DISCONE: Robert Hood – Omega: Alive

 
e dopo quel colossale viaggio al termine della notte che era Omega ecco Omega: Alive, già di per sé un ossimoro, l’unica colonna sonora possibile per danzare sulle macerie di un mondo in rovina, il corrispettivo musicale degli scenari preconizzati in 1997 – Fuga da New York, Essi Vivono e naturalmente Occhi Bianchi sul Pianeta Terra, ora come allora sguardi disperatamente lucidi su un Mondo che inesorabilmente continua ad andare a puttane. Ed è di nuovo un disco nel segno di Robert Neville, il grido inascoltato dell’ultimo uomo rimasto sulla Terra, il suono che sale dal buio di quartieri deserti, che rimbalza contro le mura di grattacieli e palazzi disabitati e si sfalda in cieli grigi come il piombo spandendosi nell’atmosfera in cerca di orecchie che sappiano ascoltare, di occhi che sappiano vedere. È come un film di Frank Capra ma senza lieto fine, come riuscire a percepire e finalmente decodificare la vera essenza delle cose del mondo, sia pure per un lasso di tempo sempre troppo dolorosamente breve. Nessuno come Robert Hood riesce a evocare in musica il senso profondo di cosa significhi essere vivi.