il listone del martedì (quello vero): I DIECI PIÙ GRANDI GRUPPI DELLA STORIA

Nel senso di gruppi, persone che si uniscono e fanno cose assieme.

LA CIURMA DI ALIENS – SCONTRO FINALE

Il segreto del successo di un survival movie a caso dal 1986 (Aliens) al 2000 (Pitch Black) è che anche quando lo rivedi per la millesima volta, c’hai il magone quando muoiono i personaggi e vorresti che le cose andassero diversamente e stai a pensare: “Dai Vasquez, striscia più veloce” o “Hicks merda, chi t’ha detto che Drake è morto solo per un po’ di acido in faccia?”. Il melting pot è fondamentale da sempre, ovviamente. Tranne che per i cinesi, i cinesi nacquero in qualche laboratorio sperduto solo alcuni anni più tardi. Ma devono esserci sempre un Frost o un Apone, meglio entrambi e meglio è se uno dei due chiama “negro” l’altro. Il codardo Hudson deve strapparci il sorrisino e la merda Burke deve farci incazzare. Poi il tenente Gorman, incompetente per definizione: se era in gamba lo declassavano sergente o lo facevano capitano. I cannon fodder Dietrich, Ferro, Spunkmeyer. La capa tosta Ripley. L’infante. Capito cosa voglio dire? Mica che l’importante per un buon film d’azione sono la caratterizzazione, le battute cool, il testosterone, i sottotesti, blablabla. No, quello che voglio dire è che in ogni survival movie post 1986 tu chiami i personaggi VasquezHicksDrakeHudsonFrost.

Santamadonna, era ora che Propp andasse in pensione. (bellycat)

IL BLACK METAL INNER CIRCLE

Insomma diocristo diciamocelo, a essere FICHI nonostante fossero brutti, sporchi ed asociali ci hanno provato più o meno tutti. Il cinema ha provato a spacciare la cosa con certi meccanismi di sospensione dell’incredulità, tipo “sono un maschio fico e palestrato, piaccio alle ragazze ma non so di piacere loro e sarà una trentenne in carriera a darmi il boost”, i musicisti elettronici si sbracciano per dare l’idea di essere annoiati in culo mentre droppano il beat –o come cazzo parlano quei tizi lì, insomma. Gli unici che ce l’hanno fatta PER DAVVERO a sembrare fighi in quanto brutti lunatici asociali e malvagi sono un gruppo di norvegesi che badavano agli affari loro e si riunivano in un’associazione criminale volta a cambiare il mondo, bruciare case/chiese e uccidersi più o meno a vicenda -oppure no, i membri dell’Inner Circle erano così fichi oscuri e malfidati da rendere più che plausibile il fatto che, come sostiene gente tipo il nostro eroe, non sia mai esistito un Inner Circle. In fin dei conti a me non è mai fregato assolutamente un cazzo manco della parte musicale e di tutta la storia so sì e no quello che sta scritto nella pagina wikipedia, ma è bello sapere che qualcuno da qualche parte è riuscito a rendere la propria noiosissima oscurità una cosa figa e magari pure a scoparcisi un ragazzino. (kekko)

I RAGAZZI DI VIA PANISPERNA

Prima di The Big Bang Theory, prima di The Social Network, dei nerd e dei geek, lo stadio ultimale del ripiegamento del sé in interessi assurdi e innocui tipo LA DISTRUZIONE DEL MONDO trovò incarnazione nel più classico degli agglomerati di perdenti che la razza umana possa produrre (dei giovani studenti di fisica) nel luogo più malefico che sia mai esistito sulla terra (Roma centro). Il tutto alla fine degli anni ’20, giusto in tempo, perciò, che i loro interessi di ex-bambini bruciatori di formiche con le lenti intercettassero un movimento folkloristico interessato a roba tipo la magia nera e lo sterminio, un gruppo peraltro simpatico e di poco o nullo impatto sulla realtà, conosciuto come il Nazismo.

Nelle segrete stanze di Via Panisperna, i giovani fisici Amaldi, Segré e Rasetti iniziarono i loro studi agli ordini del grande maestro nero Enrico Fermi (un cognome, un ordine), prima di essere raggiunti dal regista-attore Bruno Pontecorvo, dal chimico-dj Oscar D’Agostino e, soprattutto, da Ettore Majorana, l’unico ancora vivente, di cui abbiamo detto e scritto più volte.

Il movimento si sciolse quando Rasetti scoprì che la seconda serie degli Exogini era in realtà una taroccata della Mattel, all’epoca “Mattelli” per via del fascismo, che aveva comprato dei pupazzetti giapponesi a cazzo di cane rivendendoli ai ragazzi italiani (ci avrebbero riprovato con alterne fortune negli anni ’80). D’Agostino la prese sul personale e sapete come so’ ste cose, i Reservoir Dogs di Fermi si azzannarono a vicenda e tutto andò prevedibilmente in merda. Fermi morì di dispiacere pochi anni dopo, quando scoprì che gli alieni non esistevano. Rasetti e Segrè, l’unico che gli rimase fedele, progettarono con successo una serie di nuovi manga. D’Agostino continuò a pubblicare dischi, Majorana, al soldo del nazismo, fuggì in Argentina simulando la morte per suicidio. E sugli altri, se me ne sono scordato qualcuno, trovate comunque centinaia di libri.

