata non s’è ancora spento. A proposito: c’è un libro sull’ultimo AntiMTVday.

AUDIOSLAVE – WIDE AWAKE (da REVELATIONS, Epic 2006)
Non ho ben chiaro quale sia il mio disco preferito negli anni duemila. Non ho dubbi, invece, che il miglior film sia Miami Vice. E chiunque abbia questa opinione non può avere che un’opinione trasfigurata di quella che nasce come inno anti-Bush in seguito all’uragano Katrina e che diventa l’apice lirico degli anni duemila come scheggia impazzita e deforme di certi ottanta troppo frettolosamente scopati sotto il tappeto. Gli stessi autori (frettolosamente e forse giustamente liquidato come un patetico supergruppo di rock cafone anni settanta nato in provetta e senza benzina) avevano musicato la scena del lupo in Collateral. Difficile scindere Michael Mann e gli Audioslave al secondo centro consecutivo.

DINOSAUR JR – OVER IT (da FARM, Jagjaguwar 2009)
Per quelli che le reunion e per quelli che erano d’accordo sul pezzo dei Fugazi. Il video con i tre Dinosaur Jr che fanno trick in skateboard/bmx in qualche sobborgo. L’incedere maestoso di tutto Farm, ad oggi l’ultimo disco dei Dinosaur Jr (e non è detto non sia un bene che rimanga tale). Voglio dire, ho cercato di usare la testa ma non vuol dire che non sappia dove batte il cuore. Ecco.

(se pubblicate le vostre liste mandatemele al solito indirizzo email, che sta nella pagina contatti)

“PISAPIA FA RIMA CON UN SACCO DI MALATTIE” (Brainstorming post-natalizio pre-befanico)

è con malcelato entusiasmo che sono ad annunciare che (nonostante la riluttanza dello staff e di alcuni hater non ben identificati) Bastonate procede a gonfie vele ed è diventato il blog di musica più letto, importante ed influente d’Italia. Questo incredibile risultato si deve alla dedizione dello staff, ad un’azzeccatissima politica editoriale di lungo periodo, all’alacre dedizione della nostra fanbase (siamo l’unica cosa al mondo la cui esistenza è riconosciuta su internet ma non ha una fanpage su facebook, per dire) e soprattutto all’elaborazione di una teoria culturale volta a squalificare qualsiasi altro blog musicale più letto/importante/influente di Bastonate in quanto FAKE o incentrato su musica FAKE e quindi in via d’estinzione. Detto questo, siete davvero UN SACCO a chiedere delucidazioni a Google in merito agli argomenti disparati, e questo ci consente di glissare una volta di più sulla nostra mancanza di argomenti in cambio di un post fluviale in cui celebriamo la nascita di Cristo e del nuovo anno rispondendo ad alcuni dei vostri quesiti più significativi.

AMORE BLOG “TI AMO” PASSIONE “ANNI FA” “IN MACCHINA” GIAPPONE MOGLIE
Ti invio i pdf via mail. 15 dolla uno.

AMPLIFICATORI BONSON
Non conosco la marca, a quanto ne so Marshall è migliore.

ANDATE TUTTI A FANCULO
(riceviamo e volentieri pubblichiamo)

BASTONATE MARIA ANTONIETTA
Oppure NON FATELO.

