Abbassare il livello: MANUEL AGNELLI E IL SUO NUOVO FESTIVALINO.

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La prima cosa che si nota è che nel servizio fotografico ultraeffettato del numero di XL uscito questi giorni in edicola, Manuel Agnelli somiglia clamorosamente a Noomi Rapace. La seconda cosa è che nell’editoriale del numero, il direttore Luca Valtorta fa riferimento a una copertina del 2009 che portava il titolo HAI PAURA DEL BUIO?, “come una delle più belle canzoni degli Afterhours“. Questa cosa (essendo la canzone Hai paura del buio? uno skit di trenta secondi di svisate sintetiche a cazzo messo all’inizio dell’omonimo disco) la dice lunga di quali e quante siano le relazioni pericolose tra la musica italiana, la mente dei direttori delle riviste generaliste di musica e la mente di persone come me (che tutto sommato sono d’accordo: quei trenta secondi sono molto meglio di quasi tutto quel che viene da lì in poi). La notizia del giorno, aspettando delucidazioni sull’ennesimo arresto di Varg Vikernes, è che tra settembre e ottobre inizierà un nuovo festival messo insieme da Manuel Agnelli. Si chiama HAI PAURA DEL BUIO?, come una delle più significative canzoni degli Afterhours, e schiera uno accanto all’altro musicisti, fumettisti, attori ed artisti di vario altro genere nella dichiarata speranza di svegliare l’Italia dal torpore culturale in cui è piombata da decenni. Non è quello che scrivono: quello che scrivono è peggio. Il sottotitolo del pezzo è

Non c’è gioia. Non c’è rabbia. Non c’è passione. Non c’è voglia di stare insieme nè di tentare strade diverse. Ecco perchè questi artisti hanno deciso di reagire. E XL con loro. Contro l’apatia e la rassegnazione.

L’articolo è molto peggio di così: una serie infinita di luoghi comuni sul fatto che la cultura viene osteggiata a spron battuto dalla politica. A dire il vero sembra più una fissa di Valtorta che di Agnelli: lui parla di altre cose, come se fosse il primo essere umano ad aver pensato di mettere musicisti e fumettisti dentro lo stesso festival. E risponde a domande un po’ tendenziose nella maniera odiosa e respingente che chiunque abbia mai letto un’intervista a Manuel Agnelli conosce abbastanza bene da non rimanere stupito, coprendo il tutto di quel manto di religiosità. Sul finale dell’intervista ad Agnelli c’è spazio perfino per una stoccata dell’uomo alla stampa musicale, la quale vive nel paradoso di essere tenuta ad informare e di scegliere di non farlo. Naturalmente ad Agnelli sfugge abbastanza in blocco il fatto che se la stampa si mettesse a fare un lavoro di informazione culturale certosino sbattendosene dei favori agli amici e del resto, probabilmente un gruppo come gli Afterhours sarebbe stato costretto a sciogliersi a calci prima che cominciasse il lato B di Non è per sempre. All’intervista segue una serie di dichiarazioni lasciate dagli artisti che aderiscono. La maggior parte sono beccamorti sul viale del tramonto, ma c’è anche spazio per qualcuno che rispettiamo: Fuzz Orchestra, Zerocalcare (che comunque dovrebbe SMETTERLA di usare la frase “vengo dai centri sociali” tutte le volte che gli chiedono di aprir bocca), volendo gli OvO. Dispiace, certo, che si siano messi al servizio dell’iniziativa.

La quale, in realtà, non è che sia chiarissima. Sarà un festival itinerante tipo Tora Tora ma non limitato alla musica, per ora ci sono tre date in posti giganteschi (Alcatraz, Auditorium Parco della Musica, il Traffic Festival a Torino), a cui parteciperanno tutti gli artisti che vorranno ma senza cachet. Le parole di Agnelli sono chiarissime:

“Non critichiamo chi non vuole esserci. Stiamo semplicemente offrendo un’occasione. Chi vorrà esserci avrà il suo spazio: non ci saranno guadagni per nessuno. Chi vorrà esserci verrà a rimborso spese: non ci interessa parlare di budget e cose simili, altrimenti diventi come tutti gli altri festival.”

