Il listone a tradimento del venerdì dei film e delle serie tv a tradimento

Speciale Cinema di Natale per levarselo dai coglioni, infatti non userò le maiuscole (a parte dopo il punto sennò non si legge):

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1) lo hobbit: la prova che il cinema fantastico, tra abuso di computer, durate mastodontiche, riprese dagli elicotteri, ricerca di una fedeltà irritante rispetto alle opere d’origine, è andato ad uniformarsi stilisticamente in maniera pazzesca. Non solo: questo genere (ma molto cinema in generale) ha sempre avuto più a che fare con l’illusionismo che non con altre forme d’arte che vengono più facilmente associate al cinema, come quelle narrative, come la fotografia, il teatro o il fumetto. Il concetto era usare elementi del reale (il nostro mondo, la nostra fisica) per trasformarli nell’irreale (un altro mondo, un’altra fisica), portando lo spettatore ad essere consapevole e ammirato da questa trasformazione. Bè, questo è un cinema che possiamo dimenticarci bellamente. La desolazione di smaug è noioso, meno noioso del primo capitolo, e ripetitivo, ma in certe parti sicuramente godibile ed è la conferma di un cinema popolare che vive di sola narrazione e di spettatori totalmente passivi, distratti, dormienti.

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2) walter mitty lì: è statisticamente impossibile che un film che ad un certo punto fa partire gli arcade fire sia bello e invece bravo ben!, il tuo cristo da scrivania con l’avventura nel cuore si fa un calvario di banalità e osa pochissimo (kristen wiig usata come donzelletta), però con equilibrio, con un’oculata dose di umorismo (strisciante, un paio di volte esplosivo, un paio di volte fuori luogo in maniera imbarazzante) e di materia sognante che cancella la sensazione di una mera paraculata stile l’arte del sogno. Tutto prevedibile, occhi lucidi compresi, ciò non toglie che alla fine gli occhi lucidi ci stanno. Anzi, la paraculata c’è: space oddity nel momento topico della riscossa dell’impiegatucolo mitty è un colpo bassissimo, sniff, non lo dovevi fare.

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3) de niro vs stallone: che palle gli expendables 2. C’hai un film che parte da una cattiva idea che il cinema americano è in grado di trasformare in una buona baracconata, c’hai alan arkin che spara battute da prostata alla velocità della luce, c’hai kim basinger doppiata da micaela esdra che è una voce strappata alla pornografia e, a parte i venti minuti comunque di troppo nel secondo tempo, devi mortificare il tutto con il sottotesto (esplicito) che de niro è la motta e stallone è rocky per strizzare l’occhiolino, postmodernamente parlando? Ma ci sono storie, anche cazzate, che hanno ancora le palle di prendersi sul serio?

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Speciale Televisione Anno Nuovo perchè ci sono bontà imprescindibili, infatti userò le maiuscole:

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1) Community: la quarta stagione di Community era una merda indescrivibile, ma ho sentito gente difenderla perchè era Community. Questa gente va maltrattata. Dan Harmon se n’era andato, Chevy Chase (ormai licenziato) ci offriva un nuovo significato del termine “macchietta” e le liaisons tra i vari personaggi erano ridicole oltre il fatto che la serie cerca di essere ridicola. Quindi a che pro continuare con la quinta? Perchè torna Dan Harmon e fa il reboot. Perchè ci sono personaggi che se ne vanno e personaggi che arrivano così non si ha l’effetto muffa di The Big Bang Theory. Alison Brie. Una puntata thriller/horror dove un maniaco infila le monetine tra le chiappe delle persone con i jeans a vita bassa.

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2) Justified: questa è una serie sottovalutatissima, basata su Elmore Leonard che ha pure supervisionato e adesso la benedice da lassù e si vede. Dalla seconda stagione decolla in maniera spettacolare e rimane gagliarda in volo, è divertente, tesa, con dialoghi, ambientazioni e facce strepitosi, ma chissenefrega. Il punto è che Raylan Givens. Cioè il protagonista si chiama Raylan Givens. Che non solo è Timothy Olyphant che è l’uomo più bello del mondo nel personaggio più cool del mondo, ma si chiama Raylan Givens. Non so, è come chiamare tua figlia Lamborghini Diablo. O il tuo guerriero da gioco di ruolo Apocalypse Spitfire. O andare all’anagrafe e decidere che il tuo nome ti fa schifo e vuoi cambiarlo in Max Power perchè l’hai letto su un fon (cit.). Raylan Givens.

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3) Parks and Recreation: è la migliore comedy in giro, idee a valanga dopo 100 puntate, altre serie erano già in cancrena a questo punto. Ora io non so raccontare le scenette che fanno ridere, ma nell’ultima puntata c’è la moglie, April, di un personaggio, Andy, che si lamenta del fatto che dopo che il marito è tornato da Londra, ha problemi col fuso orario e si mette a tagliare l’erba del prato alle due di notte. Allora esce di casa mentre lui sta facendo andare il tagliaerba a manetta e gli dice “AAAAANDYYYYY” e lui le risponde “Tesoro, mi porti una birra?” e lei dice “Ok.” e torna in casa a prendergli una birra. Ecco, Parks and Recreation è bello perchè questa scenetta fa ridere anche se adesso magari voi non capite perchè.

