Marco Pecorari

Marco Pecorari (o Il Pecora o Peco o Pec o direttamente P  però inserendo Er davanti) viene da una cittadina in provincia di Ferrara, io sono un razzista e posso dire che queste cose non aiutano il carattere. Marco Pecorari scrive di musica e figura come metà del blog più bello e peggio tenuto dell’internet italiano, che si chiama Spadrillas in da Mist ed è ricomparso qui dentro giusto ieri dopo un congelamento piuttosto lungo. Se lo conoscete sapete che con il Pecora non si sta mai parlando  di una sola cosa, quindi si inizia un mesetto fa chiedendogli che musica sta ascoltando e si incrociano le dita. Avviso: siamo intorno alle cinquantamila battute e quindi non ho inserito link o altro. Vado a capo, poi il grassetto è mio e il non grassetto è suo.

Che musica stai ascoltando?

Dici in questo momento? italiana: Ooze da trieste, sludge. Sonic Jesus da non so. Roba mi dicono alla BJM e Dead Skeletons, gruppi che non ho mai ascoltato. Mi piaciono.

Straniera: Exuma, un personaggio assurdo della Florida ma originario delle Bahamas che parla di robe strane, che ovviamente è già morto.

Ti riporto una recensione di una tipa su amazon, della Florida. Come tutte le persone ignoranti ignora che il tipo abitava nel suo stato e non in Africa:

Please know what you are ordering here and try and ignore the “avant-garde, trendy, b.s.” spewed about the wonders of this music. I have been listening to music from many countries in a quest to learn more about the spirit and sounds of countries I have yet to visit, Africa being one of them. And in actuality, the music I have heard from many, many African artists is amazing!!! My absolute favorite country for beautiful, loving and soulful music.

This is NOT that. Not in any way, shape or form. Make no mistake….

Based on the previous reviews for Exuma I and II, I bought both Exuma I and II. I cannot get through either one of them. The music is pure evil. It speaks repeatedly of Satan, hell, fire, death, demons, devils, zombies, even including satan’s reincarnation in the birth of a child. This is disgusting. I am no prude, believe me. But, I could write a book about what’s wrong with this music. Is this some sort of devil worshiping crowd pleaser? Otherwise, I cannot imagine any sane person listening to it.

Please know I would describe this music as repulsive, repugnant and offensive.

I am returning both CD’s and should probably have my car blessed with holy water.

Cathy S., Gainesville, FL.

Oh, I WAS FORCED to give this nightmare “music” one star in order to submit this review. Honestly, if ever there was a call for it – this could be rated on a negative scale.

Per il resto ti dico: è un periodo che vedo molto più che ascoltare, molti film italiani del periodo anni ’70, serie americane non trasmesse in italia o trasmesse col contagocce. Ieri ho visto un documentario bellissimo, me lo sono sognato di notte. E’ una storia tipo L’Amico Ritrovato, solo che i protagonisti sono il serbo Vlade Divac e il croato Drazen Petrovic. Non penso ci sia bisogno di aggiungere altro, chi non sa di cosa stiamo parlando o si informi o non è degno. Ah, il titolo è Once brothers. Continua a leggere

Navigarella: GIORNALISTI MUSICALI VS. NEMICI DELLA MUSICA

Lana del Rey ha cantato dal vivo una versione non disprezzabile di Heart-Shaped Box, e quando dico non disprezzabile intendo dire in realtà darsi fuoco. Mentre la rete si divideva più o meno a metà tra colpevolisti a prescindere e innocentisti a prescindere (tutto si può dire di Lana del Rey meno che non sia stata coerente nel non far nulla per farsi odiare da chi la ama o farsi amare da chi la odia, in questo vera popstar-chiave del nostro millennio), Courtney Love ha detto una cosa su twitter tipo AHAHAH STAI CANTANDO UNA CANZONE SULLA MIA FIGA. Continuano le celebrazioni della morte di Kurt Cobain.

C’è una prima anticipazione del nuovo disco degli Animal Collective, uno dei pochi gruppi bolliti da anni e anni che in realtà no. Anche il disco nuovo sembra poterci piacere molto.

Sta per uscire il secondo disco della Corin Tucker Band. Il primo disco della Corin Tucker Band è una delle pochissime testimonianze audio del fatto che si possa fare musica rock normale senza necessariamente venire inclusi in un gruppo di spocchiose teste di cazzo che fanno musica rock mimando un anacronistico ritorno alla normalità nel disperato tentativo di venire considerati un nuovo trend di gente a cui forse non frega un cazzo di niente ma io guarderei bene cosa c’è sotto (cosa che tanto per dire non è riuscita alle molto più considerate Wild Flag, cioè le ex-Sleater Kinney senza Corin Tucker, autrici di un disco brutto e triste in culo su cui si è sviluppato un minuscolo hype un paio d’anni fa). Il secondo disco della Corin Tucker Band, a giudicare dai primi due estratti, promette d’esser quasi meglio del precedente, e meno male che ci sono i volti nuovi di vent’anni fa ad indicare nuove strade da percorrere ai volti nuovi di adesso.

