badilate di cultura: MARIA ANTONIETTA

Maria Antonietta scrive dei testi così:

“io stasera non esco saldamelo tu il conto con il resto del mondo io resto a letto perché mi sento uno schifo e non è la prima volta non è neanche la seconda (…) e poi tu non sei migliore di me anzi com’è che siamo sempre i peggiori e io non mi sforzo neanche troppo è una specie di vocazione naturale l’aveva sempre detto mia madre (…) ti odio ma fingo bene sono molto intelligente quando mi conviene”.

Oppure così:

“volevo essere buona per dirti la verità ma la verità non ti tiene compagnia quando dormi da solo che poi chi l’ha detto che la verità rende liberi voglio restare prigioniera e avere bei vestiti dentro cui morire giovane in una vasca di motel”.

Oppure così:

“volevo sequestrarti al mondo intero e alla felicità agli amici ai diversivi ai dischi tristi e ai locali punk volevo sequestrarti anche a Dio perché  tu fossi solamente mio”.

Come si reagisce di fronte a storie così scritte così? Io sono sicuro che qualcuno ha letto queste sei frasi e ha detto Ehi, questa ragazza ha ragione, anch’io mi sento così sola, così stanca. Io sono sicuro che qualcun altro ha letto queste sei frasi e ha detto Su, su, stellina, è solo adolescenza, poi passa. Nel mezzo, tutti i modi diversi in cui si può rimanere indifferenti di fronte un dolore che non è nostro. Agli estremi, le frecciatine dei cinici distaccati – chissà che musica ascoltano, loro – o gli entusiasmi smodati delle ragazzine – deprimere le ragazzine è come pescare pesci rossi in un barile. Anche i cantautori sono musica da ragazzine: cercare la verità nei testi di Bob Dylan ti rende figo di fronte al tuo amico che non sa l’inglese, ma poi passa uno che ha letto sei volte le memorie dal sottosuolo di Dostoevskij e ti dice Cosa ne vuoi sapere tu dell’inquietudine? A fare del relativismo su tutto finisce che non si stringe niente e tutto passa, ma senza voler entrare nelle logiche del mercato musicale indipendente italiano, della nicchia e della domanda e dell’offerta, cosa vuoi che ne sappia io, io parlo proprio per noi che ascoltiamo la musica da soli o in due o in tre in casa o in macchina o in treno, noi che ascoltiamo musica quando dobbiamo decidere che disco ascoltare, o spesso riascoltare, perché abbiamo voglia di qualcosa che conosciamo già, così possiamo cantare, dobbiamo cantare cose in cui crediamo, musica che dica qualcosa della nostra vita, perché altrimenti tanto vale ammazzare il dj: le canzoni di Maria Antonietta ci dicono qualcosa della nostra vita? Perché va bene l’urgenza di comunicare, ma qualcosa la dovremo pur dire.

Quando eravamo ragazzi non c’erano i reality per lanciare le popstar. Al limite c’era il festival di Castrocaro, il raduno annuale di quelli che ce la volevano fare col Karaoke, qualcuno c’è pure riuscito, la pausini mi sa che sia venuta fuori da Castrocaro. Castrocaro, Sanremo Nuove Proposte, Sanremo Big, un pezzo un po’ dancey per il Festivalbar e poi potenzialmente puoi riregistrare il disco in spagnolo e nessuno se ne accorge, tanto quelli che avrebbero qualcosa da ridire sono impegnati a scoprire qualcosa che sia oscuro, tenero e spigoloso. La commistione tra i due generi è molto più recente di così, e non sappiamo davvero da cosa sia iniziato: la musica ha due livelli d’ingresso e dopo un po’ uno si rompe le scatole di militare ad ogni costo, preferisce ascoltare un buon disco ogni tanto senza chiedersi troppo da dove viene. Ci siamo sacrificati in nome del sacro vincolo artistico-sociale degli anni duemila (mangiar merda meno, mangiar merda tutti) e ci ritroviamo nel 2011 a soffrire sul fatto che X-Factor è su Sky mentre piazziamo Tiziano Ferro e Rihanna da qualche parte nelle classifiche di fine anno. I generi musicali non esistono più, chiunque ascolta qualunque cosa. L’appartenenza all’elite di chi ascolta la musica giusta funziona per autocertificazione e si manifesta in una serie di pratiche rituali ripetute a nastro da quasi tutti –foto ai concerti, un account su ogni network di massa, un blog, una collaborazione con non so manco io chi cazzo, eccetera. Il gruppo pop italiano del 2012 si chiama I Cani e affastella più o meno ad arte una serie di luoghi comuni. Maria Antonietta ci prova da una prospettiva più indie. I gruppi che ascolto, le persone che mi sono scopata, quanto mi ti vorrei scopare, quanto ti amo quelle cose lì; il disco intero non l’abbiamo sentito, ma il singolo è una cosetta quasi-beat-garage allegra con le tastierino anni sessanta. Maria Antonietta un anno fa si chiamava Marie Antoinette, aveva messo fuori un disco autoprodotto di gradevolissimo cantautorato lo-fi in inglese piuttosto passabile e ci era piaciuta. L’anno prima Maria Antonietta si chiamava Letizia qualcosa e cantava negli Young Wrists, un gruppetto di shoegaze depresso calligrafico ed artisticamente tristissimo che la critica ha adottato bene e spesso come un buon segnale dal futuro dell’indie rock italiano. Ora gli Young Wrists si sono sciolti, lei canta in italiano e tutto è finito a culi. Succede. Una volta mettevi un fuzz nel primo disco ed eri condannato a vita, ora puoi passare dai Joy Division ai Beach Boys nel giro di due anni e la prendono tutti come una cosa normale.