BLOG DA COLLEZIONISTA DI DISCHI
Suggerisco di evitare nodata.tv

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Navigarella #3

IL FEEDREADER
I/gli White Stripes si sono sciolti. L’han fatto con un briciolo di cognizione di causa e senza causare troppo imbarazzo. Non potrei dire di essere dispiaciuto, ma non li odiavo. Sono sopravvissuti alla fine del genere che hanno contribuito a creare -la rinascita del rock’n’roll, ve lo ricordate? Un’infornata allucinante di modaioli con l’articolo a traino degli Strokes di cui nessuno aveva le palle di parlar male, dicendo sempre cose tipo “loro sono molto meglio dei modaioli con l’articolo a traino degli Strokes”. A parte i Jet, naturalmente. Loro erano troppo malvagi per poterli promuovere, anche al primo disco.
Notizie riguardo al film di Boris da Inkiostro, uno dei più grandi fan italiani. Come tutti, suppongo. A parte m.c. che non guarda serie TV per principio, la mia morosa, mia madre e la Camilla. La Camilla è il nuovo cane di mia madre, vi potrei postare una foto ma anche no, andatevele a vedere su facebook.
Palumbo ha avviato un altro blog. Sempre film e cose simili, su tumblr, molto all’osso. Si presta molto ai reblog. L’ho mai detto che odio tumblr? Non è che lo odio, è che non mi ci trovo. Non funziono.
Scream4.
Il nuovo video di Rihanna è una mezza droga. Quanto cazzo hanno rotto il cazzo ‘sti cazzo di suoni? Risposta: sempre meglio che l’invasione dei timbalandiani.

LA/LE FOTO

IL MORTO
John Barry. Mancarone.

IL LEAK
Il nuovo Trail of Dead. Fortunatamente non è necessario compiere crimini per ascoltarlo: i dischi da Worlds Apart fanno tutti cagare con il caps lock, per stavolta ho deciso di affidarmi al pregiudizio. No, non mi convincerete. Sì, potete essere in disaccordo, ma questo non vi aiuterà a trovare la luce.

IL LOAL
Lady Gaga Jesus Dressup, via Poptopoi.

Majorana reprise: Le Luci della Centrale Elettrica – “Per ora noi la chiameremo felicità”

Brondi prepara l'accampamento

Con le nostre discussioni serie si arricchiscono solo le compagnie telefoniche. Arriva in qualche modo alle “masse” (du’ stronzi pe’ sbajo) il nuovo album delle Luci della ecc. e il livore martellante delle ultime settimane può finalmente trovare catarsi in un mare di post sul modello “l’havevo (con l’h) sempre saputo che avrebbe fatto SCHIFO!”. L’humus culturale, dove per humus si intende la crema di ceci che mangiano beduini e inglesi, l’humus culturale, dicevo, che produce webzine su webzine e blog su blog si conferma compattamente avverso non già alla musica di Vasco Brondi (VB), quanto al suo “personaggio” o meglio, giacché per l’esistenza di un “personaggio” ci sarebbe perlomeno bisogno di un certo riscontro di pubblico pagante, all’idea stessa della sua esistenza.

 

Dal chiacchiericcio continuo, dal continuo berciare degli “Appassionati di Musica” (titolo che la gente si autoconferisce quando scopre che la sua personalità in formazione è meglio espressa per il mezzo di canzonette scritte, prodotte, cantate e commercializzate da altri) emergono ogni tanto curiose istanze di odio/amore per qualcuno in particolare che, se non possono essere oggetto di un discorso univoco, possono d’altra parte essere isolate e raggruppate in diverse curiose fattispece (senza la i).

In questo modo, la massa di articoletti, frecciate, battute sagaci, siti web ostili dedicati (!), imitatori su youtube e tutto il resto del fumo prodotto da questo pubblico rogo di VB, possono essere facilmente inseriti nel contenitore “Accanimento Immotivato Internettario”, tradizionalmente soggetto a riempirsi, ogni qualche anno, di materiale affine ma con diverso bersaglio.

“Perché tanto odio?”, avrebbe scritto Cuore, e il perché è ben difficile da isolare e comprendere senza ricorrere alla psicologia spicciola da ignoranti, cosa che una tantus non faremo per evitare di impelgalarci imelpagarci imepla andarci a ficcare nei rovi dell’Invidia!, Frustrazione!, Sfiga!, Psicologia delle masse e analisi dell’Io!, e tutto questo complesso di cose che fa sì che io (ecc.).

Brondi e Dente corrompono un bambino

Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo tuttavia fare a meno di notare, per l’ennesima volta, quanto inconsistente sia la maggior parte delle motivazioni che oggettiverebbero – a detta degli haters – l’odio verso VB: su palafitte di falsa logica piantate nella palude della merda, si elevano infatti costruzioni miserrime di irragioni e non-argomenti, tra i quali paiono avere particolare successo le questioni della cattiva qualità dei testi e della monotonia delle musiche.