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4) Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D.: io ho sempre avuto un occhio di riguardo per Joss Whedon, perchè ho amato Buffy, ho stra-amato Firefly, ho skippato Angel, ho apprezzato Dollhouse, ho limonato con Dr.Horrible e ho fatto “UUUOOOOOOOOOOH!” in sala come tutti, tranne quel fesso di Leo Ortolani, quando Hulk tira un pugno al vermone biotecnologico di 100 metri e lo scassa. Il pilot di Marvel’s AoS era bello, ma le seguenti faticavano ad ingranare fino a che la trama orizzontale s’è data una svegliata e ha smesso di rompere le palle a quella verticale e anzi: ci si è integrata alla perfezione. E i personaggi sviluppano. Ora è la serie non comedy più divertente in circolazione, con punte di azione fumettosa efficaci, con momenti commoventi, con scambi di battute sagaci che ti chiedi com’è che riescono quasi solo a Joss Whedon. E a Kripke quando scriveva Supernatural.

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5) How I Met your Mother e New Girl: non meritano due paragrafi diversi. HIMYM sta cannando l’ultima stagione con un uso sfigato della mamma e con puntate estemporanee svogliatissime. Ma comunque si merita la visione del finale, dai. Per quanto riguarda New Girl, sono quasi sicuro che qualcuno ha ucciso ideatori e sceneggiatori della seconda stagione. O forse l’idea ha esaurito gli sbocchi naturali e non c’è abbastanza talento per trovare altre vie. Cece fa la barista.

bbsc3bbsc3bbsc3bbsc36) True Detective: eccoci qua. Serie dell’anno e basta l’episodio pilota. Cioè ci stanno Woody “sono un attore della madonna” Harrelson e Matthew “se parlo come un batman texano posso fare pure shakespeare che mi farete i pompini” McConaughey che fanno i partner su un probabile caso d’omicidi seriali in una Louisiana catatonica e quello che è chiaro è che l’HBO ha costruito qualcosa che va al di là del prodotto solido e ineccepibile alla Boardwalk Empire. True Detective da subito si pone come un buddy horror di una nuova grande depressione, romanzando il genere procedural di The Wire in qualcosa di altrettanto lento e ragionato, meno originale, ma più archetipico. Probabilmente più cinematografico. Non a caso la serie dovrebbe strutturarsi con ogni stagione separata dalle altre (maxi-film di 8 ore, insomma), con protagonisti ed ambientazioni diversi, rinunciando a certi vantaggi della serialità, in nome di qualcosa di più concreto e stilisticamente compiuto. Michelle Monaghan fa la moglie un po’ repressa, Alexandra Daddario mostrerà le tettone nella puntata di questa domenica, lo so perchè in rete la cosa è già viral. Adesso non avete scuse. Non le metto cinque Sadako perchè è giusto aspettare il finale.