Addio ragazzi, la vostra eredità di morte continua a illuminare le notti italiane di minacciosa luce radioattiva! (asharedapilekur)

QUELLI CHE FIRMARONO LA PACE DI VERSAILLES

1919: dopo quattro o cinque anni di guerra rovinosa e logorante e vinta più o meno a tavolino dalla triplice intesa (voglio dire, alla fine della seconda guerra mondiale ai tedeschi e ai giapponesi gli avevano ROTTO IL CULO, la prima s’erano rotti tutti quanti il culo a vicenda e la guerra s’è vinta al ballottaggio, voglio dire, siamo riusciti a vincere con il generale Diaz (omonimo del Diaz che vinse uno scudetto con l’Inter di fine anni ottanta, paradossalmente spinto al successo da dei tedeschi e dal ben più conclusivo Aldo Serena) ODDIO, doppia parentesi, la chiudo così a caso senza editare) i sopravvissuti si sono incontrati a Versailles e han fatto ballotta per qualche mese decidendo le condizioni della pace e creando con un certo successo le condizioni alla base degli eventi cardine del ventennio successivo (crisi del ’29, fascismo, nazismo, i presidenti francesi tra le due guerre, guerra civile spagnola, anschluss, seconda guerra mondiale e discesa in campo di Gabriele d’Annunzio in un memorabile video con calza su una telecamera). Finisce in questa lista perché annovera tra i protagonisti una sacco di rosiconi e un sacco di gente figa E sancisce nel modo più assoluto quanto le circostanze e gli eserciti possano rendere schiacciante una irragionevolissima vittoria ideologica dei primi (Orlando, Clemenceau, Lloyd George) sui secondi (Wilson, un furiosissimo Max Weber e soprattutto John Keynes, di cui qualcuno in facoltà lo dipinse come estremamente critico nei confronti delle sanzioni alla Germania per via del fatto che si stava scopando un banchiere tedesco che se  non sbaglio si chiamava Carl Melchior). Con l’aggiunta del fatto che il primo ministro italiano Vittorio Emanuele Orlando era costantemente mobbato da Sidney Sonnino, il più grande fan dello Statuto Albertino ever. Voglio dire, mancavano solo tipo Scilipoti e Obelix. (kekko)

LA BALLOTTA DEI GUAGLIONI

Nella jam in due parti I Messaggeri 1 e 2 un bel po’ di quel che c’è da sapere a proposito di alcuni degli anni più felici per l’hip hop italiano, gli ultimi prima di Merda&Melma che ne sarà la pietra tombale. Gli anni del Link e della Zona Dopa al Livello, dei SangueMisto in heavy rotation su Radio Deejay courtesy of la longa manus di Albertino, che del genere è stato il John Peel, il Greg Shaw, delle jam dei Cammelli, che hanno rivoluzionato la sintassi stessa della scienza doppia acca e della lingua italiana (i concetti di dissing e freestyle senza averli mai sentiti all’opera semplicemente non hanno alcun senso), di Bologna sulla mappa come Detroit per il soul (e la techno). La ballotta (scritto proprio così, con due ‘l’) dei guaglioni era al contempo collettivo tipo Wu-Tang Clan, Factory warholiana se la Factory avesse prodotto qualcosa oltre a trans problematici e schizzati borderline a random, motore della scena e aggregatore naturale in tempi in cui le cabine telefoniche funzionavano a gettoni, il cellulare era roba da magnaccia e i social network fantascienza che neanche nel più paranoico dei romanzi di Philip Dick. Tra i nomi più rappresentativi di questo mastodontico squadrone della presa a bene: Neffa, Deda, DJ Gruff, Soul Boy, Carry D, Kaos, Yared, Galante, prima Radical Stuff e Speaker Dee’Mo. Poi tutto finisce così come era iniziato, Neffa Molla il colpo nel 1999, lo stesso anno di Merda&Melma, Chicopisco l’addio alla scena, da allora soltanto macerie. (m.c.)

I LEMMINGS

Ecco, diciamo che se questa lista era concepita pensando a gruppi che si uniscono e fanno grandi cose, probabilmente è stata concepita apposta per citare il più grandioso inno al comunismo mai partorito da una società capitalistica, vale a dire i LEMMINGS inteso come i personaggi del gioco del Commodore, perfetto paradigma di una società in cui ognuno mette il proprio mestiere a disposizione di uno scopo più grande e del raggiungimento di un obiettivo, senza che nessuno si ribelli ed anzi mettendone qualcuno nella condizione di suicidarsi scavando un pozzo senza fondo in nome della rivoluzione. Voglio dire, manco i ciellini affogano il sé con così tanto entusiasmo.  (kekko)

I DODICI APOSTOLI

Quand’ero piccolo piangevo amaramente ogni volta che, per essere fico, dichiaravo di non credere in Dio, ricordando a me stesso la figura di merda di Simon Pietro che, cacandosi sotto al pensiero dei feroci romani, rinnegò di conoscere Gesù Cristo prima del canto del gallo. Ora che ci penso, anche io in fondo ho paura dei romani quando rinnego, e ce l’ho in realtà anche in generale quando sono in mezzo al traffico col motorino cinquanta sfigato, cosa di cui ho paura già di per sé, e mi aspetto che da un momento all’altro il traffico stockhauseniano della Capitale si sublimi in uno di quegli ingorghi fatti sì di lamiera, ma anche e soprattutto di vaffanculi e di rauche grida tipo AHO’ VO’ GAMMINA’ TE VOI MOVE? lanciate nella sgraziata lingua di questa città di merda.

Detto questo, dubito che io mi farò crocifiggere a testa in giù, come poi alla fine fece il povero Pietro redimendosi e confermandosi tutto sommato abbastanza fico, come fichi erano i suoi compagni, Luca, Levi, Taddeo, Arogrande, Beuma, Saro, Andromaca, Filippo, Matteo e Giovanni. Il dodicesimo era poi Giuda di cui sappiamo tutto, ma che alla fin fine ha storicamente almeno il merito di averci mostrato quanto sia vile il DANARO e di aver ispirato il film eponimo più clamoroso della cinematografia cristologica, che vi consiglio di vedere quanto prima perché nessuna descrizione renderà mai la scena di Lazzaro che esce dalla tomba con l’asciugamano sui fianchi e la faccia da minchione.

