PITCHFORKIANA: Palms, Locrian, Fuck Buttons, Valient Thorr, Jamie Cullum

ho cercato “BEARDO” su google immagini e mi si è aperto un cratere mentale

PALMS – S/T (Ipecac) I Deftones sono un gruppo del cristo e della madonna, e questa cosa me la ripeto spesso come una sorta di mantra che –sono convinto- ci darà un giorno qualcosa di più dell’emotività plastificata di mestiere in repeat che mi rende ormai impossibile riascoltare i dischi (per carità onestissimi) da Saturday Night Wrist in poi. Nel frattempo Chino Moreno esce fuori con l’ennesimo side-project, questa volta con tre Isis (non Aaron Turner) a confermare la sua fede nella Causa del metal, un genere che con l’altra mano giura e spergiura di non praticare. Del disco non serve che sappiate altro: Chino Moreno + gli Isis. A diciannove anni sarebbe stato il mio sogno bagnato, ma a diciannove anni queste cose NON SUCCEDEVANO e quando succedevano s’è imparato abbastanza presto che era meglio se continuavamo a sognare e a bagnarci; in dodici anni di progetti laterali s’è imparato abbastanza bene, comunque, che se c’è un genio nei Deftones non è sicuramente Chino Moreno. Per carità, onestissimo ma se non ha Stephen Carpenter dietro al culo fa fatica a esistere, proprio. Finisce che il disco dei Palms te lo ascolti per capire se a questo giro è riuscito ad infilarci un pezzo decente. Se vi fidate del mio NO potete risparmiarvi la solita sbobba in sei movimenti da otto minuti l’uno. Per carità, onestissimo. (5.0)

LOCRIAN – RETURN TO ANNIHILATION (Relapse) Non sono quel che si dice un cultore dei Locrian (proprio zero) ma tra gli ascolti sparguglioni che ho dato alla sterminata discografia del gruppo ho sentito roba molto migliore del primo disco di Return to Annihilation. Ne ho sentita anche di peggiore, certo, ma il punto è che era chiaro che il primo disco su Relapse avrebbe contenuto il solito minestrone di ambient dronata, sfoghi rumoristi e altre noiosità che permettono ai giornalisti di Pitchfork di citare gente il solito LaMonte Young, il quale mi perdonerete il caps lock ma voglio metterlo in chiaro NON NE HA NESSUNA COLPA. Ecco. Dicevo: il ritorno dei Locrian non è un discaccio da buttare, ma oltre a essere il genere musicale più noioso e inutilmente frequentato dell’ultimo lustro Return to Annihilation può essere tenuto in sottofondo a basso volume mentre cucini una torta salata vegan a una ragazza con una margheritina tatuata sul polso che mette piede sulla soglia di casa tua per la prima volta, e magari lei ti chiede chi è che suona e tu pronunci la parola Locrian alla francese. La domanda che ci poniamo, alla fine di tutto, è quando cazzo è successo che “un disco di metal estremo impossibile da mettere in sottofondo per creare l’atmosfera” sia diventata una richiesta irragionevole. Vaffanculo. (4.6)

FUCK BUTTONS – SLOW FOCUS (ATP) I Fuck Buttons hanno due problemi. Il primo è che fanno musica stupida, e questo non è un problema di per sè quanto legato al fatto che la gente che mediamente si occupa dei loro dischi scrive di musica per gestirsi un bizzarro piano di ammortamento della laurea al DAMS arte. Il secondo problema è che questa cappa di sovrainterpretazioni della loro musica finisce per grigliare i loro dischi. Vi spiego come la vedo io: il più bel pezzo mai realizzato dai Fuck Buttons, e la definitiva incarnazione della loro arte, è il remix di Andrew Weatherall della prima traccia del primo disco. Avete presente? Un bel riffone sintetico alla Growing-maniera con un beat a quattro quarti sotto. Ok, questa cosa sembra chiara anche al gruppo, che da Tarot Sport in avanti ha iniziato a legarsi progressivamente alla musica dance. Ma per via di tutte le irragionevoli aspettative accademiche legate alla musica dei Fuck Buttons e per il fatto che i FB non hanno gli strumenti cognitivi per soddisfare tali aspettative, i loro dischi sono trattati infiniti di come cazzo si possa scomporre la stessa sbobba in tre pezzi invece di tirarne fuori uno solo decente e tirato che abbia tipo il beat della traccia numero 1 e l’ubriachezza markstewartiana della traccia numero 3 ma con il riffone portante della traccia numero 2, o anche solo il riffone portante della traccia 2 ma con una cazzo di drum machine sotto. E così che i loro dischi, pur essendo divertenti e appunto stupidi e riascoltabili potenzialmente all’infinito, danno una sgradevolissima sensazione di cock-teasing che lascia stremati alla fine dell’ascolto. (6.4)