Rimane da capire cosa significhi “non ci saranno guadagni per nessuno” in una situazione pubblica che potrebbe ospitare, boh, quattromila persone a data che poniamo non paghino un biglietto d’ingresso ma porca eva berranno birre, giusto? Non verranno servite birre? Verranno spinate birre al costo? Verranno spinate birre a cinque euro il bicchiere? A chi verranno devoluti i soldi che rimangono? Ai bambini poveri? Alla ricerca contro gli inestetismi della pelle? Ai gestori del locale? Difficile a dirsi. Naturalmente non attaccheremo nemmeno la pezza su quanto sia stupido lamentarsi del fatto che non ci siano “gioia/rabbia/passione” e “voglia di stare insieme” in piena stagione di festival e negli anni in cui (credo sia evidente a chiunque) è più facile uscire di casa e beccarsi una roba interessante senza manco prendere l’auto. Dispiace che Agnelli continui a volerci “mettere la faccia”, questo sì: basterebbe l’esperienza de Il paese è reale per mandarlo in pensione a calci. Ve lo ricordate Il paese è reale? Una compilation degli artisti indipendenti più interessanti d’Italia trainata dalla partecipazione degli Afterhours a Sanremo. Tutti i nomi realmente interessanti (Zu, Settlefish, Disco Drive) si sono sciolti, alcuni sono spariti dai radar (Benvegnù), altri hanno iniziato a fare schifo due minuti dopo l’uscita della compilation (TdO). Gli altri stanno più o meno prosperando nella loro inesistenza artistica.
Alla fine non mi disturba l’idea di mettere insieme l’ennesimo festival di roba triste e italiana come tanti ne succedono in giro per l’anno. Non mi disturba nemmeno l’idea che questi rottinculo dichiarino senza problemi che non ci siano coraggio e “voglia di stare insieme” buttando evidentemente nel cestino i NoFest, gli Handmade, gli Abbassa, i Soglianois, i Summer Days, gli AntiMTVday,  gli Indierocket e tutti i festival a cui questi qua non partecipano per motivi che vanno dal non essere invitati al cachet irragionevole. Non Non mi disturba neanche che i fan andranno in massa all’Hai Paura del Buio? Fest credendo di essere parte di qualcosa. Mi dà fastidio invece che esista una situazione culturale di stallo che riguarda quasi esclusivamente questi beccamorti e la loro cricca di amici, che qualcuno di quelli che ascolto abbia un qualsiasi desiderio di farne parte, che questa gente trovi ancora un appiglio qualsiasi nella stampa e nelle istituzioni e che tutto questo venga fatto lamentandosi di quanto la cultura in Italia sia retrograda, osteggiata dai potenti e bisognosa di atti politici. Sulle spalle di decine di migliaia di persone che tutti i giorni si svegliano e fanno qualcosa di buono (postare sul loro blog, disegnare un fumetto, mettere in fridaunlò il loro disco, organizzare un concerto dietro casa) senza sognarsi di chiedere un euro in cambio che sia uno e senza che nessuno si prenda il disturbo di parlare di loro. Volendo dirla in modo più chiaro, il manifesto pubblicato su XL è
manifesto

ma in qualche modo mi sembra più chiaro questo montaggio sulla copertina fatto da Ivan Caputo.
xl

streamo: BIOSPHERE – L’INCORONAZIONE DI POPPEA

NO ALL’ITALIA DEI BANCHIERI

Smaltite le acrobatiche texture dell’opus magnum biospheriano, L’INCORONAZIONE DI POPPEA sottopone al trattamento del fondamentale artista minimal norvegese la tradizione operistica mitteleuropea in un’orgia di field-recordings la cui devastante nudità esplode in tutto il suo spericolato intimismo. Decine e decine di telefonatedei nostri fans ogni giorno ci intasano la casella chiedendoci come mai Amy Winehouse è morta in così tenera età e soprattutto di spiegare la differenza tra un giornalista musicale e un blogger musicale. Su Amy Winehouse non ho una vera e propria opinione, per quanto riguarda la differenza tra giornalisti e blogger è che mentre i primi scrivono ogni pezzo pensando alla loro reputazione e ad un discorso generale, i secondi pensano più che altro alla figa e a fare quarantasei accessi singoli. Noi redattori di Bastonate invece cerchiamo di barcamenarci tra l’una e l’altra, lasciandosi spesso andare in arditi processi mentali i cui picchi ci portano persino ad approcciare le tizie nei posti generici dicendo cose tipo ciao, già ai tempi dell’uscita scrissi che Kid A era ideologicamente sospetto, scopiamo?, e su alcune delle cose che ho detto sopra non sto mentendo. Il tutto è una complicata premessa per dire che contrariamente ai giornalisti musicali, a uno come me l’uscita di un disco di Biosphere intitolato L’INCORONAZIONE DI POPPEA, ovviamente col caps lock., mi prende bene a prescindere da tutto e in un modo così innocente e fiero che non ho la minima intenzione di capire come cazzo gli sia venuto in mente di farlo. Comunque, in attesa che Ondarock o Sentire Ascoltare caghino fuori una parafrasi del primo capoverso, c’è un disco di Biosphere (artista che seguiamo appassionatamente e con continuità dai tempi del fondamentale Substrata, vale a dire che di alcuni suoi dischi ci siamo scaricati gli mp3 con Napster o Audiogalaxy e magari ne abbiamo comprato pure un paio quando Wide faceva gli sconti e probabilmente i redattori m.c. ed asharedapilekur li hanno pure passati un paio di volte sullo stereo) intitolato L’INCORONAZIONE DI POPPEA in streaming su Bandcamp ed acquistabile a sette euro sempre su Bandcamp (l’ho scoperto ieri sul forum del Mucchio e ringrazio l’amico Luca per la segnalazione). Per metà è un disco di ardite rivisitazioni di suoni tradizionali in salsa minimal-ambient-morte norvegese e per metà sembra fatto di romanze normalissime e pallosissime su cui un metallaro alza e abbassa il volume a intervalli irregolari per fare incazzare la morosa che lo sta ascoltando, e sì, ho qualche scheletro nell’armadio pure io. Possibile disco dell’anno e ideale coronamento di tutto il discorso maximal-casualissimo inaugurato e fortunatamente terminato con un orribile articolo di Simon Reynolds forse su Pitchfork, che ha hauntato tutto il 2012 e generato una nuova razza di indierockers sospesi tra Black Dice e cartoni animati giapponecri tipo Rainbow Island e simili. Massimo rispetto.