Io sono quasi sicuro che la prima frase della prima canzone del primo singolo dica “Quanto stavamo bene quando ascoltavamo Wilco in autostrada per casa mia”. Esatto: WILCO SENZA ARTICOLO. Quanto stavamo bene quando ascoltavamo Beatles. Quando ascoltavamo Nirvana. Quando ascoltavamo Cani. Io lì ci sento la crepa nel Matrix, perché per lo meno nella canzone dei Cani col bassista che cerca un gruppo post-punk, quando il tizio si presenta puntuale alla fermata della Metro A gli porta un disco DEI GoGoGo Airheart, preposizione articolata. E io non so nemmeno chi siano i GoGoGo Airheart, per dire, ma che sono un gruppo lo capisco, e che i gruppi sono plurali anche se il loro nome finisce con la O, insomma. Ma magari l’articolo davanti a Wilco Maria Antonietta glielo mette, sono io che non lo sento. Oppure si riferisce a Wilco inteso come il disco, quello col cammello in copertina. Chissà.

Maria Antonietta parla di sé per parlare di noi ragazze che stiamo male e non fa nemmeno lo sforzo di inventarsi dei personaggi in cui: un disco in prima persona, perennemente rivolto a un tu assente che non torni mai e anche se tornassi vaffanculo sono io che me ne vado. Funziona? Non lo so. Non sono una ragazza che sta male. Non me le fumo le paglie a colazione con gli occhiali scuri. Non mescolo farmaci e alcolici. Faccio peggio, probabilmente: lo stereotipo dell’artistoide fricchettone o del metallaro pancione è fastidioso come quello dell’hipster gagia col vestito da sposa, è una questione di quantità: quanta gente ti stima, a quanta stai sulle palle, quanta ti ascolta, quanta può fare a meno di te, quanta no?

Un mio amico scrittore affermato mi ha detto che le attenuanti tipo “È giovane, è il suo primo romanzo, si farà” non hanno senso: lui concepisce la letteratura TUTTA come un mondo UNICO: ci sei tu e c’è la pagina bianca e ci sono le tue cazzo di idee e i tuoi cazzo di sentimenti e se decidi di scrivere un libro ti devi rendere conto che giochi lo stesso gioco di Joyce, Nabokov, Carver, chi ti pare: “Perché dovrei leggere te, con tutti gli scrittori bravi che non ho ancora letto?”.

Questa cosa ti stimola a fare meglio e ti schiaccia. Esiste anche in musica?

Poi c’è la storia dei testi. Il concetto de “i testi in anteprima” era legato a quando la mia famiglia comprava TV sorrisi e canzoni e io avevo dieci anni e sapevo leggere e lo facevo appena potevo perché leggere era per leggere e sapere era per sapere, e insomma era una figata: la settimana prima di Sanremo uscivano i pezzi in anteprima, tu li leggevi ed era tutto un immaginare come poteva essere la canzone a partire dalle parole, che poi a quei tempi non me la immaginavo molto la musica quindi per me erano tutte più o meno la stessa cantilena non arrangiata e un po’ simile alla sigla di Holly e Benji. Mi ricordo anche –ma ero un po’ più grandicello, tipo dodici anni- quella volta che uscì Sorrisi e Canzoni con il testo di Vasco, la canzone di Jovanotti, dico, e nella prima riga c’era scritto FIGATA e io mi sentivo un po’ come se stessimo conquistando il mondo, cioè alla fine Jova era già un leader dell’Ulivo e questa è DAVVERO un’altra storia che non c’entra niente. Voglio dire solo che esiste un dato di fatto secondo cui succede che un artista di non-fama non-internazionale come Maria Antonietta, una il cui disco d’esordio è stato cagato dalla cerchia degli amici manco so io di chi, abbia un Vimeo pronto all’uso mentre su rockit escono in anteprima i testi del disco non ancora uscito e non ancora rinnegato dal disco successivo. Uno prova pure a chiedersi a che pro, ma poi fai la figura dell’hater, detto proprio così in inglese ma con l’acca molto incerta perché sei un eiter nostrano e non hai l’afflato epico né il resto. E insomma Marie Antoinette detta ora Maria Antonietta ha un elenco di testi generazionali, nel senso che sembrano un po’ generazionali e un po’ generati da un generatore di testi alla Maria Antonietta, in anteprima su Rockit. Probabilmente nelle canzoni suonano da dio, c’è questa teoria di Steve Albini sui testi composti in sala prove mentre gli altri accordano le chitarre e i bassi. Era una buona occasione per farsela scivolare via di dosso. Se pubblichi i tuoi testi in anteprima giochi lo stesso gioco di Emidio Clementi e di Vasco Brondi, il che tra l’altro non è ben chiaro se sia un complimento o un’offesa a chi dei tre.