VALIENT THORR – OUR OWN MASTERS (Volcom) è difficile giudicare i dischi dei Valient Thorr sulla base della musica in essi contenuta (noiosetta) piuttosto che sul fatto che siano realizzati da dei malati di mente che li metti su un palco e ti tirano fuori il concerto del millennio e sulla base di questi dischi terranno altri concerti del millennio. Non lo faccio. (7.1)

JAMIE CULLUM – MOMENTUM (Universal) è il primo disco di Jamie Cullum che ascolto. Prima di oggi l’unica canzone che ho sentito di Jamie Cullum è quella che sta nei titoli di coda di Gran Torino e probabilmente se me lo chiedete il minuto dopo che l’ho ascoltata vi dico che è la più bella canzone mai incisa da un essere umano (in quella bizzarra dialettica sognorealtà che rende grandi certe canzoni in quanto di contrappunto a certe scene di film, tipo gli Audioslave per Michael Mann). A volte le cose non le ascolti perchè non vuoi rovinare IL SOGNO e LA PERFEZIONE, altre volte perchè hai degli altri cazzi per la testa; direi che nel caso di Cullum siamo più dalle parti della seconda. La buona notizia, ad ascoltare Momentum, è che a quanto pare non mi son perso niente. (4.9)

Navigarella (Q: Vinyl or Digital? A: Neither. I go straight for the vagina. You find them on women.)

FIGATONIA

ISBN Edizioni ha tirato fuori un blog che dovrebbe accompagnare l’uscita di Retromania, il nuovo librone di Simon Reynolds che cerca di analizzare per filo e per segno l’ossessione culturale per il passato che segna la nostra epoca (dall’autore che ha scritto la più celebre guida al post-punk uscita negli anni 2000, vabbè). Qualcuno è scettico, qualcuno è entusiasta. Polly  se ne sta occupando da vicino, almeno credo: quando avrà dato un’opinione definitiva e condivisibile gliela ruberò e me ne prenderò il merito.

LAST MINUTE! giusto ora inkiostro ci ha messo in contatt con NO BREASTS NO REQUESTS, un tlog sui bigliettini che vengono lasciati ai/dai dj in consolle che danno sfogo al lato più masturbativo di chiunque abbia mai messo dischi in un posto (quasi tutti: conta anche chi li ha suonati una volta alla festa delle medie del nipote della ex fidanzata). Questo mi crea una sponda già debole -o forse proprio inesistente- per linkare la prima cosa a cui la maggior parte degli esseri umani pensa quando si parla di “blog italiani”, vale a dire la serie dei cartelli che continua a venire aggiornata una o due volte l’anno su Umarells.

Questo lo commento in voti pitchfork. Avevamo lasciato Eugene Robinson e i Black Flag, rispettivamente, sull’ultimo disco degli One Dimensional Man (4.2) e sulle tette di Stacy Ferguson (7.9). Una notizia piuttosto fresca è che Eugene, dopo avere tentato per anni di riformare i Black Flag (3.8) con la formazione di Damaged (9.9) e lui alla voce al posto di Rollins (1.1), ha fondato un gruppo (ehm) nuovo di zecca con Chuck Dukowski (3.5). Segnatevelo alla voce GRUPPI CON NOMI STUPIDI e PICCOLI FANS: si chiameranno Black Face (7.8). C’è un’intervista su Vice, nella quale il caro parla di materiale registrato per un paio di sette pollici e composto da materiale inedito scritto da Dukowski più o meno ai tempi di My War. I dettagli in un’intervista su Vice americano.

