Pop Topoi

Explosion 1965-6 by Roy Lichtenstein 1923-1997

A un certo punto qualcuno mi ha chiesto se Pop Topoi fossi io. Pop Topoi è uno dei più bei blog musicali di sempre (parlo in generale, non solo in italiano o che) e io stavo iniziando a pubblicare insistentemente pezzi sulla musica pop –molto diversi dai miei, molto più consapevoli, con un piglio più diretto, meno influenzati dalla lettura di certi tomi stracarichi di fregnacce di sinistra che mi sciroppavo dall’ultimo anno di liceo in poi. Quindi intanto Pop Topoi non sono io, è un altro tizio che per quanto ne so si chiama Topoi di cognome e di cui non so nulla a parte l’indirizzo email e alcune sensazioni tipo è più giovane di me o vive all’estero o ha una vita sessuale più regolare della mia. Che basta, in ogni caso, a mettere insieme uno scambio decente di opinioni. 

Ho aperto il blog verso la fine del 2007, quando si diceva già che i blog erano morti. Il fatto che scelsi WordPress e non Splinder fa capire quanto fossi in ritardo. Era ed è sempre stato un passatempo. All’inizio era un posto per scrivere considerazioni sulle canzoni pop (raggruppate, appunto, per topos) e spedire il link a qualche amico. Non resta molto dei post di quei tempi perché non credo fossero scritti bene… Il blog ha iniziato a farsi notare più o meno tre anni dopo, grazie alle segnalazioni di altri blogger. Poi è arrivato Twitter e pian piano sono nate collaborazioni con diversi siti. È stata una cosa molto graduale, non ho mai avuto un post davvero virale né ho mai fatto grandi numeri: se tutti i giorni ho solo a che fare con persone cordiali e non ricevo mai insulti dai fan di nessun artista, vuol dire che mi leggono in pochi, è un fatto.

Beh, c’è anche la cosa che il tuo campo d’azione non è tradizionalissimo, la maggior parte dei fan che insultano chi stronca il loro gruppo preferito non hanno nemmeno un motivo di leggerti tanto per cominciare, diciamo. no? Voglio dire, alla maggior parte della gente che ascolta Madonna interessa Madonna, non come Madonna li porti ad interfacciarsi con un discorso culturale omnicomprensivo, o quel che è. Io di base pop topoi lo vedo come un buon modo di approcciarsi alla materia se si è di quell’altro gruppo, ancora abbastanza sparuto, di persone che pensano la musica pop come pensano la musica, in generale. ecco. 

Intendevo che gli insulti sono un’unità di misura per capire l’impatto di ciò che si scrive. E non c’entrano nemmeno le opinioni positive/negative sugli artisti: gli insulti semplicemente arrivano insieme alla visibilità. Non era altro che un modo per darmi dell’irrilevante da solo.

Comunque, se come dici tu il mio “campo d’azione non è tradizionalissimo”, credo ci sia una ragione molto semplice. La blogosfera musicale in origine si occupava di soddisfare nicchie ignorate dai canali tradizionali: se volevi scoprire un nuovo gruppo indie, i blog erano essenziali; il pop, invece, non si scopriva su internet, né tantomeno ti serviva un modem per approfondire. Trovo abbastanza naturale che generi musicali relativamente più oscuri abbiano prodotto siti migliori e che il pop sia finito in mano a orrendi nanopress perché non è una sottocultura, e la maggior parte delle persone si accontenta di un copia e incolla dal comunicato stampa e un embed da YouTube. Ma è anche vero, tornando al mio “campo d’azione”, che c’è una nicchia di ascoltatori o osservatori del pop che vuole sapere chi ha diretto il video/chi ha prodotto il singolo/chi ha firmato con quale casa discografica/chi ha disegnato la copertina e vuole riflettere su questi dettagli per farne un “discorso culturale onnicomprensivo” (va’ che bravo, cito tutti i punti della tua domanda).

In realtà sto facendo un ragionamento un po’ vecchio perché non esiste più una divisione così netta tra il pop e il resto. Quello che scrisse Carles di Hipster Runoff proclamando la morte dell’indie (e che a suo tempo commentai in un post) è innegabile: i siti musicali non sono più a senso unico, quindi forse quel gruppo di “persone che pensano la musica pop come pensano la musica” non è poi così sparuto.

