VIA
Sarebbe anche un MATTONE, non fosse che il disco è diviso in otto “momenti” senza titolo; il regazzino che già ci aveva abbondantemente sfracellato i coglioni con lunghissime suite tra fingerpicking ipnotico di stretta osservanza Fahey e inserti di effettistica alla buona si lascia prendere da manie di grandezza (voglio dire, ancora più del solito) e gioca la carta del minimalismo orchestrale con (tra gli altri) violini, flauto, sax, voce e violoncello. L’effetto globale oscilla tra lo stucchevole, il patetico e il so bad it’s good, anche se l’ultima traccia è molto bella (ma sono solo otto minuti su un totale di 45). Verrebbe da dire: un po’ come l’ultimo degli Swans, ma poi
STOP