 

Per quanto riguarda i testi, non avendo forza, voglia, intenzione, tempo da perdere sì ma diciamo di no, e forse neanche gli strumenti adatti per procedere a una esegesi dei testi delle Luci – mai capito cosa voglia dire “esegesi” -, noteremo solo che non serve Wittgenstein per rendersi conto che non c’è alcuna logica in questo tipo di attacchi.

Lasciando anche da parte il fatto che, banalmente, testi e musiche delle canzoni pop non sono scindibili se non tramite una forzatura, e perciò dimostra ben poco constatare che davvero Dylan a un certo punto canta che gioielli e binocoli pendono dalla testa del mulo senza rovinare (anzi) il più fantastico pezzo rock mai scritto, rimane il fatto che tutto questo gran vociare si fonda essenzialmente su perculate non sorrette da alcunché, se non da astrusi ragionamenti tutti riconducibili a una gigantesca scritta Me piace/Nun me piace, principio in base al quale davvero Nessuno è in grado di opporre Nulla a chi (io) dovesse sostenere che invece i testi di VB, ovviamente intesi come parte integrante di canzoni rock fatte e finite, hanno una buona efficacia impressionista e che di norma (ma conta un’opinione di questo tipo?) funzionano bene nel trasmettere quello che alle mie orecchie giunge, e che è un grande e desolato senso di vuoto che chiunque abbia visto Bologna o la stessa Ferrara in una notte di un giorno feriale non può non comprendere.

Brondi, la Antolini e gli Offlaga Disco Pax evocheno LI MORTI

Che poi citare spezzoni di testi alla cazzo di cane, senza considerare la musica che li accompagna e il tono di voce che li canta e magari immaginarli sopra suoni da carillon, eseguiti da un gruppo di nome – boh – Le Luci dei Pupazzoni Coioncioni, dia un altro effetto al tutto, bè, come si diceva nel ‘400 in questi casi, grazie al cazzo. Prendete una poesia di Rambò, rielaboratela e mettetela in bocca al mestissimo vocalist di un tristo gruppo intellettualista italiano (è successo), ed ecco che liriche immortali si tramutano in un testo sciatto, né bene né male, un po’ pretestuoso e – superando ogni parere personale – in qualsiasi senso non confrontabile con l’originale. E qui anche un Benjamin potrebbe essere evocato con la tavoletta Ouija a dare supporto filosofico e argomentato a quanto sostengo, ma siccome il di lui parere chiuderebbe la partita a mio favore troppo presto, tralascio la seduta e vado avanti fino al novantesimo.

Secondo tempo: per quanto riguarda la monotonia della musica, il discorso è più o meno lo stesso appena fatto circa i testi, ed è giusto il caso di ricordare che la lista della musica che si potrebbe definire “monotona” comprende, per limitarci alla musica popolare, Woody Guthrie o Robert Johnson, o De Andrè se proprio volete o anche Billie Holiday, i Ramones, i Germs, Dock Boggs, i Nirvana, Pink Anderson, Odette, Little Richard, AC/DC, Public Enemy, il teatro delle ombre balinesi, Elvis, i Darkthrone e gli Sputafuego (band nata dalle ceneri dei più vivaci Los Fucos nella quale milito con orgoglio). Il tutto ovviamente e giustamente senza che questo scalfisca in pur minima parte la generalizzata stima di cui questi musicisti godono.

Annientate in un batter d’occhio le famosi “ragioni oggettive”, cosa rimane da considerare se non la peculiarità di VB all’interno della “scena”, peculiarità non riconosciuta eppure involontariamente sottolineata dai suoi detrattori?

Dunque: VB ha “qualcosa di diverso” rispetto agli altri? VB è “migliore” degli altri?