(francesco farabegoli e simone rossi, più o meno a quattro mani)

18 pensieri su “badilate di cultura: MARIA ANTONIETTA

  1. Questa M.A. sembra un’ipotetica anti-Arisa proiettata, in confronto a quest’ultima, di un decennio in avanti in un ipotetico rimanifestarsi del passato italiano in cui il futuro è venuto prima, +100% nevrosi.

  2. vi voglio bene perché questo è un discorso universale e c’è parecchia della ragione in molte delle righe che avete badilato al di là del fatto che io di ‘sta qui voglio saperne il meno possibile.

  3. Il mio futuro tengo duro, fino alla morte
    Voglio lavorare per ricavar SOLDI
    Per stare solo nella mia vita
    Negativa del cazzo
    La mia vita l’ho passata nella merda
    Voglio vedere quegli infami degli insegnanti sepolti nelle terre
    Che mi hanno creato dei PROBLEMI.

    Questo è un testo, altroché.

  4. anche sta volta, dò ragione a quasi tutto, specialmente alla storia dei testi che è un idiozia TOTALE. Se non che lei sta provando a battere una sentiero che in teoria dovrebbe portarle più SOLDI più IN FRETTA di quanti non ne avrebbe fatti con altri gruppi. Potresti dirle che però così si sta sputtanando. E con l’aspetto che ha…forse avresti anche ragione…. ma sputtanando per chi? per l’elite. Non certo per il pubblico che spera di cogliere. Quindi alla fine….vedi un po tu…potremmo parlare allora molto più volentieri dei SETTLEFISH/A CLASSIC EDUCATION/HIS CLANCYNESS, ovvero come passare dai LIMP BIZKIT agli AT THE DRIVE IN agli ARCADE FIRE ai BEACH HOUSE .. rimanendo gli idoli di tutto il gotha dell’indie di bologna e d’italia. Quello si è uno schifo. Ma oggi si può. va tutto di moda. Tutti i generi. Ma vaffanculo cazzo…

    • sì vabbè sart però jonathan clancy è rimasto “gli idoli di tutto il gotha dell’indie di bologna e d’italia” perchè i dischi che sono usciti fuori sono belli e/o piacciono a quelli che si cagano quella roba. io per dire non sopporto a classic education ma non vedo come potrei, già detesto gli arcade fire. però i dischi dei settlefish su deep elm mi piacciono un casino. e poi erano un gruppo di cinque persone, a classic education un altro gruppo di altre cinque persone (più o meno, credo) e his clancyness un progetto solista. questo stando al generale; in particolare i settlefish non sono mai stati I LIMP BIZKIT (al limite il demo era una roba alla glassjaw o simili) e insomma, diciamo che dare della maria antonietta a jonathan clancy (o che so, a stefano pilia) sia una cosa che uno può fare per il LOL e poco altro.

  5. “Quanto eri bello” mi fa passar la voglia di affrontare l’album nella sua interezza. E’ un pezzo che fa venir rabbia. Il disco d’esordio, quello che voi definite “passabile” era secondo me un mezzo fulmine a ciel sereno. E’vero che lì non c’è nulla di nuovo, musicalmente parlando, ma le fonti erano opportunamente incrociate ed inquinate. Le canzoni erano personali. L’impressione è che Maria Antonietta sia finita ancor prima di iniziare a fare sul serio. Gli Young Wrists invece si sono sciolti subito, dopo un primo album anonimo (clap clap a voi per il discorso sul fuzz) e strombazzato come un mezzo miracolo. Si bruciano talenti e si pompano mezze calzette. “Che bel momento dei miei coglioni”. “C’hanno davvero preso tutto”.

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  7. d’accordo su ogni singola, lettera o Wirgola. sebbene sul fattore delle collaborazioni con chissacchì mi sia sentita un filo tirata in ballo, mi sono fatta una grossa risata. Bel post, d’ora in poi vi seguo.

    Ah, dimenticavo: ma l’avete mai sentita M.A. cantare dal vivo? Ho un vago ricordo di un locomotiv ammutolito nell’imbarazzo…

  8. Pingback: Maria Antonietta @ HanaBi, Marina di Ravenna, 19/06/2012 « -bastonate-

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