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Senza raccogliere certe cose tipo “orrendi nanopress” questa cosa delle divisioni che scemano tra il pop e il resto è piuttosto vera. Un punto però è che la gente come te ha dato un contributo abbastanza definitivo. mica dico sia stato tu da solo, ci mancherebbe (in italia mi viene in mente almeno Zingales su Blow Up), ma di sicuro il tuo è diventato un parere da ascoltare. tra l’altro con questa dinamica dell’indie su internet che citi è una cosa curiosa, quantomeno dal punto di vista degli ascoltatori. abbiamo passato anni (ma tanti) a cercare un’espresione definitiva di musica indipendente, qualcosa che uscisse da un garage e ci inchiodasse tutti a un pavimento, e ci abbiamo perso tutto il tempo che avevamo a disposizione e poi ci siamo ritrovati, più o meno tutti, a fare live-twitting fittissimo per sanremo e x-factor. da un punto di vista critico questa cosa non ha alcun senso, perchè sanremo e x-factor (o quel che è insomma) producono musica che qualitativamente va dall’appena decoroso all’ignobile. miracolosamente, questa cosa non sembra essere un problema. secondo me una delle ragioni è che ancora adesso il discorso del pop, nonostante tutta la musica che ascoltiamo sia pop, è ancora prettamente un discorso ditrash. nel momento in cui ammetto che Rihanna è una delle mie artiste preferite, ammetto un guilty pleasure. in realtà non è così, ma devo dare comunque per scontato che qualcuno lo pensi e prenda quel che scrivo di lei con le pinze del post (e poi diventa tutto post, ascoltare Rihanna perchè la mia mente elastica, autoassolvermi perchè ho comunque i Marnero in heavy rotation). Anche questa è una cosa che genera sottoculture abbastanza paradossali: gente che ha passato gli anni duemila ad inseguire gruppi pompati da roba tipo NME (un altro stereotipo) poi ha mollato il canale e trovato roba tipo Grimes (quindi roba a caso) e ora si divide più o meno equamente tra Ke$ha e certo afrobeat di tendenza che qui genera party con dieci partecipanti, dj compreso. C’è una spaccatura evidente, è una spaccatura che dal punto di vista critico non ha senso. oppure si ascolta semplicemente roba di cui avrà senso poi parlare. a me sembra invece che tu ne parli in modo più asciutto, di tutte queste dinamiche. e che ti rifiuti di cadere nelle trappole del pezzo piacione o della rosicata. Mi sbaglio?  

Dunque: il guilty pleasure.

C’era una bella intervista di Madeddu (toh, uno a caso) ad Andrea Nardinocchi su Rolling Stone qualche mese fa. Era intitolata “Andrea amava le Spice”, sottotitolo: “Ma già alle scuole medie, il ragazzo aveva capito che era meglio non dirlo in giro”. Parla di come dovesse più o meno nascondere la sua passione per il pop perché non era percepita come musica “seria”. Ora, visto che siamo praticamente coetanei, lui è uno dei pochi in Italia che cerca di fare pop senza spacciarlo come qualcos’altro, e io cerco di scrivere di pop senza spacciarlo come un guilty pleasure.

Credo che la traiettoria descritta nella prima frase di questa recensione di Pitchfork sia abbastanza comune: nell’adolescenza si cerca di trovare un genere che ti piaccia e al contempo non ti renda uno sfigato e, quando sei abbastanza maturo da fregartene del giudizio altrui sulla tua pila di CD, puoi finalmente scegliere ciò che ti pare e difenderne i pregi, che sia Rihanna o i Marnero (dopo li googolo, promesso).