E così, nella torrida Palestina, in un mondo innamorato del mainstream filisteo-pagano e tutto preso dai sacrifici dei primogeniti, dodici amici non mollarono mai, e in un miracolo di hipsterismo senza uguali credettero in Gesù, realizzando il più clamoroso IO L’AVEVO DETTO/IO C’ERO DA PRIMA della storia della musica. Poi le cose andarono come al solito, la fama, la gloria, abbastanza carini i primi, merda tutto il resto, e così via – ma il seme era ormai stato gettato e l’albero della fede rigoglioso cresce ancora e ancora e ANCORA, e non c’è nulla che voi atei possiate davvero fare. (aharedapilekur)

X-FACTOR (di Peter David)

1991: rimpasto degli X-Men urbi et orbi con il lancio di due squadre divise, una mezza dozzina di nuove testate mensili e la gestione Jim Lee a fare il brutto e il cattivo tempo. Un periodo sospetto di transizione dello strapotere dalla casa editrice al disegnatore, diventato ai tempi una specie di rockstar a cui la gente si donava con amore da tifosi di calcio, il tutto dietro al culo di gente come Chris Claremont e gli scrittori in blocco. La serie regolare di X-Factor viene svuotata di tutti i personaggi e rifondata dall’inizio: Marvel la mise in mano a Peter David che creò un gruppo governativo di cinque o sei supereroi con cui non voleva avere a che fare manco Fabian Nicieza: Havok, Polaris, Forzuto, l’Uomo Multiplo, Quicksilver e Wolfsbane. Wolfsbane tra l’altro è il gruppo da cui veniva Blaze Bailey, che andò a sostituire Bruce Dickinson negli Iron Maiden ai tempi della realizzazione di X-Factor e ditemi voi se questa cosa non è IL MINDFUCK della vostra settimana. X-Factor di Peter David è grossomodo il miglior fumetto mai scritto, in un periodo di crisi nera del fumetto americano scritto. Poco dopo la fondazione la serie venne tolta dalle mani del disegnatore Larry Stroman e messa in mano a un’altra futura superstar di nome Joe Quesada. David mollò dopo n paio d’anni, Quesada divenne il gran capo di Marvel Comics dopo qualche tempo e in uno slancio di Fede Assoluta riassoldò David verso il 2005 per ripescare i personaggi e dare vita a una Rifondazione di Rifondazione X-Factor. La serie continua a tutt’oggi in barba alle rockstar e a quei fighetti di merda dei fan degli X-Men, molti dei quali hanno mollato il colpo alla prima avvisaglia di crisi creativa e crossover aziendali ad libitum, tipo me. (kekko)

IL SECONDO TRIUMVIRATO

Diciamocela tutta, la storia romana è una gran rottura di palle. Tra decine e decine di persone chiamate esclusivamente Germanico o Crasso (gridavi “Germanico!” al Colosseo e se giravano tutti, li gran mortacci loro! Tranne i Cristiani e i leoni, ovviamente), e continui eventi minori consistenti in rivolte e sedizioni in luoghi chiamati perlopiù Mutina (dalla famosa frase dei Commentarii di Giulio Germanico Cesare, “seditio est ad Mutinam” viene il termine “ammutinamento”), i libri sul tema sono tutti notorie, granitiche torture per i poveri studenti intrappolati dal fatto che, affascinati da piccoli da rovine grandiose tipo l’Arco di Crasso o il Circo Germanico, in men che non si dica si sono ritrovati a dare durissimi esami con quello stronzo di Carandini.

In questa valanga di carta inutile e tormentosa, le uniche pagine liete per tutti sono quelle relative ai due triumvirati, il primo (Cesare, Pompeo e, guarda caso, Crasso) finito gloriosamente in merda, e il secondo (Ottaviano, Antonio e un terzo di cui a chiunque sfugge il nome, che mi pare fosse Germanico) finito anche peggio. La storia è questa: a un certo punto, a Roma si decise che avrebbero comandato in tre. A questo scopo, vennero scelti tre tifosi delle principali squadre della capitale (Ottaviano per la Roma, Antonio per la Lazio e Germanico per la Lodigiani)  che si spartirono il regno – l’impero, quello che era – tagliando a cazzo di cane una grande cartina (si vede nella serie tv) e prendendo un pezzo ciascuno, Ottaviano l’Olimpico, Antonio l’Egitto e, quanto a Germanico, di lui nessuno sentì parlare mai più. Gira che ti rigira, scoppiò una feroce guerra che mise contro Ottaviano e Antonio, ricordata nei secoli successivi dalla ballata dei Limp Bizkit “I did it all for the nookie” e incentrata sulla figura storica di Cleopatra, la famosa puella defututa della poesia di Catullo. E qui sono vagonate di cultura che si sprecano.

Tito Pullo si allontanò con un bambino in una via semideserta di Roma. (asharedapilekur)

GLI SLAYER

La differenza principale tra gli Slayer e tutti gli altri grupi di persone incontratisi per fare musica assieme è che gli Slayer hanno registrato i dischi degli Slayer. (kekko)

IL LISTONE DEL MARTEDÌ: dieci foto di gruppi che giustificano da sole la deprecabile arte del fotografare i gruppi

Torna l’appuntamento con il listone del martedì. Questa settimana vorrebbe essere una cosa disimpegnata, ma forse anche boh. Dieci foto che danno un senso parziale ai duemila euro che avete speso per la reflex e il lomokino. E ovviamente la prima della lista è

QUALSIASI FOTO DI JASON NEWSTED
Questa cosa risale ai tempi dei forum e delle webzine metal, sarebbe troppo complicato spiegarla e spiegare come mai tra i più grandi rimpianti della nostra vita ci sia passare notti insonni al computer rompendo i coglioni ai moderatori del forum di metallus.it e derivati.

LA COPERTINA DI LONDON CALLING
Le biografie ufficiali raccontano che Paul Simonon è finito dentro ai Clash nonostante non sapesse suonare, perché era un figo e stava bene col basso a tracolla. Qualche anno dopo viene fotografato nell’atto di spaccare il basso a terra (oppure no) e sbattuto in una copertina che vorrebbe essere lo spoof di un disco di Elvis Presley. Non so se l’ho mai detto qui ma io odio tre o quattro gruppi al massimo quanto odio i Clash. La foto finisce dentro perché in qualche modo poi t’ascolti il disco e pensi diobono, se mi limitavo alla copertina. No, scherzo. No, non scherzo. Continua a leggere

“PISAPIA FA RIMA CON UN SACCO DI MALATTIE” (Brainstorming post-natalizio pre-befanico)

è con malcelato entusiasmo che sono ad annunciare che (nonostante la riluttanza dello staff e di alcuni hater non ben identificati) Bastonate procede a gonfie vele ed è diventato il blog di musica più letto, importante ed influente d’Italia. Questo incredibile risultato si deve alla dedizione dello staff, ad un’azzeccatissima politica editoriale di lungo periodo, all’alacre dedizione della nostra fanbase (siamo l’unica cosa al mondo la cui esistenza è riconosciuta su internet ma non ha una fanpage su facebook, per dire) e soprattutto all’elaborazione di una teoria culturale volta a squalificare qualsiasi altro blog musicale più letto/importante/influente di Bastonate in quanto FAKE o incentrato su musica FAKE e quindi in via d’estinzione. Detto questo, siete davvero UN SACCO a chiedere delucidazioni a Google in merito agli argomenti disparati, e questo ci consente di glissare una volta di più sulla nostra mancanza di argomenti in cambio di un post fluviale in cui celebriamo la nascita di Cristo e del nuovo anno rispondendo ad alcuni dei vostri quesiti più significativi.

