Bastonate Heavy Rocks

attendiamo post di indiepassere.

L’uscita di Absolutego, nel ’96, mi fece uscire di testa e mi costrinse a buttar via ogni disco che avevo in casa. Naturalmente non è vero: conobbi i Boris, come tutti gli altri qua in giro, quando i loro primi due dischi vennero ristampati e messi sul mercato da Southern Lord. Nondimeno, Absolutego è ancora oggi un disco MOLTO bello e una passeggiata per niente facile nell’hard rock cafone degli anni in cui esce: un’unica traccia di un’ora e passa pesantemente influenzata da Sleep e Melvins, forse ancora più opaca e granitica. Ancor più bello è il successivo Amplifier Worship, uno dei più bestiali dischi drone-metal mai realizzati: le ristampe sciccose e la caratura della band fecero il resto, creando uno zoccolo duro di fan che raccoglieva gente ossessionata dall’asse Swans/Neurosis, ex-hardcorers che scappavano a gambe levate dalla new school e fanatici di stoner marcio che passavano ogni pomeriggio libero a scandagliare i cassetti dei negozi di dischi alla voce Rise Above o Man’s Ruin o –appunto- Southern Lord. Si è scoperto parecchi anni dopo che la ristampa dei due dischi in realtà era parte di un piano quinquennale ordito da gente che aveva fiutato l’aria, deciso di imporre un nuovo modo di suonare metal estremo e lasciare che il contesto ideologico fosse creato in modo del tutto naturale ad opera di operatori del mercato straconvinti che pesare e pensare potessero diventare sinonimi senza cambiare di una virgola la musica che stava dentro ai dischi. Cosa che –tra l’altro- nel caso di Stephen O’Malley e Greg Anderson è verissima, ma quanta malafede nell’averli eletti nostri personali supereroi. Discorso noioso.

Paradossalmente, i Boris avevano smesso da anni di essere quelli di Absolutego. Due dischi del genere ti definiscono al punto di svuotarti, d’altra parte: è quasi impossibile uscirne vivi, tantomeno rilanciare su un piatto come quello di Amplifier Worship –a meno di non cadere nel trabocchetto del noise fine a se stesso, che per i giapponesi è una tentazione scontatissima; i Boris scelgono un’altra strada, un po’ più simile a quella di Yamataka Eye, per cui da ora in poi mi sembra giusto chiamarli Vooris per distinguerli da quelli precedenti (mi fa fatica usare il simbolo dell’infinito): fare uscire dischi uno diverso dall’altro allegando un  implicito spiegone che li faccia sembrare più complessi di come suonano.  Nel 2000 esce Flood, per molti il loro capolavoro: è una specie di versione ambient-psichedelica di Amplifier Worship e poco altro –un disco dignitosissimo, in ogni caso. Dopodichè la band molla tutto e inizia una carriera ancora in corso, fatta di rivisitazioni sistematiche di quasi tutti i clichè del pop che prevedano una chitarra, sezionati e risputati fuori quasi identici in dischi che all’inizio sembrano divertissement anni settanta (Vooris Heavy Rocks) e/o teoremi di postrock verista, in molti dei quali il grottesco diventa quantomeno una cifra espressiva. Ci sono persino ritorni al passato tipo Dronevil, ma sembrano quasi più una parodia/abiura che la prosecuzione di un discorso. Ancor più paradossale, la critica colta (The Wire e colleghi) non ha mai mollato i Vooris. Ogni nuovo passo della band è percepito come una maggiore presa di coscienza dei Vooris nei confronti del mondo del rock e del mondo del rock nei confronti di se stesso. Il fatto che la band ormai pubblichi un paio di dischi all’anno non rende la cosa facilissima da accettare: ce ne siamo fatti una ragione, li abbiamo mollati una mezza dozzina di dischi fa e siamo passati ad altro senza troppi rimorsi (ma m.c. ha ascoltato il disco col cantante dei Cult e ci ha dato un fedele resoconto in quattro minuti). Mi hanno segnalato tuttavia che su NPR, oggi, si possono ascoltare entrambi gli album in imminente uscita: uno si chiama ancora Heavy Rocks e ha la stessa copertina di quello uscito una decina d’anni fa (con un colore diverso); l’altro è intitolato Attention Please e dalla copertina potrebbe essere un disco dei Ladytron. L’ho ascoltato in streaming per via della copertina e (a parte concludere che con un po’ di fantasia potrebbe essere un disco dei Ladytron anche musicalmente) non ho voglia di farmi una vera e propria opinione in merito, nè tantomeno di ascoltare l’altro. Magari qualcuno che li ha ascoltati mi faccia sapere.

Navigarella #2

gente che fa cose a caso MA negli anni settanta a Los Angeles

IL MIO FEEDREADER
Stereogram, il quale -ricordiamo- ci ha dato i suoi personali music blog awards dell’anno scorso facendoci piombare addosso pacchi di proposte sessuali da entrambi i sessi, ha fatto un restyling e cambiato i feed.
Leggo su ideologic, cioè Stephen O’Malley -che come blogger è di sicuro meglio di Greg Anderson- che dal 27 gennaio apre una cosa di Nico Vascellari a Parigi. La musica a cura di SOMA, appunto. Oltre a questo un’altra bazzecola, tipo che Burzum sta per cacar fuori un altro disco.
Contestualmente, Wayne Coyne sta cazzeggiando con una canzone chiamata “is David Bowie dying?” che potrebbe essere inclusa nella fantomatica joint-venture Flaming Lips/Neon Indian. A proposito di questo ieri sera stavo rispolverando Embryonic e QUANTO CAZZO SPACCA? Non lo riascolto spesso per non fare perdere il senso al resto della mia collezione di dischi.
Julio Iglesias e Giulietto Chiesa sono la stessa persona, li avete mai visti assieme? (chi dice “stile” e ti lama nella Scena è una iena). Ritorno in grandioso stile di Spadrillas in da mist, anticipato da un crash culturale di dimensioni epocali. Spoiler: Accento Svedese included.

IL MORTO DELLA SETTIMANA
Mi autocito: Trish Keenan.

IL LEAK DELLA SETTIMANA
Earth. non è proprio di questa settimana, ma è leakkato. L’ho sentito. Uccidetemi.

LA/LE FOTO DELLA SETTIMANA
Los Angeles Free Music Society. Ad essere sinceri è un link di tre mesi fa, ma ci sono capitato ieri sera

PER IL LOAL
Beh la settimana è stata più o meno monopolizzata da tutta la storia berlusconi VS badilate di figa multietnica. L’apice del climax viene raggiunto quando Vittorio Zucconi, ad Annozero, si prende un paio di secondi per porre fine ad un’oretta di Daniela Santanchè Show.