Se mi chiedevi cosa ascoltavo al liceo, rispondevo “rock alternativo” perché era una definizione “credibile” dentro la quale potevo infilare una buona fetta dei miei artisti preferiti. Ma restava limitante perché ascoltavo anche B-side di Bertallot, seguivo Sanremo come ho sempre fatto, mi appassionava la sottocultura (perché ai tempi era quello) del mashup e guardavo siaBrand:New che TRL – anche se nessuno ammetteva di farlo. Quelli che lanciarono roba addosso ai Blink-182 all’Independent, per dire, i Blink-182 li avevano scoperti grazie a TRL, mica leggendo fanzine a San Diego. Statisticamente, quelli che con orgoglio rifiutavano la musica commerciale hanno passato più tempo ipnotizzati davanti ai video in rotazione a TRL che a lanciare roba al grido di sellout.
Ti faccio un altro esempio. (Mi dilungo anch’io, tanto il fedele pubblico del pluripremiato Bastonate mi pare abituato alle lenzuolate.) Una volta vidi Aphex Twin dal vivo, che era uno dei pochi a godere dell’ambito rispetto trasversale. Verso la fine del set, mise su una specie di skit (non so chi l’avesse fatto né chi gliel’avesse passato) in cui si sentiva una voce femminile robotica che diceva qualcosa tipo: “In giro c’e’ tanta musica di merda [frammento di “Complicated” di Avril Lavigne], non solo all’estero [frammento di “Moi, Lolita” di Alizée], e anche noi non siamo messi troppo bene [frammento di “Xdono” di Tiziano Ferro], siete pronti per un po’ di sana cerebral destruction? [pezzo generico di Aphex Twin]”. (L’unica testimonianza online a provare non sia stata una mia allucinazione è in questa recensione.) Il pubblico andò in delirio perché si sentì certo di stare dalla parte giusta, di ascoltare la musica giusta, di trovarsi all’evento giusto. Fu una scena divertente, ma ripensandoci più tardi mi diede molto fastidio. Chi cazzo sei tu per dirmi che “Windowlicker” e “Sere nere” non possono stare sullo stesso piano e non possono convivere nel mio lettore CD, e chi cazzo siete voi che vi credete migliori quando, statisticamente, avete passato più tempo ipnotizzati davanti ai video di Avril Lavigne e Tiziano Ferro che a ballare al grido di cerebral destruction.

Non mi piace l’idea che un bel brano pop, per essere accettato, debba essere catalogato come guilty pleasure. Ti assicuro che ultimamente mi vergogno molto di più a difendere le sparate concettuali di Björk che i singoli di Miley Cyrus.

(Ecco, mentre ti spedisco questa risposta, Colasanti ha scritto esattamente la stessa cosa)

Al di là di te e me, comunque, credo che sia interessante proprio la dinamica, gli automatismi, secondo cui certa musica finisce sopra e altra musica finisce sotto. ieri pranzavo da mia madre e alla TV intervistavano Uto Ughi, il quale diceva che era uno scandalo il poco spazio dato alla musica classica nelle scuole. Ora, a me l’unica musica che hanno insegnato a scuola è stata la classica e non mi ha aiutato particolarmente a innamorarmene, così ho pensato “Uto Ughi è una merda”, così, un po’ ad boiam, e poi ho pensato al fatto che Jovanotti si fosse scandalizzato ai tempi perchè all’ora di musica a scuola non ti insegnano il ritmo. Per dire, non c’è una vera e propria letteratura, a livello accademico, sulla musica popolare. è un campo abbastanza vergine, ma ci sono comunque assunti di base. Tipo: Bjork è stata al Festivalbar ma è comunque considerata una Grande Artista. è per i dischi che fa? forse non solo. Retroterra? può anche darsi. Street cred? Magari. non so. M.I.A., stessa cosa: tre dischi lunghi, sostanzialmente uguali, piuttosto noiosi se vogliamo, e non contiamo cronache matrimoni sparate a cazzo in pubblico e tutta l’altra roba odiosa, ma è ancora intoccabile per la maggior parte della gente che ascolta musica (facciamo finta di sapere cosa intendiamo). Outkast, Timberlake, Roots, Kanye eccetera: cioè, io cerco davvero di capire le differenze tra loro e un Will.I.Am, ma non mi vengono in mente. Capisco certe differenze nei risultati, ma non perchè criticamente si debba partire dall’idea che i primi siano una cosa che definisce i nostri tempi e il secondo un imbucato che succhia il sangue a qualcuno. forse sono un po’ più rispettosi di un certo concetto di soul, non so, molto ingessato. A me pare che sia abbastanza frequente il fatto che venga assegnato, in aggregato, un punteggio ex-ante da cui un artista parte. I Roots sono a +7, Katy Perry a -3, Miley Cyrus a -8. Tu ti sei mai fatto una -ehm- tassonomia? 