AMORE BLOG “TI AMO” PASSIONE “ANNI FA” “IN MACCHINA” GIAPPONE MOGLIE
Ti invio i pdf via mail. 15 dolla uno.

AMPLIFICATORI BONSON
Non conosco la marca, a quanto ne so Marshall è migliore.

ANDATE TUTTI A FANCULO
(riceviamo e volentieri pubblichiamo)

BASTONATE MARIA ANTONIETTA
Oppure NON FATELO.

BLOG DA COLLEZIONISTA DI DISCHI
Suggerisco di evitare nodata.tv

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EXTREME 8 BIT TERROR (Sonic Belligeranza)

 
Il metal è quella cosa che ti inchioda il culo e ti fa fare le cornine ruttando, la corsia preferenziale dalle quattro pareti di una cameretta verso la vita, un corso accelerato alle meraviglie e agli orrori del mondo, per molti l’unica scuola veramente formativa; comunque roba seria, e in quanto tale da trattare come si conviene, con rispetto, dedizione e devozione. L’8-bit metal (come pure l’8-bit rock, o l’8-bit pop, o l’8-bit polka) di per sé è una roba abbastanza semplice da imbastire nell’era del digitale e dell’incorporeo, basta rastrellare qualche base MIDI da qualche archivio freeware in giro per la Rete, modificarla attraverso programmini freeware pure loro e il gioco è bell’e fatto: una veloce ricerca, un po’ di smanettamenti col mouse e tempo cinque minuti (dieci per i perfezionisti) e più o meno qualsiasi canzone sulla faccia della Terra diventa un possibile sottofondo per il penultimo livello di Castlevania. Un misero giochino retronostalgico, un’innocua cazzatella ricreativa da e per nerd zuzzurelloni degna giusto di un commento nonsense su youtube. Ma DJ Balli e i suoi cenobiti conoscono bene l’argomento, troppo bene per pensare di potersela cavare con un giretto di ricognizione in Rete e qualche preset plasticoso del cazzo: piuttosto, gameboy modificati a sfare, Sound Forge a palla e un’attitudine che è figlia di un amore autentico per la musica da cui prende le mosse. Non c’è traccia di spregio nelle deferenti riletture di Bulldozer e Vanadium ad opera di Micropupazzo, nello spettacolare Iron Maiden medley di Mat64 così vicino in spirito e riuscita all’indimenticato (perlomeno da queste parti) Powerslaves – il migliore tribute album alla Vergine di Ferro che io abbia mai ascoltato – e che dire delle nervose, schizzate rendition di Regurgitate, Napalm Death e ancora Iron Maiden del fumettistico Dr. Pira e di una colossale War Ensemble che previa Balli trattamento diventa un monolite breakcore tetrissimo e straniante, da acido salito male, quattro minuti e mezzo che piacerebbero anche a Kerry King (in tutto questo c’è anche una cover di quel povero cristo di Richard Benson, ma sticazzi). Extreme 8 Bit Terror non è roba per chi non ha mai ascoltato, preferibilmente in tenera età, almeno un disco degli Iron Maiden, e men che meno per chi non ha saputo guardare oltre le mutande leopardate dei Manowar e ignora o deride o stigmatizza dall’alto della sua discografia dei Wilco (nome a caso sostituibile agevolmente con quello di qualunque altro fiacco gruppo da morte del cuore) l’unica cosa vera con cui entrerà mai in contatto. È il 2011 e lo spirito continua.

National Day of Slayer (con ammazzacaffè)

fonte: traveljapanblog

Piccola pippa su quello che significano gli Slayer nel 2011 e dintorni, rispetto a quello che significavano nel 2009 o nel 2010, o comunque dieci o cinque o dodici anni fa. Non necessariamente quel che significano per tutti. Ordine casuale.

0 partiamo dal presupposto di base che tutti sappiano chi sono gli Slayer, ovviamente, e che tutti sappiano che gli Slayer pestano più duro e pesante e folle di tutti gli altri e che da Show No Mercy in poi la cosa non sia mai stata messa in discussione.

1 abbiamo scoperto che gli Slayer con Dave Lombardo –negli ultimi anni- sono molto peggio degli Slayer con Paul Bostaph. Non sappiamo a che pro o con quanta premeditazione, ma la reunion con Lombardo ha coinciso con l’inizio della fase karaoke-nostalgia-accontentiamo i fan e vaffanculo (Christ Illusion e World Painted Blood).

2 il mondo del rock pesante ha relativamente accantonato gli Slayer, ha smesso di copiarli a spron battuto e si è concentrato su forme espressive che rivedessero l’assetto base di violenza sonora cercando di renderlo più o meno alieno al suono di chitarra di Kerry King e Jeff Hanneman. Si è creato nuovi eroi, ha accettato di sporcarsi più profondamente con suoni di frontiera, ha provato a rallentare, si è messo d’impegno a ripulire il suono e a ripescare in ottica più estrema certi assetti del metal classico (tipo, per capirci, il primo metalcore ha più a che fare con i primi Maiden) cercando di ricontestualizzarli e potenziarli ad libitum, lasciando il ricordo di un periodo in cui uscivano mensilmente settanta dischi slayeriani (thrash, death, HC e ibridi vari) alla memoria corta di certi rimasugli del rock’n’roll fine anni novanta in via d’estinzione.

3 il mondo del rock pesante, nel cambio, non ci ha guadagnato un cazzo.