A proposito di anacronismo, c’è un flame molto divertente sul facebook di Edoardo Bridda. Edoardo Bridda sarebbe il boss o uno dei boss di SentireAscoltare. Sulla sua pagina ha postato il link a una recensione di Ondarock dei Wild Nothing uscita (a quanto pare) un mese prima del disco. Lamenta il fatto che quelli di Ondarock si sono sempre dichiarati contrari a questa cosa e via di questo passo. Nei commenti al post si scatena una specie di guerra delle coscienze, interviene perfino Claudio Fabretti con un tono tipo “io sono il boss di Ondarock, sono intervenuto qui ma ora c’ho degli altri cazzi da fare e comunque di quel che fate voi me ne frego”. In realtà è lo scontro tra due modelli di giornalismo musicale: il primo si sbatte a duemila per essere sempre sul pezzo, il secondo si erge a roccioso bastione del mercato musicale tradizionale, supporta etichette distributori e artisti e se ne va per la sua strada. La cosa più tenera è farsi il viaggio e pensare che dietro tutto questo ambaradan ci sia una lotta senza esclusione di colpi per diventare il web magazine italiano più influente della storia E una recensione arrivata un mese prima influenza irrimediabilmente l’ascolto, bruciando la recensione dell’altro sito e determinando in maniera indelebile il gusto dell’ascoltatore in merito al disco dei Wild Nothing. Bridda mette il tutto sotto forma di domanda: e voi cosa farete? Pubblicherete la recensione dei Wild Nothing in questi giorni o quando sarà uscito il disco? Difficile a dirsi, ma immagino che Bastonate non pubblicherà la recensione del disco di merda dei Wild Nothing, parlo senza averlo ascoltato MA avendo letto la recensione di Ondarock, prima della data di uscita ufficiale. Né dopo, credo, ma non si può mai dire. Ho scritto cose per entrambe le webzine, una parte del mio passato che non ricordo con orgoglio.

 

E dato che abbiamo iniziato a rompere i coglioni alle webzine, andiamo con una rapida rassegna di recensioni italiane del nuovo disco dei Baroness. Ora, il disco per quanto mi riguarda è una ciofeca prog anni settanta suonata con un briciolo di gusto e senza un briciolo di botta, con un approccio tipo “ora ti spiego il post rock e tu lo capirai anche se metallaro e ignorante” (che dopo dieci anni di Neurosis in tutte le salse mi sembra pure un po’ patetico). L’elenco serve a dimostrare quanto e come un disco per il quale è in corso un PLEBISCITO (di quelle che ho letto la stroncatura più violenta è quella di metalitalia, in numeri un 6,5) contenga in quasi tutte le recensioni un riferimento al fatto che è un disco che dividerà gli ascoltatori.

Intanto, il gruppo americano rimarrà vittima di un’antica contraddizione: se proponi sempre le stesse cose, sei monotono e pecchi di capacità evolutiva; ma se cambi strada e tenti qualcosa di nuovo, sbagli comunque e l’accusa è di aver ceduto la purezza artistica alle sirene del mercato. (metal.it)

“Yellow & Green” è quindi il disco che pone definitivamente i Baroness su un altro piano, rispetto al metal estremo e al post hardcore delle origini, e lo fa con lucidità e cognizione di causa, applicando strutture e concetti cardine della storia del rock al proprio stile originario, approdando a una sintesi stilistica inaspettatamente viva e fertile. (metallus)

Per ascoltare “Yellow & Green” ci vogliono orecchie nuove e maggiore sensibilità, bisogna riconoscere l’evoluzione del sound e i motivi alla base di questa scelta. Per gli scontenti ci sono sempre i dischi rosso e blu, per tutti gli altri “Yellow & Green” potrebbe essere un valido motivo per spendere ore e ore cullati dalla bellezza che solo la musica può offrire. (spaziorock)

grazie a una band come i Baroness è possibile che si inauguri una nuova stagione nel mondo della musica metal. Una stagione che dividerà, che creerà scompiglio, che farà perdere ai Baroness il pubblico più intransigente, ma farà loro guadagnare il rispetto di chi, anche dal metal, chiede un’evoluzione. Ed oggi, si dica chiaramente, i Baroness sono una delle forme più evolute di metal con la quale possiate confrontarvi. (sentireascoltare)

Non abbiate paura ad avvicinarvi a questo Yellow And Green: aprite la vostra mente ed ascoltatelo fino a farlo entrare in circolo dentro di voi, solo così riuscirete a mettevi in contatto con le anime di questa band eccezionale (che è vero non hanno ancora messo a fuoco perfettamente la propria strada, ma che sicuramente hanno dimostrato di sapersi mettere in gioco) (metallized)

Scandalo, capolavoro. Si sono venduti, anzi no, hanno fatto il loro miglior disco. No, no, è un album vergognoso, l’ho cestinato subito; però si sono rinnovati nel migliore dei modi. Stanno facendo come i Mastodon, sono meglio dei Mastodon. Abbiamo già sentito, e probabilmente sentiremo ancora a lungo, i pareri più disparati sul nuovo album dei Baroness, nome sempre più conosciuto che sta travalicando i confini del panorama sludge metal a cui era relegato. Alcuni giudizi ci sembrano affrettati, altri espressi con eccessiva presunzione, tanto perché al giorno d’oggi se non ascolti i Baroness sei un po’ “indietro” (però fino a pochi anni fa eravamo ancora quattro gatti a vederli, chi è indietro allora?) (gotr)

Il bello dei “nuovi” Baroness è, forse, anche questo: ascoltare capitolo per capitolo con viva e rinnovata curiosità, senza sapere bene dove porterà lo step successivo. Un genuino disorientamento che, se per alcuni sarà testimone di un decadimento mentale e qualitativo senza freni, per noi è il simbolo di quella decomposizione di cui in avvio: il salutare decesso dell’ordinarietà verso nuovi orizzonti, nuovi traguardi. (storia della musica, e questa è IMPORTANTE che ve la leggiate tutta, possibilmente sotto l’effetto di qualcosa)