Credo dipenda dalle aspettative. Negli ultimi album di Timberlake ci sono canzoni di oltre 7 minuti e nell’ultimo album di Kanye non ci sono canzoni, ma in entrambi i casi è la scelta più ovvia che potessero fare. Gli obiettivi che hanno sono gli stessi di Will.I.Am, ma devono far sembrare di averli conquistati nonostante certe scelte artistiche più o meno ardite. Alla fine potremo dire: “Accipicchia, arriva alla numero uno con canzoni oltre i 7 minuti” o “Wow, riempie le arene di gente che canta non-canzoni”. E francamente è una cosa che mi piace, che rende la materia più interessante.

Se senti “Roar”, dopo 30 secondi sai già che diventerà un successo mondiale, mentre nel caso di una “Bad Romance”, servirà una specie di sforzo collettivo per accettare quei suoni e quell’immaginario come mainstream. Ma alla fine il successo di “Bad Romance” sarà più soddisfacente di quello di “Roar”, e negli anni verrà percepito come un traguardo più importante nella musica pop. E Lady Gaga sarà considerata un’artista che, come dici tu, “definisce i nostri tempi”, mentre Katy Perry sarà una cantante famosa che “succhia il sangue a qualcuno”. Non è detto, però, che scrivere un pezzo di una precisione straordinaria come “Roar” richieda meno talento (anzi), e dal punto di vista critico, questo fattore spesso non viene considerato.

Comunque la tua idea della tassonomia andrebbe sfruttata con un sito-aggregatore: un mix di Rotten Tomatoes, Metacritic, Hype Machine e Hot or Not. Diventeremmo ricchissimi.

Boh sì ma in realtà è una tassonomia dinamica, nel senso, katy perry pre-teenage dream era molto più in basso della katy dopo teenage dream, per dire. Senti, tu ci credi alle cose che ogni tanto saltano fuori sull’indotto? tipo che, non so, che una cantante pop che fa una mossa sbagliata, tipo Miley Cyrus ai VMA di quest’anno o certi sbrocchi pubblici di MIA l’abbia copiata a man bassa, abbia poi comunque un guadagno a prescindere? Tra l’altro tu hai un premio che premia il testo più brutto dell’anno, ecco, non so, secondo te ha un senso che qualcuno faccia qualcosa di orrido per diventare un meme? La cosa di Miley mi ha sfondato la testa perchè alla fine è sintomatica di certe dinamiche della nostra epoca. che sono dinamiche di cancellamento, citando un testo dei sottopressione che spero tu non conosca, comunque voglio dire, con i VMA abbiamo ogni anno qualcuno che trionfa e in qualche modo definisce l’annata da lì in poi. se vedi Gaga che suona Paparazzi e tutta la roba che fa, ecco, sembra un anno in cui l’iconografia farà passi avanti. Se vedi Beyoncé che tira fuori il pancione è un anno di buoni sentimenti. Non so, è solo una sensazione, ma credo che qua ci toccherà leccar martelli per tutto l’anno. Da sotto si lavora come si può.

Ora che sono passate diverse settimane dall’esibizione di Miley Cyrus, rivedere quel video non fa nessun effetto, non stupisce più. Una cosa che in molti abbiamo trovato deplorevole, ora ai miei occhi ha un suo senso e perfino una sua dignità artistica. Idem per il martello. È la dimostrazione che se sei uno bravo a fare quel mestiere (o ti fai consigliare da gente brava), sei in grado di prevedere la curva “dramma –> sdrammatizzazione –> sdoganamento”, ovvero “editoriali incazzati –> meme spiritosi –> è una cosa che esiste”.

Ieri Miley ha commentato la faccenda usando la definizione strategic hot mess, e mi sembrano le tre parole in sequenza più lucide che potesse pronunciare. Lei che sta seduta lì a ridere mentre tutti gli opinionisti per professione o diletto s’interrogano sulle conseguenze di due minuti di twerking e linguacce. Finché non arriva qualcun altro ad alzare l’asticella.