4 l’ultima incarnazione pubblica degli Slayer, il Big Four per capirci, tutto sommato è un raffazzonatissimo baraccone per dementi nostalgici che manco fanno più finta di crederci e mal si addice a un gruppo che continua a dare il passo alla musica a venticinque anni dal suo disco più conosciuto. Forse giusto gli Anthrax con John Bush avrebbero un briciolo di senso, ma continuano a portarsi dietro Joey Beccamorto.

5 Jeff Hanneman è in pausa perché è stato colpito da FASCITE NECROTIZZANTE al braccio. L’ho già scritto da qualche parte, ma esiste una patologia più slayeriana della fascite necrotizzante?

6 l’altro giorno ero da H&M. Non so se conoscete H&M, comunque è una catena di moda a basso costo internazionale che vende vestiti per giovani di qualsiasi estrazione sociale, appartenenza ideologica e Q.I. (vale a dire che puoi uscire da H&M in giacca e cravatta o da fanatico di indiepop svedese e musica a otto bit, indifferentemente). In mancanza di una diffusione capillare di American Apparel in Italia è il negozio più hip della città. Da H&M puoi trovare ragazze anoressiche che fanno il cazziatone ai loro fidanzati anoressici mentre dall’altra parte un crocchio di personaggi discutibili parla di quanto sia importante essere post-facebook nel 2011, ragazzi che provano le t-shirt a strisce del reparto donna perché quelle da maschio non sono abbastanza skinny (io per dire manco riesco a trovare le mie taglie nel settore uomo, H&M non ha una sezione obesi) e magari quando ti vai a provare i pantaloni trovi due ragazzine di diciassette anni che limonano nei camerini, il tutto senza spendere una lira e/o senza un irragionevole ricarico sul prezzo di listino. Ok, compro un paio di jeans da H&M e mi metto in fila alla cassa. La ragazza che mi fa lo scontrino, cinque o sei minuti dopo, somiglia vagamente a Lady Gaga. Ha meno di venticinque anni, le pantacalze, un’acconciatura piuttosto ardita, il naso grosso, un bel viso rotondo e gli occhi bistrati. Indossa una t-shirt troppo larga con il logo degli Slayer a tutta maglia. Mentre mi conteggia i pantaloni io cerco di conteggiare le cose che io e lei abbiamo in comune, come possa lavorare qui, come non potrebbe, se ha mai passato una serata di vero incazzo e l’ha stemperato ascoltando Diabolus in Musica o se abbia mai visto un loro concerto (io no, peraltro) o se si sia mai messa d’impegno a stilare un ordine di gradimento dei loro dischi. Un paio di anni fa, quando andavano di moda gli Horrors e beccamorti simili, un’amica mi aveva chiesto se avevo una vecchia t-shirt di qualche gruppo black metal a caso per farci un vestito. Non credo sia questo il caso. Guardo la maglia, le sorrido, alzo il pollice e me ne vado convinto che ci siano più punti di contatto tra me e la commessa twenty-something di H&M che tra me e chiunque altro in questo centro commerciale.

7 Questo significa probabilmente che il principale contributo degli Slayer alla cultura pop contemporanea è tristemente iconografico (tipo oggi gli Slayer stanno sulla maglietta delle commesse di H&M e i titoli dei loro dischi sono i titoli dei romanzi di Hank Moody). Ci piace.

8 Nelle ultime tre settimane Undisputed Attitude è girato MOLTO nello stereo dell’auto e mi sta facendo diventare una persona brutta e noiosa.

9 Avevo accolto a braccia aperte World Painted Blood, ma non l’ho ascoltato più dal mese dopo l’uscita. Questo conferma molto ciò che scrisse Reje a suo tempo.

Oggi è il National Day of Slayer, santi patroni dei puri di cuore e delle persone che magari la mandano a dire ma con dei riff di chitarra che ti fanno fuori.

Quella volta che mi son visto gli Slayer al cine

Beh, niente. Arrivo che gli Anthrax hanno già finito, perché io HO UNA VITA e qua iniziava tutto alle sette. Naturalmente sono solo: delle due persone a cui l’ho chiesto una è una conoscenza casualissima e l’altro è sposato con figli. Sono vestito come un diciassettenne, ovviamente un diciassettenne dell’anno in cui avevo diciassette anni: pantaloncini militareggianti larghissimi, felpa con cappuccio, un paio di Adidas bianche. Se avessi senso dell’umorismo mi piacerebbe notare che in realtà mi vesto così praticamente SEMPRE, quando inizia a essere abbastanza caldo per i pantaloncini. Alla cassa chiedono quindici euro. Mi chiedono se ho meno di venticinque anni. No, tra l’altro non sembra nemmeno –almeno credo. La cassiera è attempata. Ora tocca ai Megadeth, poi agli Slayer e infine ai Metallica. Quindici euro sarebbe una bazza assoluta, ma il concerto in realtà è a Sofia e qui siamo al cinema Eliseo di Cesena FC. La serata è parte di una serie di proiezioni in tempo reale in tutta Italia (i cinema aderenti) e probabilmente la prima volta in cui è possibile spararsi il concerto di quattro gruppi fighi via satellite in una sala con il dolby e i volumi sparati a manetta. Può starci, dico. Quindici euro in cambio di essere il primo uomo (insieme ad altri tot-mila, suppongo) a varcare la cazzo di ultima frontiera. Abbozzo, entro in sala, ho portato una moretti da casa perché in fin dei conti dio cristo è UN FESTIVAL e non voglio comprarmi la budweiser 33cl a settemila euro del bar del cine. O sì, dipende da quanto mi dura la moretti, giustappunto.
I Megadeth fanno schifo, o forse è solo che fanno schifo a me. Mai cagati i Megadeth, mi piacciono certe cose tipo Rust In Peace perché l’ho ascoltato in tempi non sospetti. Poi Mustaine ha un camicione bianco terribile e l’audio è equalizzato di merda, si sentono solo le chitarre altissime con la voce totalmente affogata e il basso che per quanto si sente l’avrei potuto suonare io davanti allo schermo. Un po’ di batteria. Non saprei dire se è colpa del cine o di chi trasmette o di chi altri. Di Megadeth non c’è più di mezzoretta, btw, poi uno spot e salgono sul palco gli Slayer. Tu immaginati cosa possono essere gli Slayer con le chitarre che coprono tutto il resto a parte un briciolo di batteria. La gente è DEVASTATA, un paio di metallari con addosso gli anni che ho io (e vestiti ancora più ridicoli di me) iniziano a fare mosh e salire sulle sedie e prendersi benissimo. Jeff Hanneman è il più grande chitarrista della storia. La situazione svacca totalmente quando si arriva a cose ingestibili tipo Raining Blood, poi il concerto finisce. Sono combattuto in merito al fatto di vedere i Metallica o meno, sai i Metallica etc. Decido di rimanere perché ho pagato quindici euro e nel giro di due pezzi son contento. Sul finale c’è un jammone allucinante con tutti che salgono e suonano una roba. È divertente. La gente s’è presa bene, i fan dei Metallica han fatto i fan dei Metallica e tutti s’abbracciano. Esco dal cine a un orario abbastanza decente per andare a spararmi una birra in solitaria –sfigato per sfigato, tanto vale andare a letto sbronzi.