PITCHFORKIANA: il disco nell’immagine è un sette pollici purtroppo già sold-out in cui Melvins e JSBX (in spolvero) fanno una cover di Black Betty a testa. L’album è comunque molto conosciuto dagli appassionati del settore (op.cit.). 9.2. Segue un EP di Fennesz intitolato La solita roba sua anche se adesso non pubblica più così spesso, 6.3, il nuovo Incubus su cui prima o poi scriverò un Tanto se ribeccamo, Boyz II Men meets Arcade Fire (2.1 a esser generosi), un bellissimo nuovo disco degli Rwake che non ho sentito e non so manco se si trova da scaricare illegalmente (7.3) e al momento mi viene in mente poca altra roba nuova che sto piazzando con insistenza nel lettore.

Sapete una cosa BELLA che dovete leggere subito? Trama. Che ovviamente sapete essere un libro illustrato di Ratigher, ma per sicurezza ve lo ricordiamo.

Questa è una storia molto vecchia, ma io non la conoscevo. Si sa da tempo della passione di Steve Albini per il poker. Una cosa cazzuta è che l’Uomo era iscritto ad un forum di poker online col suo nome e qualcuno gli ha chiesto di aprire un topic stile “chiedilo a Steve Albini“. QUI, dunque, c’è tutto un manifesto dello scibile umano. Verso metà topic s’iniziano a infilare turisti, troll e gente che non c’entra col forum. Steve si prende male ma non smette. Risponde educatamente a tutte le domande sensate, sfotte i troll e dà una panoramica a treesessanta di tutto quello di cui parla di solito, continuando a postare per più di venti giorni. Vien fuori un romanzetto: compratevi due birre e prendetevi un paio d’ore.

Valient Thorr, il video di Sleeper Awakes. LA DELICATEZZA, direbbe il mio amico Michele. Best band ever.

Simona Ventura, già conduttrice dell’Isola dei Famosi e giudice di X-Factor, lascia la RAI e passa a Sky. Ne approfitta per lasciare un’intervista a Vanity Fair in cui denuncia la desertificazione culturale della TV pubblica ad opera dello staff dirigenziale degli ultimi anni.

C’è una playlist di classic rock cascione truccato, curata da Washed Out e in streaming su Mixcloud. Via Stereogum.

Quella cosa che leggevate sotto su Nevermind diventerà un ebook, o comunque lo vogliate chiamare. Abbiamo immagazzinato qualche altro contributo, al momento siamo intorno ai quindici. Se volete aggiungervi avete tempo fino a fine agosto, dopodiché si tira a concludere. Il bando di concorso è “scrivimi tre righe sulla prima e l’ultima volta che hai sentito Nevermind”. disappunto(a)gmail.com è la mia mail, vi prego di mandarmi il vostro contributo e/o girare la voce che voglio un contributo. GRAZIE. Un’out-take in regalo:
G. era alto, silenzioso e magrissimo. G. Aveva un negozio di dischi a Lambrate. Un negozio in cui mi fermavo dei pomeriggi interi senza dire niente a guardare le copertine e i booklet dei cd e ascoltare quello che G. decideva di mettere su o che qualcuno gli chiedeva di sentire. Un negozio di dischi che i dischi li vendeva anche-ma-non-solo, per dire. Quell’estate era uscito In Utero. L’avevamo sentito in radio in montagna, la sera. A Planet Rock avevano trasmesso alcune tracce delll’album in anteprima. Il giorno in cui l’ho riportato a G., lui mi ha messo in mano il resto (quello che aveva), come faceva quando gli dicevo che mi era piaciuto qualcosa. Bleach, Incesticide e quel disco con una (brutta, si può dire?) copertina azzurra. Io arrivavo a casa e registravo i cd su cassette che poi giravano tra il walkman e la piastra in camera. Mi è capitato di ritrovare la TDK bianca di In Utero nel cruscotto della macchina dei miei qualche mese fa in un viaggio verso Genova. Si sentiva male, consumata dal tempo e dal sole e dal freddo e. Continuava a piacermi. Quella di Nevermind invece non saprei dove cercarla. Probabilmente è stato l’ultimo disco di Nirvana che ho comprato e -forse- è anche il disco dei Nirvana che ho sentito meno, dimenticato chissà dove insieme alle cose che si possono perdere e dimenticare in (quasi) 20 anni, tra le cassette che non ascolto più, la VHS dell’unplugged per MTV, il libro di Azerrad, i bootleg live comprati a 2700 lire e “no, non vengo al Palatrussardi”.
Tomm