Majorana a Carnevale 2004 con un costume da Benjamin

Le due domande, collegate tra loro, non sono di semplice risposta, avendo il concetto di meglio/peggio riguardo alla musica leggera fin troppe implicazioni e troppi pochi strumenti d’analisi. A parte la maledetta, dannata, infondatissima emozione/percezione personale dell’ascoltatore, forse inevitabile per una musica che, per definizione, “non studia lo spartito” (aberrazioni a parte) e non si rifà a nient’altro che al profondo bisogno di qualcuno di dire qualcosa accompagnandosi con strumenti la maggior parte delle volte scordati. A complicare ancora di più la questione – che non sarà risolta qui né altrove – c’è il fatto che la musica rock è troppo intrinsecamente commerciale (nel senso del suo legame troppo stretto e indissolubile con il pubblico pagante) per essere sereno oggetto di riflessioni di altro tipo – certo i negri Zulù non sono andati al Conservatorio, ma è evidente che la musica fatta da loro, “bella” o “brutta” che sia, può essere più facilmente “oggettivata” secondo altri canoni. In cosa sta perciò la diversità di VB, il suo essere “meglio” o “peggio” se per misurare tutto ciò troviamo errato ricorrere alle proprie, trascurabili percezioni?

L’unica differenza evidente tra lui e il resto della “scena” a noi, cioè a me, sembra essere l’innegabile tendenza della musica di VB a rivolgersi ben al di fuori della ristretta cerchia di partigiani dell’indie-rock italiano resistenti ai fascismi della Musica Commerciale; una tendenza dovuta, peraltro, non alle intenzioni della musica stessa – il noto demo precedente al disco d’esordio è in sostanza identico a quanto venuto dopo –, che a sua volta sembra attrarre piuttosto che cercare il pubblico. Quel che è peggio, VB non sembra neanche avere i tratti della moda tout-court, per cui se è vero che rimane del tutto plausibile che lui e i suoi dischi vengano inghiottiti dal buco nero in cui sta collassando la musica mondiale (grazie Appassionati! Scaricatevi i dischi!! Avanti così!!!), è anche evidente che il riscontro che VB sta ottenendo qui ed ora con serate all’Auditorium e recensioni su Vanity Fair ha qualche chance di trasformarsi per lui nella possibilità di un’onesta carriera nel mondo dello spettacolo – cosa che mai e poi mai e ancora MAI potranno permettersi gli sciocchini e sciocconi che a differenza sua “fanno parte” e perciò vanno bene sempre e comunque, e nessuno fa le pulci ai loro testi anche se i loro testi parlano pretenziosamente di cartoni animati anni ottanta.

L'indy è tornato: gli Amari in copertina su Vanity Fair

Ora, com’è dunque questo famoso nuovo disco, che esce già estenuato e vecchio a causa di tonnellate di parole (anche le ottomila qui sopra, che a ben vedere parlano d’altro), congetture e previsioni che di certo si sono spese nelle ultime settimane? A sorpresa, non si tratta di un disco heavy metal né bluegrass né tantomeno big-band caraibica come da più parti si lasciava intendere, ma in sostanza di un disco cantautoriale nello stile dell’artista che lo ha inciso. Spiazzati da tutto ciò, e consapevoli del fatto che siamo attualmente nella Terra di Nessuno del Giudizio – non è semplicemente possibile ad oggi emettere un giudizio sereno su questo album: they want the blood, e nelle righe che precedono ce ne è abbastanza – , ci asterremo dal notare che VB canta più che in passato, che i temi son quelli, che non c’è effetto sorpresa ma c’è effetto consolidamento, che è musica per adolescenti ah signora avercene di musica per adolescenti così che gli adolescenti oggi ascoltano rihanna bè che gli vuoi dire a rihanna umbrella è un pezzone e lei ha le spalle strette e un’enorme testa, e insomma che i tempi son cupi e la Lazio ha perso pure col Ciesena e siamo di nuovo all’inizio, meno di zero, da capo a dodici (una frase idiomatica che da qualche parte, un tempo, lessi avere qualcosa a che fare col blues).

SENZA VOTO