Il 6 luglio i Big 4 (non è quel che penso, è proprio il nome del tour) suoneranno a Milano per la non imbarazzantissima cifra di 65 euro. Troverò una scusa per non andare, ma costano meno loro quattro insieme della reunion dei System of a Down, per dire.

Per l’International Day of Slayer.

Serena ha una chioma di capelli neri ricci e folti, si mette certe paia di Levi’s oversize che le finiscono sotto le Puma nere e ha i fili delle cuffie che s’intravedono a malapena sotto il mento, poco prima del parka scuro che porta come se fosse una seconda casa. La intravedo più o meno quotidianamente alla fermata dell’autobus mentre sto camminando verso la lezione del pomeriggio in facoltà. Qualche anno prima siamo finiti insieme, quelle storielle di bacini e abbraccini che possono capitarti in terza superiore con ragazze delle quali sai poco o niente e che -soprattutto- sanno poco o niente di te. Il sesso è roba da film porno e pippe quotidiane. Lei le superiori le sta ancora finendo, io ho un anno di università sulle spalle. Ho un monte di teorie che mischiano un marxismo-leninismo calligrafico e soporifero di certi testi universitari alle tematiche global di cui mi documento a viva forza leggendo Internazionale. Sono pieno di stronzate, molte delle quali assorbite e rese innocue dal fatto che non parlo con nessuno. Sospetto che Serena non mi riconoscerebbe nemmeno se mi presentassi, fantastico perfino di finire in qualche occasione casuale nella quale le rivelo che anni prima ci eravamo amati teneramente, con lei che d’improvviso ricorda e sospira cose tipo “ma che ci è successo?”. A diciott’anni.

Una domenica sera la incontro in un locale. Lei è in giro con i suoi amici, io sono in giro con i miei. I miei sanno che abbiamo flirtato da giovani, in effetti a suo tempo non hanno mancato di prendermi per il culo. Serena è obesa. Le ragazze obese mi eccitano, ma i miei amici non hanno gli strumenti concettuali per capirlo. Tra i venti e i venticinque sei ancora in balia di quello che gli altri pensano di te. Ci incontriamo e parliamo. I suoi amici sghignazzano, i miei sghignazzano di più. Qualche mio amico tenta un approccio con qualche sua amica. Marco avrà persino successo, finirà assieme ad una di loro per un paio di settimane (finire assieme uguale limonare, questa non è New York). Serena mi chiede come mai passo davanti alla fermata del tram tutti i giorni e la guardo senza andare a salutarla. Mi sento un cretino, chiacchieriamo. Ho un fidanzato, dice lei. Io non ho nessuno, dico. La sua non è una storia seria, la mia sì. Forse ci sta provando un po’, forse sono solo io a voler pensare che ci provi. Il locale in cui siamo brilla di luci artificiali riflesse sulle camicie bianche degli avventori in cerca di un pezzo di figa, e dei capelli troppo stirati di certi pezzi di figa in cerca di camicie bianche a cui non darla. Ho bevuto troppo, come ogni sera che non passo in casa. Probabilmente indosso una felpa nera col cappuccio e un paio di jeans bucherellati che sembrano raccontare la storia di uno skater valoroso che non ha paura di cadere e rialzarsi. L’ultima volta che sono salito su uno skateboard è stato in terza media, e non sono mai andato oltre la prima sbucciatura. Serena mi rivela di essere passata all’accacì, ascolta roba Fat Wreck e qualche disco vecchio stile Bad Religion. Odio i Bad Religion e non riesco a non dirglielo. Abbozza. Le prometto di passare a salutarla la prossima volta che la vedo alla fermata dell’autobus. Qualche giorno dopo dopo passo davvero, ma lei sta limonando con qualcuno -probabilmente il suo fidanzato non-troppo-serio. Li vedo in lontananza e passo oltre. Io sto ascoltando sul walkman la cassetta di Undisputed Attitude che mi ha doppiato Alberto un paio di mesi prima. Alzo il volume ad un livello indecoroso e non spengo finchè non è ora di iniziare la lezione. Il walkman con cui vado in giro suona i nastri ad una velocità un po’ più alta di quanto non siano supposti girare in realtà: per i dischi rock è una cosa talmente figa che riascoltarli a velocità normale diventa praticamente impossibile. Due giorni dopo ripasso dalla fermata dell’autobus. Lei mi viene incontro, dice di avermi visto l’altro ieri, mi chiede scusa. Parliamo due minuti. Mi sorride, mi chiede cosa sto ascoltando. Un disco di cover accacì fatto dagli Slayer, le dico. Le passo le cuffie e le faccio ascoltare la cover di Guilty Of Being White. Non è molto il mio genere, risponde. Tra qualche giorno finirà il semestre. La rivedrò altre due volte: cinque anni dopo compro dischi in un centro commerciale e lei sta guardando nel reparto videogame con il suo fidanzato. Un paio d’anni dopo ancora, quasi la investo con l’auto mentre attraversa la strada vicino ad un semaforo in centro. Ha un paio di infradito, sembra incinta. Non sono il padre, e probabilmente Serena non è mai esistita. Il locale dove ci siamo incontrati è diventato un emporio di cibi e attrezzature per cani.