“Daryl Hannah entra in un caffè.” SPLASH

Kekko non lo sa, ma gli ho salvato su Bastonate una bozza di un pezzo che parla di serie tv invece che di cinema. A tradimento. Ma è importante, giuro. E insomma al cinema non si ride più, madonna come sono snob, in fondo la risata è una cosa soggettiva e il nostro umorismo è figlio di dozzine di influenze culturali, sguaiate e nostalgiche della nostra infanzia, cazzo ho ragione, allora diciamo che io non rido più. Entro nel campo minato del pezzo autoreferenziale perchè chiunque può disquisire oggettivamente di drammi e morale accazzo come se avesse la verità in tasca, ma quando si tratta di comicità le cose si fanno serie.
Tanti anni fa andavo al cinema a vedere il medio-tardo John Landis, la ZAZ prima del tracollo, Eddie Murphy e santoddio anche i Farrelly quando facevano ancora ridere. Che non era il meglio del meglio del meglio perchè se fossi nato uno-due decenni prima, avrei visto il primo-ebbro John Landis, Mel Brooks quando c’aveva gli attori, i Monty Phyton e santoddio anche Woody Allen quando faceva ancora ridere. Poi c’è stata la secessione: “La sburra di Tutti pazzi per Mary” contro “Il Bill Murray dei Tenenbaum”. Che per carità, nei rispettivi film facevano il loro sporco lavoro ed è vero che queste categorie sono tagliate con l’accetta tanto che metterò insieme risate grasse e tentativi di commedia sofisticata, però è anche vero che oggi mi trovo molto più spesso nel fuoco incrociato di chi si bea unicamente del suo BWAH AH AH per il romanesco dei cinepanettoni, per il panino nelle chiappe di Road Trip e s’è visto tutti gli 8 film del multiverso di American pie e chi invece si concede un sommesso MUH UH UH per la laconicità dei Coen, per il lama di Napoleon Dynamite e s’è visto tutti gli 8 film del multiverso di Wes Anderson. Qui io mi trovo in difficoltà, perchè sono un’informe spugna senza personalità quando si tratta di umorismo, cioè mi spanzo quando Ivor fa il testimone di nozze in Dicks di Garth Ennis e si cala le brache e con gli sposi disegnati sul culo comincia a scorreggiare, ma sghignazzo pure alla battuta a 4 livelli di metacomicità ebraica di Curb your enthusiasm. C’era una puntata dei Simpsons in cui Homer si toglieva un pennarello conficcato nel cervello estraendolo dal naso e questo gli conferiva una manciata di punti Q.I. in più e allora Homer non poteva più ridere per un prete che sviene sulla torta in uno dei tanti matrimoni interrotti di Julia Roberts. Ora, il secondo livello non presuntuoso della gag non è che la gente stupida ride per cose stupide, ma che il film con Julia Roberts rappresenta tutti quei film che puntano sulla ripetizione clownesca fino all’esaurimento scorte della risata. Il “Non sono stato io!”. Il “Bucio di culo!”. Che naturalmente nell’era di un cinema all’apice del consumismo è elevata ad arte. E i Simpsons lo sanno bene visto che sono 10 stagioni e un film che non fanno più ridere.
Dall’altro lato si ride a culo stretto e io vedo gente che s’impegna a ridere SOLO a culo stretto. “Facciamoci una serata ridarella! Chiamo 5 amici, ci compriamo le pizze, le birre e si attacca con Zissou, poi Nacho Libre, poi la ciurma Apatow e magari si conclude con Jason Reitman.” E sì, funziona pure, ma finisce che 2-3 amici su 5 il giorno dopo hanno provato a gassarsi col monossido nel garage e non se ne sono nemmeno resi conto, stavano ancora ridacchiando. “MUH UH UH.” Uno, nel delirio allucinatorio, stava balbettando che Non pensarci è il film più divertente della storia del cinema italiano.
Ora, il dato di fatto è che non ci sarà sempre Una notte da leoni a conciliare le due posizioni, infatti il secondo era già fiappo, e la cricca Apatow non partorirà sempre dei Superbad. A scrivere commedie e dialoghi buoni sono rimasti in 9 su tutto il pianeta Terra. L’altro dato di fatto è che far ridere e innovare o arrivare a rendere immortali alcune gag è un lavoro del diavolo, se ci riesci sei uno che sa leggere i tempi e le persone meglio di tanti analisti usciti con lode da Harvard, probabilmente potresti salvare il mondo nel giro di un paio d’anni e invece hai scelto di fare il comico.
Il mio angolo di paradiso io l’ho trovato nella varietà televisiva e pur non amando le serie contemporanee che usano le risate registrate proprio perchè sono le Julia Roberts della tv (i Jeffersons invece andavano bene), posso affermare che 2-3 stagioni di The Big bang theory e How I met your mother valgono effettivamente la pena. Hanno il sacro e hanno il profano. Ma le vere supereroine sono Arrested Development, 30 Rock e due terzi di Community. Infatti le metto in grassetto. Ce ne sono altre jewish e british power di ottima fattura grazie alla nuova golden age televisiva, ma piglio queste perchè ho la sensazione che abbiano quei caratteri di “universalità” e nel contempo di innovazione che temo manchino da un bel pezzo nelle sale cinematografiche: 30 Rock usa la macchina per le scorregge (“oh no! it’s farting! it’s farting!”) per farti ridere e per farti ridere del fatto che non dovresti ridere; Community usa l’arma delle parodie e dell’amare e smitizzare John Hughes; Arrested Development è la serie che potrebbe salvare il mondo in un paio di anni, ma ha scelto di far ridere. Grazie a dio. Queste 3 comedy sono ormai chiuse, o quasi, perlopiù per gli ascolti non eccezionali, il che conferma (il circolo vizioso della ripetitività pompata a dismisura mette in ombra le cose buone, ma non ho le prove) e manda a puttane (“se erano così in gamba, perchè sono morte?” (cit.)) la tesi di questo pezzo. Chissefrega. Eppure, per esperienza personale, sono le uniche serie che sono riuscite a far sbracare persone che si facevano di teste infilate in ani di tacchini insieme ad altre che prediligevano le canzoni dei Beatles su vignette colorate con attori inespressivi. Anche se ammetto che vorrei fare come Stallone, andare dai primi e dire “Forse voi dovreste ripulirvi un po’.” e poi andare dai secondi e dire “E voi dovreste aprire quel culo.”. E poi bacerei Sandra Bullock quando mi faceva, incomprensibilmente, tantissimo sangue.