Questa sopra è l’unica cosa detta dallo zio Henry con la quale non sono d’accordo -eccezion fatta forse per la tirata sulla musica elettronica. La storia degli Slayer è la più bella storia metal della storia, in parte perchè la loro musica è la miglior musica mai scritta e suonata e in parte perchè Kerry King e Jeff Hanneman sono dei campioni olimpici di sbrocco. I dischi brutti degli Slayer, tipo Christ Illusion e World Painted Blood, sono “semplici” amarcord di potenza devastante. I dischi belli degli Slayer li abbiamo ascoltati così tanto che la voce di Tom Araya ci è più familiare di quella della mamma.

I gruppi rock sono come le ragazze. Di alcuni ti invaghisci, di altri ti innamori. Alcune sono storie intense che si bruciano in una notte, altre sono successe solo nella tua testa. Solo una manciata diventano compagni sicuri con cui passare degli anni, e ne puoi sposare uno soltanto. Il 6 giugno, come ogni anno, è eletto International Day of Slayer. Stavo dimenticandolo, Matteo me l’ha ricordato nell’agendina di concerti di questa settimana. Per me è un po’ come la festa di compleanno del mio migliore amico. Tutto ciò che ci è richiesto di fare domenica è di prendere in mano QUEI dischi, ripiazzarli nel lettore, alzare il volume e brindare alla salute di chi, come noi, ha sposato la loro musica. Per altri, semplicemente, “non è molto il mio genere”.

L’agendina dei concerti (Bologna e dintorni) – Giugno (parte 1)

Nervi tesi fasci appesi

Oggi ci sono i Wilco a Ferrara (già sold-out da mesi) e i Gossip all’Estragon, ma per chi non ha prenotato il biglietto per i primi il secolo scorso e/o non ne ha mezza di vedere la palla di merda dei secondi sventolargliela sotto il naso c’è una maratona punk’n’roll imperdibile tra le anguste mura del Nuovo Lazzaretto: Cute Lepers + Antillectual + Legless + Cani Pazzi. Come sempre, si comincia quando il sole è ancora ben alto in cielo quindi niente aperitivi e portatevi la colazione al sacco o rassegnatevi a perdere almeno 3/4 del concerto. Martedì per la gioia dei semiautistici più sensibili c’è Lali Puna al Locomotiv, a seguire festa di chiusura in punta di piedi che se no lì pure i vicini si incazzano. Mercoledì di nuovo al Nuovo Lazzaretto per una serata all’insegna del grindcore più molesto alla vecchia in compagnia di Wormrot, Repulsione, Jesus Ain’t In Poland e Green River Killer, e chissà mai che i vicini e gli sbirri non vengano giù a fare balotta con noi. Giovedì per i Megadeth all’Estragon sarà meglio andarci muniti di Pinguino De Longhi visto l’impianto di areazione inesistente, o il rischio di sincope diventa più che un’eventualità. Aprono Sadist e Labyrinth: insomma, largo ai giovani. Venerdì ancora Estragon (e ancora Pinguino De Longhi) con tromboni grossi come carciofi da assumere prima, durante e dopo lo show: c’è John Garcia che canta i pezzi dei Kyuss, di spalla Brant Bjork. La temperatura da mezzogiorno a Palm Springs, del resto, è la stessa. Livello di reducismo previsto per la serata: il massimo riscontrabile. Ma non sarà comunque niente in confronto a sabato 5 al centro sociale Grotta Rossa di Rimini dove planeranno, direttamente dalle Alpi, gli inossidabili Kina per una lunga notte di punk e passione; aprono gli arzigogoli improv dei Luther Blissett, l’ingresso è gratuito. Domenica (national day of SLAYER) qualche migliaio di coglioni sarà a Ferrara a osannare quattro mummie sudate che un tempo erano i Pixies, alla modica cifra di trentacinque euro. A ognuno il suo.
Parallelamente a tutto questo, prosegue lungo l’intera settimana a Bologna, nel Parco di viale Togliatti, il Festival sociale delle culture antifasciste: fasci okkio al kranio.

Cose sceme: 8-BIT METAL

Il mio amico Giorgio mi rompe il cazzo da un paio d’anni con un gruppo svedese chiamato Hellsongs, una specie di versione nordica dei Nouvelle Vague con il twee pop al posto del lounge e il metal al posto della new wave. Rimane invariata la qualità della musica, ma è un altro discorso. Non ho mai saputo bene come rispondergli, finchè nel mio giro settimanale alla ricerca di altri video dei Pantera non mi sono imbattuto in questa sottocultura youtubica di cover metal ad otto bit, nuovo record del mondo di assenza di vergogna. Questo post è idealmente dedicato a Luca, uomo di metal epico e musica ad otto bit. Top ten casuale:


AC/DC – Thunderstruck, tipico pezzo per caricarsi -quindi all’inizio. Essendo solo strumentali, in realtà al secondo minuto ne hai abbastanza.


Black Sabbath – Paranoid.  Da silenziare il vostro Space Invaders in flash per spararla a tutto volume come colonna sonora. Al terzo muro arriva la prima crisi cardiaca (nella parte finale è quasi deep-house)


Pantera – Cowboys From Hell. Io son partito da qui. Il diavolo è nei dettagli, e i break sono praticamente tutti IDENTICI, solo ad otto bit. Strepitoso.


Daft Punk – Aerodynamic. L’originale per me è il pezzo epic metal degli anni duemila, ma posso capire che possa essere una suggestione molto personale. Quando ho visto che c’era l’ho piazzata subito, aspettare un minuto per sentire com’era reso l’assolo è stato un’eternità.


Europe – The Final Countdown. Nessuna differenza con l’originale, tranne che non c’è la voce di Joey Tempest. Scusa se è poco.


Cannibal Corpse – Hammer Smashed Face. GABBER. Il pezzo-fomento della playlist.


Metallica – Master Of Puppets. Epicità grossa, cazzi in culo al vivere civile. Qualcuno la dia a Neveldine e Taylor, se gli viene di fare Crank3 questa DEVE stare sui titoli di testa.


Nirvana – Sliver. Altro pezzo non-metal, ma mi ci immagino un bambinetto che corre a palla e uccide i ragni giganti con la clava.


Deep Purple – Smoke On The Water. Inizio torrenziale, i primi trenta secondi potete pure skipparla. Del resto penso la stessa cosa dell’originale.


Slayer – Raining Blood. La miglior 8-bit cover  della storia.  Scariche statiche al posto della pioggia all’inizio, riff perfetto, stare bene subito. Mi si mandino gli mp3 e mi si trovi una serata.

Slayer – “World Painted Blood” AKA “Lamponi of the same”

Slayer

Slayer - "World Painted Blood"

L’uscita del nuovo Slayer nel 2009 è l’occasione per parlare dei grandi sottintesi di “pubblico” e “critica” della musica dura -metal, per la precisione- degli ultimi 20 anni, più che parlare del disco. Questo per due ragioni: la prima è che il disco è disponibile in streaming sul loro myspace (alla url di myspace con poi “/slayer” nientemeno, non con quei soliti trucchetti tipo /slayer_us , /slayerofficial , /slayerquelliveri, /slayer_original oppure /slayer_quelli_che_da25anni_non_hanno_imparato_a_suonare) e la seconda è che comunque suona esattamente come quasi tutti i dischi degli Slayer, e quel quasi lo tratteremo dopo. Dunque, gli Slayer nascono nel 1981 e (ve la faccio breve) passano gli anni ’80 come uno dei “quattro grandi” del thrash metal assieme a Megadeth, Metallica (che poi di dischi di Thrash puro ne hanno fatto forse uno, è pure ora che qualcuno lo dica) e Anthrax. Nel loro piccolo ebbero perfino una loro evoluzione, perché “Hell Awaits” non è “Reign in Blood” e “Reign in Blood” non è “South of Heaven”. Arrivano però gli anni ’90, anni in cui certa critica (manco tutta) faceva ancora il proprio dovere. Perché dopo 10 anni che suoni la stessa roba, è pure ora che qualcuno ti dica qualcosa. E così il rompete le righe che ben conosciamo: tra evoluzioni che sembrano sincere e riuscite (Anthrax, Sound of White Noise, classico disco avanti di qualche anno cui nessuno rende merito), altre sincere e meno riuscite (Load e ReLoad dei Metallica), altre addirittura eccezionali a prescindere dalle motivazioni (la triade dei Megadeth da Rust in Peace a Youthanasia), mentre gli unici dei quattro che non sembrano evolversi né in modo sincero né riuscito sono proprio gli Slayer. C’è da aprire una parentesi : quel connubio pubblico/critica per cui una trascina un po’ l’altro e viceversa, in quel momento spingeva sul vento “della novità” e – a dirlo oggi sembra folle – sull’aspetto artistico della vicenda. Su “Divine Intervention” sputarono in molti, anche perché era un periodo (1994) in cui dire “è sempre la stessa roba” era negativo. Fatto sta che pure gli slayer provarono a mescolare (per quello che potevano senza perdere del tutto la loro ragion d’essere, cioè poco) le carte, con “Diabolos in Musica” e “God hates us all” che, a prescindere dal risultato (poteva anche essere non disprezzabile) sembravano far pensare a una prossima uscita degli Slayer dal metal “che conta”. E invece arrivano gli anni 2000, e le carte cambiano per tutti. Improvvisamente le case discografiche -sarà la crisi, boh- puntano solo sul sicuro, e il sicuro in quel momento sono tutti quei metallari rimediati al genere senza spirito critico (e di questi, nel degrado generale , ce n’è a tonnellate) che sembrano volere improvvisamente che il tempo si fermi. O anzi meglio, che torni indietro all’età dell’oro, e che tutto si ripeta nel 2009 completamente decontestualizzato, come fossimo nel 1986, o 1996, o comunque in un’epoca in cui -forse anche purtroppo- non siamo più. E allora s’è visto di tutto, Megadeth che tornano (male) a Rust in Peace, Metallica che tornano a una specie di And Justice For All (e per la verità non gli è riuscito nemmeno malaccio), Anthrax che richiamano il cantante di 20 anni prima, ma non solo, sono state rinnegate almeno parzialmente le evoluzioni (a torto o a ragione, si può discutere) di quasi tutti i gruppi che le avevano proposte, si veda, che so, il ritorno al metal dei Paradise Lost, al growl degli Amorphis, al thrash anni ’80 dei Kreator, e la lista sarebbe sterminata. Gli Slayer sembravano però quelli che potevano trarre maggior vantaggio: loro solo una cosa sapevano fare (bastonare gli strumenti) e un disco come Christ Illusion (un ritorno a Reign in Blood, perfino Seasons in The Abyss sembrava più moderno) alla fine è il prodotto di questi squallidi anni 2000 per eccellenza: perfino carino, due-tre pezzi addirittura eccellenti, tanto mestiere etc.etc. La questione a questo punto diventa un’altra: cosa è diventata questo tipo di musica? Abbiamo ancora la possibilità di esaltarci per gli Slayer ( e il discorso vale per molti altri)? O ormai è qualcosa tipo motoraduno di Harley, in cui sempre le stesse facce sono unite più dall’abitudine e dal ricordo del passato che dall’urgenza espressiva, dalla comunanza di qualche tipo di valore – sempre tenendo conto che di musica si parla, non dico certo “cambieremo il mondo” – o qualcosa del genere? Veramente ormai la sincera esaltazione è sostituita dall’amarcord musicale, e il lavoro della critica resta solo quello di aggiungere un elemento alla discografia, magari aggiungendo che è uguale ai dischi prima? E quando dico “ormai”, andrebbe inteso da una decina d’anni. Perdonatemi il lungo -e forse fine a sé stesso- pistolotto, ma se avete avuto la pazienza di leggermi fino a qui, allora sappiate che WPB non va bene neanche come amarcord, perché manca anche il tiro che aveva reso Christ Illusion adatto agli anni 2000 (notato che si accorcia con ’00 come a dire, anni zero?). Si riprende un po’ a sprazzi, ma un motivo per riascoltare un disco thrash stantio uscito nel 2009 senza un tiro ottimo non lo vedo. Se poi serve per andare in tour è tutto un altro discorso, visto che dal vivo queste band ancora tengono alla grande e anzi non hanno rivali. Ma è veramente l’unico motivo che giustifichi l’esistenza di questo capitolo.